Questi robot senza emozioni non saranno mai sè stessi

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Questi robot senza emozioni non saranno mai sè stessi

Messaggiodi edscuola » 4 novembre 2007, 9:39

da Repubblica

Allontanando il sintomo del disagio si inaridisce la vita interiore

Questi robot senza emozioni non saranno mai sè stessi
Umberto Galimberti

Prima i corsi sulla ricerca della felicità, oggi, nelle università americane, vanno diffondendosi i corsi anti-stress, per venire incontro agli studenti che più non ce la fanno a stare al passo dell´ipercompetizione che caratterizza lo studio, il rendimento, il successo, l´auotoaffermazione, che sono i valori che la cultura americana da sempre, ma oggi più che mai, va diffondendo.

Tutto bene? Assolutamente no. Perché lo stress non è una malattia, ma il "sintomo" di una malattia, tipica di quelle società caratterizzate dall´iperefficienza e dalla performance spinta, dove il conflitto nevrotico non è, come nelle "società della disciplina", tra il permesso e il proibito, ma tra il possibile e l´impossibile, dove la domanda incalzante non è più: "Ho il diritto di compiere quest´azione?", ma "Sono in grado di compiere quest´azione?".
Di qui lo stress caratterizzato da ansia parossistica, perdita più o meno estesa di iniziativa, inibizione all´azione, senso di fallimento e di scacco, fattori questi che entrano in implacabile collisione con i paradigmi di competizione e di successo che la "società dell´efficienza" considera essenziali per riconoscere dignità e significanza esistenziale a ciascuno individuo.
Quel che è saltato, e non solo nella società americana, è il concetto di "limite" (la vera malattia), di cui lo stress è solo il sintomo che si manifesta nella sensazione dell´individuo che non si sente mai sufficientemente se stesso, mai sufficientemente colmo di identità, mai sufficientemente attivo, perché troppo indeciso, troppo titubante, troppo ansioso rispetto agli standard di efficienza richiesti.
Mettendo a tacere il sintomo con i corsi anti-stress, vietando che lo si ascolti, si induce l´individuo a superare se stesso, senza essere mai se stesso, ma solo una risposta alle esigenze efficientistiche e afinalistiche della società, con conseguente inaridimento della vita interiore, desertificazione della vita emozionale, omogeneizzazione agli standard di eccellenza richiesti dalla società dell´efficienza, a cui fanno più comodo robot automatizzati e automi impersonali, che soggetti capaci di essere se stessi e di riflettere sulle contraddizioni, sulle ferite della vita, e sulla fatica di vivere.
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