Caro prof, ecco come ti vorrei

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Caro prof, ecco come ti vorrei

Messaggiodi edscuola » 11 febbraio 2012, 9:25

da LASTAMPA.it

"Caro prof, ecco come ti vorrei"

Le confessioni raccolte in due anni e mezzo di incontri all'Asai
La "lettera agli insegnanti" degli studenti torinesi: in un libro i consigli per migliorare la scuola

MARIA TERESA MARTINENGO

torino
Per due anni e mezzo Sara, Darlan, Giulia, Arber, Ivan, Eros, Ionut, Bianca, Ramona, Alice, Massimo e Marta si sono incontrati ogni lunedì pomeriggio all’Asai per parlare di come si sta a scuola, di cosa rappresenta la scuola per un adolescente. Ragazzi del Giulio, dell’Alfieri e di altri istituti, oggi in gran parte maggiorenni. Ad ascoltarli, come raramente gli adulti fanno con gli adolescenti, un insegnante che è anche riferimento per la categoria, Domenico Chiesa del Cidi, Centro Iniziativa Democratica Insegnanti, e Riccardo D’Agostino, educatore dell’Asai. Da quel lungo ragionare e ascoltare è nato un piccolo libro che è come una mano tesa al mondo degli adulti, una proposta di amicizia basata sulla chiarezza all’intera categoria dei prof. Perché «Allora che ci faccio in mezzo al mare?», edito da Ananke, prefazioni di don Ciotti e Moni Ovadia, si presenta esplicitamente come «Lettera agli insegnanti», macinata a partire da «Lettera a una professoressa» di don Milani.

Al titolo, bisogna anteporre il resto della frase che Arber ha scritto per spiegare cos’è la cultura: «Io sono un piccolo pesce in mezzo al mare: se non so cosa sia un pesce e non so cosa sia il mare allora cosa faccio?». Arber dice che «serve la cultura per capire e vivere con se stessi, con gli altri, nel mondo». Dunque, «ci sono buoni motivi per andare a scuola ma a volte è difficile rimanervi. Quali sono i motivi per non lasciare la scuola? Perché molti ragazzi nel biennio abbandonano gli studi? Ponetevi anche voi insegnanti queste domande - invitano i ragazzi -, ma non fermatevi rispondendo che non tutti sono tagliati per andare a scuola. Nemmeno noi siamo così superficiali nel ragionare. Abbiamo 14 anni quando ci affacciamo alla scuola superiore, non cerchiamo privilegi; se imparate a conoscerci, scoprirete che in fondo vi chiediamo di aiutarci a crescere». Questo a volte accade e a volte no. «Ad una certa età, diciamo dopo i dieci anni - dicono i ragazzi - si forma una frattura tra il mondo degli insegnanti e il nostro».

Tutti d’accordo: «Un bravo insegnante non molla mai, soprattutto con chi parte in difficoltà» che è «il motivo per cui la scuola esiste e non un intoppo da isolare». Ancora: «Non abbiamo bisogno di nuovi amiconi; siete bravi quando state dalla parte del nostro apprendimento e lo perseguite con tenacia... Di voi ci piace la passione. Se un insegnante è senza passione, come può pretendere che gli studenti abbiano interesse per lo studio?». Un giorno Eros ha su Facebook una conversazione con un suo insegnante. Che gli dice: «Vero, noi seminiamo, ma l’unico frutto che intendo raccogliere è mio figlio... voi siete solo di passaggio e non credo che se uno di voi va male la colpa sia in parte nostra». L’ammissione, per il gruppo, del rifiuto di responsabilità. «Questo libro - dice Domenico Chiesa - vuole essere una sollecitazione pubblica per mettere in evidenza alcune deformazioni del lavoro dell’insegnante. I ragazzi riconoscono la severità, sanno che l’insegnante che non li fa lavorare non è un vero maestro». Il vero maestro - emerge in tutto i libro - usa l’ascolto, il rispetto, la fiducia. «Quello dell’insegnante, i ragazzi lo dicono in ogni pagina, è un mestiere. Che è anche relazione umana». Il libro sarà presentato mercoledì e giovedì nelle scuole Gabelli e Giulio, al Cidi, all’Asai e alla libreria Trebisonda. In tutte le occasioni sarà presente il maestro di strada Cesare Moreno (info in www.ciditorino.org)
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