da Corriere
Dai professori dilettanti alla speranza delle Sis
GIORGIO DE RIENZO
ROMA — Agli ultimi posti in matematica, scienze e in capacità di comprensione di un testo scritto. È una nuova e più severa stroncatura quella che il rapporto Ocse-Pisa 2006 ha riservato ai quindicenni italiani. E, nonostante pareri discordi, nell'insuccesso non può non essere associata anche la nostra scuola superiore.
Il rapporto Ocse-Pisa esamina le prestazioni dei quindicenni dei 30 Paesi dell'Ocse e di altri Paesi sviluppati. L'Italia ha partecipato con 21.773 ragazzi e 803 scuole tra medie inferiori, superiori e centri di formazione professionale.
Se la scuola è in cattivo stato ciò accade perché ha alle spalle un'Università che dagli anni Settanta non è stata capace di preparare i professori e nulla ha fatto per invertire rotta. Anzi, per proteggersi ha creato disastri maggiori. L'accesso libero ai corsi ha costretto le facoltà ad arruolare docenti precari che sono riusciti a costituire una compagnia stabile di dilettanti allo sbaraglio. Da qui è partito il primo anello di una catena che ci ha trascinati nel degrado d'oggi. Per la scuola di domani, nell'immediato il ministro cercherà di tamponare, ma è doveroso che lavori sul medio e lungo periodo. Sarà bene che pretenda subito rigore nel selezionare gli allievi delle SIS: le scuole post-universitarie istituite da pochi anni per formare insegnanti. È l'unica speranza seria per l'avvenire. Se in questi corsi per futuri professori entreranno docenti motivati (e preparati), con il tempo l'intero sistema educativo potrà tornare tra i migliori del mondo, come nel passato. Se invece le SIS resteranno un'appendice fastidiosa delle facoltà, la nostra scuola (e non solo quella media) sprofonderà sempre di più.