L’abbandono in cattedra

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L’abbandono in cattedra

Messaggiodi edscuola » 18 luglio 2011, 23:29

da Il Fatto Quotidiano

L’abbandono in cattedra

Premialità e merito, si sa, sono cavalli di battaglia di un governo meritevolissimo, che inneggia a principi che disattendono clamorosamente quanto esso stesso fa. Lasciamo da parte la loro surreale idea di merito, efficienza, valutazione (che è proprio “loro”, nel senso che sono loro a compilare personalissime liste di buoni e di cattivi). Diverrà esecutiva la riforma Brunetta, ispirata da quello cui Tremonti ha dato del cretino, ma cui sarà concesso di destinare il 25% di eventuali, improbabili, risparmi delle amministrazioni (invece che a reintegrare lo scarso salario del personale) per applicare gli equivoci principi di merito e differenziazione previsti, in assenza di altre risorse disponibili.

Sarà infatti il decreto Brunetta a definire l’elenco dei meritevoli e i protocolli di comportamento utile per accedere a premialità, mentre la manovra 2011 congela i salari dei docenti fino al 2014, un anno in più rispetto al blocco di Tremonti nel 2010. Questa una delle conseguenze più pesanti sulla scuola: Flc Cgil denuncia che, in termini di adeguamenti o di mancati aumenti contrattuali, gli Ata perderanno 6.295 euro, 7.930 i docenti, 15.988 i dirigenti. Fate i vostri conti.

Ma non solo. Se con la L. 133/08 il governo aveva iniziato la più grande operazione di disinvestimento su cultura e conoscenza della storia patria, ecco la zampata finale. L’art. 19 del d.l. 98/11 è dedicato alla scuola. Vengono in classe i comandati Invalsi, quelli delle tormentatissime prove: la vita è tutta un quiz! Soprattutto, dal 2012-13 le dotazioni di personale docente, educativo e Ata sono bloccate in entità pari a quelle del 2011-12: ovvero, classi sempre più affollate, con grave pregiudizio della qualità didattica. Si aggregano primarie e medie in istituti comprensivi, che saranno autonomi solo con almeno 1000 alunni (500 in zone disagiate). Il dimensionamento della rete scolastica non è competenza dello Stato, ma delle Regioni; il suo iter prevede articolati percorsi condivisi con gli altri enti locali: questo provvedimento innescherà perciò un contenzioso ulteriore, tra i molti che l’arrembante modo di legiferare del governo ha causato. Saranno eliminate 1130 scuole autonome, con conseguente taglio di posti di lavoro, in particolare per gli Ata.

Le scuole sotto i 500 alunni saranno affidate a reggenti: prive di dirigenza stabile, avranno conseguenti ricadute in campo organizzativo, didattico e gestionale, aggravate dalla riduzione di esoneri e semiesoneri per i collaboratori del dirigente nelle scuole complesse. I docenti inidonei per motivi di salute occuperanno i posti di 5000 assistenti amministrativi e tecnici precari, con incredibile disprezzo della professionalità degli uni e degli altri. Insomma, il “progetto pedagogico” di Gelmini continua la marcia trionfale verso l’obiettivo ostinatamente rincorso: smantellare la scuola della Costituzione.

Qualche giorno fa una notizia apparentemente clamorosa: 67 mila assunzioni in arrivo, 30.500 docenti e 36.700 Ata. Euforia iniziale, a seguire cautela: a differenza di come annunciato, i posti non saranno assegnati tutti quest’anno, ma si distribuiranno sul prossimo triennio. In termini concreti, nulla più di un travestimento dell’usuale miseria annuale: “Il piano di assunzione proposto, se spalmato in tre anni, prevede proprio questi numeri: circa 10.000 assunzioni per i docenti e altrettante per gli Ata. A fronte della reale esistenza, per il personale docente, di circa 20.000 posti vacanti e disponibili e di 27.000 pensionamenti per quest’anno”. Così il Coordinamento dei Precari Scuola Roma.

I posti ci sono, la propaganda lavora, il problema del precariato continua ad essere emergenza. Ma c’è di più: “L’adozione del piano di assunzioni [come si legge in una nota di Brunetta] è subordinata agli esiti di una specifica sessione negoziale su interventi contrattuali per garantire l’invarianza finanziaria”. In altre parole: li assumeranno, ma solo se senza oneri aggiuntivi. Per esempio, niente onerosa ricostruzione di carriera, trattandosi di precari da almeno 10 anni. Gli annunci trionfali non cancellano le violazioni del diritto e il vero progetto: a questo governo oggi interessa mantenere un buon numero di posti occupati da precari, riservandosi la possibilità di nominare in ruolo a costo zero. In vista un ulteriore taglio degli organici? Le elezioni non sono lontane e bisogna rifarsi il trucco. Che c’è e si vede.
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