La ‘liberalizzazione’ può riguardare la scuola?

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La ‘liberalizzazione’ può riguardare la scuola?

Messaggiodi edscuola » 10 gennaio 2012, 6:44

da tuttoscuola.com

La ‘liberalizzazione’ può riguardare la scuola?

Raffaello Vignali, parlamentare Pdl, già presidente della Compagnia delle Opere, tra gli organizzatori del Meeting di Rimini, vicepresidente della commissione Attività produttive alla Camera, personaggio di spicco del mondo di Comunione e Liberazione e della Fondazione per la sussidiarietà, interviene nel dibattito di questi giorni sulle liberalizzazioni per lanciare (o forse rilanciare) l’idea che anche il mondo della scuola potrebbe essere investito dalle operazioni annunciate in proposito dal governo Monti.

In un editoriale comparso lo scorso 6 gennaio sul quotidiano online ilsussidiario.net Vignali sostiene che “bisognerebbe intervenire prioritariamente su quei settori strategici nei quali il monopolio statale impedisce una concorrenza virtuosa necessaria allo sviluppo economico e sociale”, e in particolare sul “settore che ha il compito di formare la risorsa dell’economia della conoscenza: l’istruzione”.

In che modo? Vignali non lo dice, ma cita lungamente il modello inglese in versione Tony Blair (in realtà all’origine di quel modello stanno le riforme di Margaret Thatcher): “Tony Blair creò un sistema fondato sulla libertà di scelta della scuola da parte delle famiglie (finanziamento alla domanda, non all’offerta), sull’autonomia delle scuole (trasformate da enti del Ministero in fondazioni di territorio, con la possibilità di scegliere i docenti abilitati), su un sistema di regole di funzionamento di questo particolare mercato (‘Quasi Market’, come lo hanno definito gli economisti britannici) e su un sistema di valutazione effettivo per mettere i genitori in condizione di scegliere la scuola migliore per i loro figli”.

Secondo Vignali “sarebbe decisivo applicare questo stesso modello in Italia”, e la cosa a suo parere sarebbe legittima anche dal punto di vista costituzionale, perché “la Costituzione prevede che lo Stato garantisca il diritto all’istruzione, non la gestione delle scuole”. Si tratterebbe, prosegue il parlamentare, della applicazione del principio di sussidiarietà in un settore come quello dell’istruzione che non potrebbe che trarre beneficio da una concorrenza “regolata e virtuosa” tra le scuole a beneficio dei giovani.

Sempre citando Blair, Vignali conclude il suo ragionamento sostenendo che se “nell’economia del ventunesimo secolo la conoscenza, il capitale umano è il futuro, e giustizia vuole che esso sia aperto a tutti”, allora “la liberalizzazione della formazione del capitale umano è di gran lunga più decisiva di quella dei servizi pubblici locali e delle professioni”.

E’ difficile che questa proposta di Vignali possa essere accolta nell’immediato, ma i tempi per una riflessione post-ideologica sulle più efficaci ed eque forme di finanziamento del sistema di istruzione italiano sembrano maturi.
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