da Repubblica
Nel liceo occupato con mio figlio
DUNQUE. L´altra mattina ho deciso di andare a dare un´occhiata al liceo dove si è appena iscritto uno dei miei figli, lo Scientifico Niccolò Copernico di Prato, che è occupato da lunedì scorso
Mica per nulla: ha più di millequattrocento studenti, e sentire mio figlio quattordicenne dire «occupiamo» o «facciamo autogestione» mi ha un po´ stranito - così sono andato a vedere cosa stavano combinando. Tra l´altro, è lo stesso liceo che ho fatto io, e questo un po´ mi emozionava, ma è pur vero che la sede è cambiata, perciò non correvo il rischio proustiano di sprofondare nella memoria involontaria.
Fin dall´ingresso ho cominciato a constatare qualcosa di sorprendente, di cui vorrei dar conto: si tratta davvero di un´occupazione-modello. Tanto per cominciare, il servizio d´ordine c´è e funziona. Non è nulla di intimidatorio, ma si capisce che gli studenti hanno ben chiaro il pericolo di infiltrazioni che minaccia ogni occupazione, e stanno parecchio attenti. Gliel´ho chiesto: «Chi ve l´ha insegnato a fare un servizio d´ordine come questo?». E la risposta è stata: «L´esperienza». Già, perché i più grandi tre anni fa hanno partecipato a un´altra occupazione e qualcosa l´hanno imparata lì, ma soprattutto ogni anno in questa scuola viene attuato un progetto che si chiama «Agorà», d´accordo con preside e professori, che prevede tre giorni di autogestione totale, per far funzionare il quale gli studenti hanno imparato le tecniche per difendersi dal virus del disordine. D´altra parte, l´occupazione di questo liceo ha luogo anche grazie alla responsabilità che si sono presi preside e docenti, non è conflittuale, ed è basata su un patto di fiducia reciproca: per esempio, le lezioni sono comunque garantite, per tutti quelli che vogliono farle.
Sono sceso nell´aula magna, dov´era in corso un forum alla presenza di centinaia di ragazzi, e mi sono messo ad ascoltare. Stava parlando un esponente locale di Forza Italia, che difendeva i decreti 133 e 137 con gli stessi bizzarri argomenti con cui li difende Berlusconi - negando, cioè, che genereranno i gli effetti per i quali sono stati concepiti. Be´, con mia sorpresa non veniva subissato di fischi - anzi, c´era anche un manipolo di studenti che lo applaudiva. Poi però i ragazzi hanno cominciato a fargli le domande, e nel farle hanno mostrato una competenza sull´argomento dinanzi alla quale la sua retorica semplificatrice è parsa abbastanza miserella. Ero ammirato: quel forum era migliore di ogni talk show che si vede in Tv, ma di gran lunga. Purtroppo però avevo un impegno e sono dovuto andar via, e così sono tornato l´indomani, con tutta la mattina a disposizione per partecipare al forum - anzi, arrivato lì ho scoperto che il forum ero io. Mi hanno dato un microfono e mi hanno fatto parlare, e io mi sono detto attenzione a quello che dici, Sandro: questi ti ascoltano davvero. Perciò ho parlato secondo coscienza, evitando furore, demagogia e linguaggio scurrile. Li ho rincuorati riguardo al timore di un´irruzione della polizia perché, a quanto pare, il ministro dell´Interno su questa faccenda la pensa in maniera un po´ più sfumata del presidente del Consiglio. Li ho incoraggiati ad abbracciare una volta per tutte l´idea di complessità contenuta in tutto quello che studiano, per contrastare la pochezza che ispira questa sventurata stagione civile; gli ho detto che dopotutto la scuola è fatta da esseri umani, e nessuna legge, per quanto sbagliata o dannosa, può impedire agli esseri umani di agire con intelligenza; gli ho detto che il vero problema è la fine del nostro modello socio-economico, che si trova a vivere gli spasmi terminali di un´agonia madornale e gli ho spiegato perché l´Islanda, fino a ieri il paese più ricco d´Europa, è fallita e come sistema-paese non esiste più. Ma soprattutto li ho scongiurati di fermarsi in tempo dinanzi a qualsiasi tentazione di abbassarsi un passamontagna sulla faccia, perché nella rabbia il valore della loro esperienza si disperderebbe completamente, e il bel gesto d´immaginazione che stanno facendo adesso finirebbe giù per il cesso. Insomma mi sono impegnato al massimo, e mentre ero lì che mi impegnavo al massimo pensavo che impegnarsi al massimo è il minimo che si possa fare, in questo momento, dinanzi a quest´esempio di cosa difficile fatta così bene. Alla fine, però, ho avuto l´impressione di avere sbrodolato cose che la maggior parte dei ragazzi sapeva già - anche perché nell´aula c´erano molti professori, e di molte cose devono averne già parlato con loro. Anche la raccomandazione da buon padre di famiglia, di cominciare a pensare a come e quando interrompere l´occupazione, riprendere lo studio e trasferire la protesta in altre iniziative permanenti fuori dall´orario scolastico, potevo risparmiarmela: i ragazzi ci hanno già pensato, contano solo di arrivare alla fine della settimana.
Nella calca, uno di loro mi ha avvicinato e mi ha chiesto se avrei letto una cosa; gli ho detto di sì, lui mi ha allungato un foglio ma quando ha visto che mi apprestavo a leggerlo lì mi ha suggerito di farlo a casa, con calma, perché era un po´ lungo. Stava per cominciare un altro forum, del resto, sulla legalità, tenuto da un avvocato, e bisognava lasciare l´aula magna.
Me ne sono andato con uno strano orgoglio retroattivo: l´orgoglio di esser stato anch´io uno di loro - di aver fatto il liceo in un istituto che trent´anni dopo si sarebbe distinto come esempio nazionale in una situazione confusa, complessa e tecnicamente illegale come un´occupazione. Quando c´ero non l´avrei detto, ecco. Poi, camminando verso casa, ho letto il foglio che mi aveva dato il ragazzo: vista la ritrosia con cui mi aveva pregato di non leggerlo lì pensavo fosse un racconto, o una poesia. Invece era la trascrizione, scaricata da Internet, di un brano del discorso che Piero Calamandrei pronunciò al III Congresso dell´Associazione a Difesa della Scuola Nazionale, a Roma, l´11 febbraio 1950. Un brano illuminante, nella sua attualità. Tornato a casa, sono andato a cercarmelo e l´ho letto per intero - cosa che consiglio a tutti di fare. Poi ho acceso la TV e, a proposito del vero problema, ho saputo che nel frattempo era fallita anche l´Ungheria.