da L'Espresso
Scuola, il concorso oceanico
Oltre 321 mila persone in corsa per una cattedra.
Dai giovani precari agli over 55.
Ma il ministero dell'Istruzione non sa dove fare il quiz
di Roberta Carlini
E adesso dove li mettiamo? Al ministero dell'Istruzione sale la febbre da concorso. Dopo che i conteggi hanno sbancato tutte le previsioni dei tecnici di viale Trastevere, e certificato 321.210 domande, il primo e più impellente problema è come e dove fare la prima selezione. Quella dei "quizzoni", annunciata come un test preselettivo on line, nel quale ogni candidato sarà piazzato davanti a un pc e riceverà 50 domande scelte casualmente dal sistema elettronico.
Pochi minuti dopo la chiusura delle iscrizioni, già alcuni direttori regionali si sono precipitati al ministero per capire come organizzare la kermesse elettronica. Urgono oltre trecentomila postazioni collegate, quando tutta la scuola italiana ha circa un milione di pc, ma sono sparsi in tutti i comuni e gli uffici. Tanto per dire: a Roma, dove ci sono oltre 30 mila candidati, le aule collegate non arrivano a 6 mila.
Con tutta probabilità per il primo screening di massa gli aspiranti prof dovranno fare i turni, come la generazione del baby boom alle elementari: si prevedono quattro turni in due giornate. Il tutto nella settimana di Natale. Poi, chi avrà superato i quiz on line potrà accedere, a febbraio, al concorso vero e proprio. Alla fine del quale solo uno su trenta riuscirà a entrare in classe.
Il fatto è che i numeri degli aspiranti prof gelano gli entusiasmi legati al gran ritorno del concorso nella scuola. Sono tanti, almeno il doppio di quel che al ministero si aspettavano. E non sono niente affatto giovani e freschi, almeno non quanti ci si potrebbe immaginare.
E' vero che l'età media nella scuola italiana è 49 anni, ma dei candidati al maxi-concorso, oltre 45 mila stanno tra i 46 e i 55, e c'è persino una pattuglia di ultracinquantacinquenni. Lato estremo di un esercito di candidati che ha un'età media di 38,4 anni. E solo un terzo di loro ha passato il tempo, finora, insegnando: sono infatti 106 mila le domande di docenti che sono già nelle graduatorie dei precari. Tutte le altre vengono da "fuori", ossia da persone abilitate a insegnare ma non iscritte in graduatoria.
Laureati prima del 2000-2001, quando ancora molte lauree davano diritto all'abilitazione: materie letterarie per i laureati in lettere, disegno tecnico agli architetti, diritto ai laureati in giurisprudenza, e così via. A guardarla bene, quella lunga lista di aspiranti al concorso rivela una verità assai cruda: in Italia, anno 2012, ci sono 214.453 persone mature, uscite dall'università dieci anni fa e oltre, che bramano un posto nella scuola. Persone che in questi anni non hanno insegnato nella scuola pubblica, o che hanno fatto un altro lavoro e l'hanno perso, perfino dipendenti pubblici che aspirano alla cattedra e tentano il quizzone del ministro Francesco Profumo.
Comprensibile, con i tempi che corrono, ma che poco ha a che vedere con la scuola del futuro. Non era questo, infatti, l'obiettivo per cui sono stati riaperti i concorsi? Benché fosse chiaro fin dall'inizio che le regole del bando escludevano proprio i più giovani neolaureati, in attesa di abilitazione. E che adesso cercano di rientrare per via giudiziaria: una sentenza del Tar del Lazio ha appena dato ragione a una ragazza laureata nel 2006, ammettendola al concorso anche se ancora non abilitata. Se anche i suoi tanti colleghi seguissero la via giudiziaria, le porte del maxi-concorso potrebbero aprirsi ancora di più, e la preselezione creare un ingorgo. On line, s'intende.