da ItaliaOggi
I prof migliori dove servono
I docenti più bravi dirottati nelle scuole peggiori
La scuola non ha bisogno di più soldi ma degli insegnanti migliori nelle scuole peggiori. Le risorse se ci sono vanno meglio amministrate e per calcolare benefici e costi delle politiche educative serve insistere con la valutazione internazionale delle competenze degli studenti nelle aree più strategiche del curricolo, lingua e matematica in testa. È così che va in Inghilterra dove la parola d'ordine è puntare alla formazione del capitale umano ma senza aumenti di costo per la scuola. È quanto rileva uno studio dell'Ocse che fa il punto sull'economia inglese dal titolo Economic survey of the United Kingdom. Lo studio apre un dibattito sull'efficacia della scuola in un paese che oggi occupa il terzo posto nella classifica dei paesi Ocse in fatto di prodotto interno lordo, quando solo dieci anni fa era all'ultimo posto. Ma non si tratta di benefici indotti dal maggiore investimento in istruzione, quanto piuttosto dalle politiche fiscali e monetarie. Il rischio è proprio quello che in futuro non si riescano ad intercettare le opportunità offerte dalla globalizzazione che invece presuppone l'esistenza di un mercato del lavoro centrato tutto sulla conoscenza.
Gestione insufficiente
Ma qualcosa non ha funzionato. È bene ricordare che in Inghilterra vige un sistema privatistico di gestione della scuola esercitato dai manager e soprattutto dagli organismi di gestione come governing body e local authority. Un'impostazione che evidentemente non sembra essere riuscita a produrre l'attesa efficacia di gestione delle risorse. Tutto questo mentre aumentano gli investimenti e la priorità torna ad essere quella di un'alfabetizzazione robusta nel campo della lingua e della matematica (literacy e numeracy). Scuola ricca ma no global, così le retribuzioni scendono. Se da una parte il governo investe di più nei settori strategici della formazione, quello pre-primario e post secondario, e se il numero dei diplomati va gradualmente crescendo, le retribuzioni dei lavoratori della conoscenza, impegnati soprattutto nel settore Innovation communication technology, aumentano sì ma non come ci si sarebbe aspettato. La redistribuzione della ricchezza prodotta, d'altra parte, taglia sempre più fuori i lavoratori meno istruiti e deprime complessivamente le prospettive di crescita dell'economia.
Insistere con Pisa
Serve insistere sulla valutazione internazionale, come accade con i programmi Ocse per la valutazione delle competenze in lettura, scienze e matematica degli studenti di 15 anni d'età (Pisa) o con il programma internazionale di valutazione delle competenze degli adulti (Piaac). Solo così, sostengono i ricercatori dell'Ocse, se è vero che la globalizzazione richiede sviluppo educativo, potremo disporre di indicatori chiari dell'incidenza delle politiche educative sull'economia. Attualmente infatti non esistono certezze empiriche sulla supposta relazione diretta fra aumento degli investimenti in istruzione e miglioramento dei risultati di apprendimento. Come evidenziato da education at a glance 2007, la relazione fra l'aumento di spesa per studente e i risultati di apprendimento dei quindicenni, come misurati dal Pisa, al massimo è «debole» e gli investimenti in denaro spiegano solo il 15% della varianza nella performance degli studenti ai test fra i diversi paesi.
Se l'obbligo aumenta
Il governo inglese sta studiando la possibilità di aumentare gli anni di obbligo scolastico. Ma se questo avverrà a discapito della qualità non ne beneficeranno né l'economia né il mercato del lavoro della conoscenza, che sottende a sua volta all'aumento di domanda di mobilità professionale e di equità educativa.
Scarsa mobilità
In Inghilterra il livello di mobilità professionale è fra i più bassi d'Europa (così anche in Italia), ciò a causa della staticità del sistema dei titoli e delle qualifiche professionali. Ma le criticità riguardano anche i livelli di equità formativa con conseguente dissesto economico per l'abbassamento generalizzato delle retribuzioni. D'altra parte, spiegano gli studiosi, in Inghilterra i contributi sussidiari in istruzione per le famiglie più povere sono già molto alti. Ma i soldi in più dovrebbero servire soprattutto a dirottare gli insegnanti migliori verso le scuole che se la passano peggio, che operano nei territori più svantaggiati e deprivati. È da lì che si costruisce l'economia della conoscenza.