Il problema del sostegno ai diversamente abili

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Il problema del sostegno ai diversamente abili

Messaggiodi edscuola » 2 novembre 2007, 9:30

da ScuolaOggi

Il problema del sostegno ai diversamente abili

Ad ogni inizio d’anno scolastico si segnalano, da parte delle scuole, difficoltà sempre maggiori nell’integrazione degli alunni disabili. Occorre pertanto fare qualche considerazione a proposito, proprio partendo da quella figura docente – l’insegnante di sostegno - che dovrebbe costituire un supporto indispensabile per l’inserimento degli alunni con handicap all’interno del gruppo classe.

La Legge 5 febbraio 1992, n. 104 ("Legge-quadro per l'assistenza, l'integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate") all’art.13, comma 3, dice testualmente che “Nelle scuole di ogni ordine e grado, fermo restando, ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica 24 luglio 1977, n. 616, e successive modificazioni, l'obbligo per gli enti locali di fornire l'assistenza per l'autonomia e la comunicazione personale degli alunni con handicap fisici o sensoriali, sono garantite attività di sostegno mediante l'assegnazione di docenti specializzati.”
E al comma 6 dispone chiaramente che: "Gli insegnanti di sostegno assumono la contitolarità delle sezioni e delle classi in cui operano, partecipando alla programmazione educativa e didattica e alla elaborazione e verifica delle attività di competenza dei consigli di interclasse. dei consigli di classe e dei collegi dei docenti”.
Nessun dubbio quindi sull’importanza di questa figura, assolutamente necessaria e fondamentale, per favorire, insieme e a fianco degli insegnanti di classe, l’inserimento degli alunni in situazione di handicap o, come di dice oggi, “diversamente abili”.

Premesso questo, occorre rilevare innanzi tutto che c’è indubbiamente un problema di risorse: gli insegnanti di sostegno in generale sono insufficienti rispetto ai bisogni delle scuole. Questo è un dato abbastanza generalizzato, una lamentela diffusa e un grido di allarme che proviene dalle scuole milanesi come di tante altre province e regioni.
Ma come vengono assegnati i docenti specializzati agli alunni con handicap? Nel corso degli anni sono cambiate le modalità di definizione degli organici. Vogliamo ricordare che, più o meno trent’anni fa, ai tempi del ministro Falcucci (alla Commissione Falcucci si deve il fondamentale Documento del 1975 che costituì la magna charta dell’integrazione degli alunni con handicap e aprì la strada a tutta la successiva legislazione scolastica) in organico di diritto veniva assegnato alle scuole un insegnante di sostegno ogni quattro alunni con handicap segnalati. Poi subentravano le cosiddette “deroghe”, al momento della definizione dell’organico di fatto: ai casi più gravi veniva assegnato un docente in rapporto 1:1 o 1 ogni due alunni. Giova anche ricordare che, nella scuola elementare, l’orario scolastico era di 24 ore settimanali (il “tempo normale” di allora), pari all’orario di servizio del personale docente. Gli alunni con handicap grave avevano perciò garantita una copertura oraria per tutto il tempo di permanenza a scuola. Per la scuola a tempo pieno, a 40 ore, alcuni provveditorati (es. Milano) per far fronte all’orario più lungo, prevedevano un ulteriore “rinforzo", nell'attribuzione dei docenti di sostegno alla scuola.

Questi parametri rimasero in vigore parecchi anni, fino a quando (v. art.40 delle legge n.449/1997) si stabilì una diversa modalità che teneva conto del numero complessivo degli alunni iscritti (un insegnante di sostegno ogni 138 alunni). Per poi passare, in una successiva legge finanziaria (2002), ad una formulazione diversa secondo la quale i dirigenti scolastici regionali avrebbero dovuto assicurare “una distribuzione degli insegnanti di sostegno all'handicap correlata all'effettiva presenza di alunni iscritti portatori di handicap nelle singole istituzioni scolastiche. “
Di fatto attualmente sono i gruppi di lavoro sull’handicap istituiti presso gli uffici scolastici provinciali a determinare il numero di insegnanti di sostegno da assegnare alle singole scuole, sulla base delle risorse attribuite dalla direzione scolastica regionale per la provincia (il tutto nell’ambito della dotazione di posti autorizzata dal ministero per le varie regioni nell’anno scolastico).

Ora si verifica che tra la richiesta di posti in organico avanzata dai dirigenti scolastici, effettuata sulla base delle diagnosi funzionali degli alunni segnalati e di una valutazione della loro gravità, e il numero dei docenti specializzati assegnati alle scuole dagli USP si registra un notevole scarto: quasi sempre il loro numero risulta inferiore rispetto ai bisogni dichiarati (e certificati) e alle ore di sostegno ritenute necessarie.
Le nuove e più complesse modalità di certificazione dell’handicap (oltre alla diagnosi delle unità neuropsichiatriche infantili anche la visita collegiale presso le ASL) hanno inoltre ulteriormente complicato le cose.
E’ evidente che questo comporta notevoli difficoltà nell’inserimento di molti alunni disabili che finiscono per avere un numero di ore di sostegno decisamente ridotto rispetto la loro frequenza scolastica. Non sono infrequenti casi, tanto per dare qualche elemento, ove il numero di docenti assegnati in via definitiva è ridotto di un terzo rispetto a quelli richiesti (ad es. su 16-17 posti richiesti ne vengono autorizzati dall’USP 10-11 al massimo, anche in presenza di handicap gravi).

Il secondo problema riguarda il divario esistente tra organico di diritto e organico di fatto di sostegno. I docenti di sostegno attribuiti in organico di diritto sono un numero abbastanza limitato (questi posti sono ricoperti da insegnanti di ruolo, titolari). L’organico di fatto viene assegnato in una seconda fase, dopo la valutazione dei cosiddetti “rapporti in deroga” vale a dire delle situazioni di maggior gravità, e su questi posti, che generalmente sono la maggioranza, finiscono inevitabilmente per essere nominati insegnanti supplenti a tempo determinato che - in quanto tali - sono destinati a cambiare di anno in anno. Questo rende impossibile qualsiasi forma di continuità didattica proprio sugli alunni che ne avrebbero più bisogno, per le condizioni di maggior debolezza e difficoltà. Per fare un esempio: nella scuola XY di Milano, cinque insegnanti di sostegno sono titolari di ruolo in organico di diritto, sei sono supplenti annuali, posti assegnati in organico di fatto. Non c’è quindi stabilità del gruppo di sostegno nel corso del tempo ma un parziale e continuo turn over.

Il terzo problema, diretta conseguenza del secondo, è il fatto che in genere i supplenti annuali nominati sul sostegno non hanno alcun titolo di specializzazione. Quindi ad alunni con handicap e patologie fisiche e/o psichiche anche gravi finiscono spesso per essere assegnati insegnanti senza competenze né preparazione specifica ma normali supplenti in graduatoria per posti comuni. Può sembrare paradossale ma è così.

Insomma il panorama del “sostegno” nella scuola pubblica italiana è ben lungi dall’offrire quelle condizioni – in termini di risorse, continuità didattica, competenze specifiche – in grado di garantire un proficuo inserimento degli alunni disabili. Ancora una volta a reggere il peso di questa difficile situazione è l’impegno e la professionalità di molti docenti, di classe e di sostegno, comunque insufficienti e non sufficientemente supportati. E ancora una volta dobbiamo registrare uno scarto incredibile tra una legislazione sicuramente avanzata e la realtà quotidiana delle nostre scuole.

Gianni Gandola
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