Opa sulla scuola

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Opa sulla scuola

Messaggiodi edscuola » 11 maggio 2008, 11:08

da Aprileoneline

Opa sulla scuola
Alba Sasso

Questo centrodestra è tentato da ricette veloci e sbrigative di ambigua modernità: l'autonomia come burocrazia rafforzata, la valutazione usata come clava, la chiamata diretta degli insegnanti "su base fiduciaria". Sono proposte che stanno nella sua cultura, nel suo profilo politico. Orientamenti analoghi sono presenti anche nel Partito democratico. Il rischio è che attorno all'asse centrale delle proposte della Gelmini, una per tutte la chiamata diretta degli insegnanti, ci fossero ammiccamenti e intese da parte dell'opposizione parlamentare

Un'Opa sulla scuola o meglio sul ministero è sembrata essere la proposta di legge di Maria Stella Gelmini, oggi ministro dell'Istruzione, università e ricerca, presentata il 5 febbraio scorso. Che è la base del suo programma di governo.
Tornano puntuali le ricette basate sulla concorrenza, sull'efficienza. All'inseguimento di una mitica modernità, del "privato è bello", del merito agitato come una reliquia. Ma perché mai il merito sarebbe intercettato e premiato se il reclutamento degli insegnanti dovesse avvenire per chiamata diretta da parte della scuole invece che attraverso il reclutamento pubblico? E cosa significa concretamente la concorrenza tra le scuole? E se ci fossero delle scuole nettamente "migliori" delle altre - ma quali i parametri di questa misurazione? -, chi avrebbe la possibilità di frequentarle?

"Azioni di questo tipo" - ci dice un rapporto Ocse del 2003 - "si sono rilevate inefficaci". Né qualcuno è riuscito a dimostrare che la competizione tra scuole, anche in paesi di tradizione liberista, riesca a migliorare la qualità degli apprendimenti per tutti. Valga l'esempio del sistema statunitense, che ha prodotto e produce un alto grado di analfabetismo di ritorno o di illetteratismo. Oppure la scelta è quella del sistema britannico con una scuola di buon livello per il 12, 13% della popolazione e una scuola di bassissimo livello per tutti gli altri? Qui credo sia il nodo vero della discussione: e non solo in Italia. Se il sapere è bene comune da garantire a tutti, come diritto alla crescita culturale e civile dei singoli o è un bene di consumo, dove è la domanda del cliente a decidere e a definire appunto l'offerta. Nel progetto di legge Gelmini si torna appunto a parlare di vaucher formativi per le famiglie da spendere nelle scuole pubbliche o private, di "rafforzamento degli istituti idonei a determinare condizioni di gestione manageriale".
Negli ultimi decenni, di fronte alla difficoltà di governare e soprattutto di capire sistemi complessi come quelli dell'istruzione diventati di massa, spesso a scapito della qualità, ogni nuovo governo è stato tentato di volta in volta da un'ambizione: "arrivo io e la risolvo". Ma la scuola rischia di essere come la Russia per Napoleone. Arretra ma non si piega a riforme calate dall'alto, a soluzioni che non risolvono i problemi.

E ogni volta si sconta l'assenza di conoscenza di quel che si muove nel corpo profondo della scuola e anche un deficit di cultura istituzionale (è riducibile alla pubblica amministrazione la scuola?). Manca ogni idea insomma di "valutazione di impatto ambientale" di qualsiasi proposta, rispetto a un mondo di circa dieci milioni di persone. In Francia ci hanno almeno provato con la commissione Thelot a studiare il sistema, a raccogliere proposte della scuola e della società prima di avviare qualsiasi ipotesi di riforma. Oggi la scuola è cambiata, ne sono cambiati gli attori principali, gli studenti, gli insegnanti, le famiglie. E oggi ancora più che nel passato - e bisognerà riflettere sul perché - è assolutamente permeabile a quello che si muove nella società. E ne riflette valori e disvalori, civiltà o barbarie.
Questo centrodestra è tentato - anche la Moratti lo fu anche se con qualche ambizione in più - da ricette veloci e sbrigative di ambigua modernità: l'autonomia come burocrazia rafforzata, la valutazione usata come clava, la chiamata diretta degli insegnanti "su base fiduciaria". Sono proposte che stanno nella sua cultura, nel suo profilo politico. Ma sarebbe un errore inseguirle.

Sappiamo che analoghi orientamenti sono presenti anche nel Partito democratico. Li abbiamo visti crescere in questi anni. Non vorrei che attorno all'asse centrale delle proposte della Gelmini, una per tutte la chiamata diretta degli insegnanti, ci fossero ammiccamenti e intese da parte dell'opposizione parlamentare. E' un problema molto grande anche per la fisionomia che la rappresentanza si è data dopo il voto politico; e questo impone che sulle questioni della scuola ci sia da subito una forte iniziativa politica da parte da parte delle forze della sinistra.
Credo appunto che si apra per noi una prateria di lavoro. Di indagine, di analisi, di ricerca, di proposte e di iniziativa. A partire da alcuni nodi sensibili su cui occorre accumulare informazione e conoscenza. Senza timidezze. Dall'autonomia alla valutazione, alla professionalità docente. A partire dai nostri obiettivi. Che sono in primo luogo la scelta di costruire le condizioni per un miglioramento qualitativo dell'intero sistema, improntato a rigore e serietà. Per tornare a fare dell'istruzione strumento di mobilità sociale. Per riconoscere davvero il merito in qualsiasi famiglia, in qualsiasi territorio si nasca.

Il recente rapporto di Alma laurea - consorzio interuniversitario che fornisce la più ampia banca dati dei laureati in Italia - rileva la dimensione castale della società italiana. Tutto questo insistere su privatizzazioni, efficientismi, concorrenza, svalorizzazione della scuola pubblica rappresenta una resa; ed è destinata ad approfondire ancor più intollerabili gerarchie sociali e culturali. Si salva chi può. Come diceva Don Milani, si vorrebbe fare della scuola un ospedale che cura i sani e espelle i malati. E d'altra parte è questa l'immagine che ci restituiscono i recenti dati Istat sui bassi livelli di scolarità del Paese. Per fare un vero passo avanti, bisognerebbe lasciarsi alle spalle un chiacchiericcio, che punta a importare ricette che hanno avuto esiti fallimentari lì dove sono state sperimentate, e scegliere - innanzitutto - di prestare maggiore attenzione sociale alla scuola. Farne una questione centrale per la crescita del paese.
E modificare la sua collocazione nelle scelte di investimento del paese, destinando alla formazione e alla ricerca almeno le stesse risorse (in percentuale sul bilancio pubblico), che vengono impegnate mediamente in Europa. Infine, scegliere di espandere la scolarità, a partire dalla scuola dell'infanzia, consolidare l'obbligo d'istruzione a scuola e dotare il paese di un efficace e questo sì "moderno" sistema di educazione degli adulti. Solo se in modo visibile si rilancia la sua funzione strategica, sarà possibile infatti raccogliere le migliori energie culturali presenti nella scuola, ma non solo in essa, ed affrontare il nodo di una riforma del sistema, ineludibile, che sappia affrontare il problema irrisolto di una crescita qualitatitiva della "scuola di tutti".
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