da Corriere della Sera
Ma il problema è che l'iniziativa dovrà essere a costo zero
Alle elementari arriva la pratica musicale
Un decreto del ministro dell'Istruzione prevede per la prima volta la sperimentazione della musica
ROMA — Terza elementare, ore 11, lezione di violino. In altri Paesi europei è da tempo una realtà, noi siamo ancora ai primi passi. Ma qualcosa si muove per introdurre a scuola lo studio di uno strumento musicale, con regolare voto a fine anno. Un decreto firmato pochi giorni fa dal ministro dell’Istruzione Mariastella Gelmini prevede, dal prossimo anno, la sperimentazione della «pratica musicale» nelle elementari dove al momento la musica semplicemente non esiste.
I NUOVI CORSI - Alcune scuole offrono corsi di vario tipo ma sono volontari, fuori dall’orario normale e senza un voto che fa media. Lo studio del pianoforte, della chitarra — ma anche dello strumento più antico, la voce — diventerebbe invece una materia come tutte le altre a partire dalla terza elementare. Possibile in un’epoca di tagli agli organici? Proprio visto il momento, la sperimentazione dovrebbe essere a costo zero. «Le istituzioni scolastiche — si legge nel decreto — affidano l’insegnamento curricolare di pratica musicale nella scuola primaria a docenti compresi nell’organico». Nessun maestro in più, e non è certo una sorpresa. Gli insegnanti di musica saranno cercati tra i maestri oggi di ruolo alle elementari, scegliendo quelli che hanno un diploma di conservatorio o almeno un titolo di studio musicale. Non sono tantissimi ma ci sono e per la sperimentazione l’obiettivo è trovarne mille. Il decreto è il risultato del lungo lavoro fatto dal comitato per l’apprendimento pratico della musica, guidato da Luigi Berlinguer. L’ex ministro, scelto da Fioroni e confermato dalla Gelmini, ha sempre insistito su questo punto. Ed è proprio leggendo i documenti del comitato che si capisce quali sono le ragioni profonde della scelta. L’obiettivo non è creare un esercito di concertisti, persone che un domani si guadagneranno da vivere con la musica. L’idea è che suonare uno strumento favorisca l’apprendimento di tutte le discipline, perché attiva le diverse aree del cervello, non solo quella razionale ma anche quelle dell’emozione e della creatività. Far di canto aiuta a far di conto, come si dice. Non solo. È vero che suonare uno strumento è più difficile che disegnare o scrivere un poesia, ma perché la musica dovrebbe essere l’unica arte a restare fuori dalle nostre classi? Senza contare che suonare con gli altri è un ottimo esercizio per lavorare con gli altri, come e meglio di uno sport di squadra. E per fare musica d’insieme non serve un’orchestra ma basta un semplice coro di classe.
SISTEMA ABREU - Un sogno, visto che oggi le scuole faticano a star dietro a ben altri problemi? Forse, ma altri Paesi ce l’hanno fatta. Senza arrivare al clamoroso successo del sistema Abreu, che in Venezuela coinvolge 350 mila bambini, in molti scuole lo studio di uno strumento a scuola è una realtà da anni. È così in Germania, in Francia, in Spagna, per non parlare delle scuole di Corea e Singapore che (forse non a caso) sono sempre ai primi posti nella classifiche internazionali sul rendimento degli studenti. Tranne che nel nuovo liceo coreutico, oggi nella scuola italiana la musica esiste solo alla medie. Ma qui, salvo eroici casi isolati, spesso tutto si riduce a sapere dove è nato Mozart, quante sinfonie ha scritto Beethoven, aggiungendo qualche disco da ascoltare e qualche canzoncina con il flauto per far commuovere mamma e papà il giorno di Natale. Il decreto dice che anche alle medie le due ore di educazione musicale dovrebbero passare dalla teorica alla pratica, con l’insegnamento di uno strumento. Qui le cose dovrebbero essere più semplici. Alle medie tutti i professori di musica uno strumento lo sanno suonare e infatti il decreto parla solo di «attività di formazione per gli attuali docenti». Resta da capire come saranno coperti i costi di questi corsi di aggiornamento. Un libro dei sogni? Forse, ma vale la pena di rifletterci.
Lorenzo Salvia