da Unità
Stretti tra il bullismo e i genitori senza bussola
Luigi Cancrini
Rinvii a settembre e bocciature per la condotta, esami di maturità più difficili e richiami continui alla verifica. Ha imboccato la strada del ritorno al passato la scuola del Ministro Fioroni?
I ritorni al passato del ministro Fioroni sono il risultato, a mio avviso, di una valutazione ponderata del problema costituito, in questi anni, da un aumento progressivo della maleducazione di troppi giovanissimi e della tolleranza manifestata, nei loro confronti, da troppi genitori. Ci sono ragioni complesse, ovviamente, per un fenomeno che è salito alla ribalta della cronaca nell’ultimo anno con tutta una serie di episodi di bullismo e di violenza messi in opera da minorenni. Molto al di là dei tentativi di capire, tuttavia, c’era e c’è la necessità di porre un argine a questo tipo di comportamenti di cui va detto subito con chiarezza che sono nocivi per chi li mette in opera oltre che per chi li subisce. Espressioni dirette di un’aggressività non direzionata e fuori controllo, essi hanno l’effetto, infatti, (a) di intaccare profondamente l’autostima del soggetto che si ritrova, senza averlo previsto, di fronte alle conseguenze di ciò che ha fatto ovvero (b) di aumentarla acriticamente, nei casi più gravi: favorendo la costruzione di un falso Sé che sarà la base spesso, successivamente, dello sviluppo di un disturbo di personalità. Osservati da questo punto di vista, i limiti proposti alle intemperanze dei ragazzi da una attitudine più ferma della scuola sono e debbono essere considerati «terapeutici» nella misura in cui li costringono a tornare in contatto con la realtà: all’insieme complesso delle regole, cioè, in cui solo c’è garanzia di rispetto delle aspettative e dei diritti che sono i loro ma che sono anche quelli degli altri. Combattendo nei fatti lo sviluppo di una tendenza adolescenziale, alimentata in corto circuito da tante famiglie, a sentirsi insieme al centro del mondo (in quanto circondato da adulti attenti solo, o comunque troppo, alle loro richieste e alle loro esigenze, reali o immaginarie) e terribilmente soli (nel momento in cui la vita li confronta con situazioni in cui al centro del pensiero degli altri loro non possono comunque essere).
Vale la pena di riflettere molto seriamente sul modo in cui l’insieme dei problemi psicopatologici segnalati dagli episodi di bullismo e di intolleranza di cui tanto si è discusso nel corso degli ultimi anni apre uno spaccato estremamente interessante sui problemi di una intera generazione e sul modo in cui le novità introdotte dai mutamenti sociali e di costume intervenuti negli ultimi 50 anni sul tema in particolare dell’educazione e della nascita dei figli hanno determinato effetti a volte terribilmente distruttivi (e terribilmente sottovalutati) sui modi della loro crescita e sulla stabilità del loro equilibrio emotivo. Il fatto che i figli siano pochi e quasi sempre cresciuti comunque come dei figli «unici», il fatto che il mondo della famiglia e il mondo esterno tendono ad organizzarsi sempre più spesso intorno a loro e alle loro esigenze (il bambino che non gioca più nel cortile di casa e che deve essere accompagnato dappertutto a fare sport; il bambino sottoposto ad una pressione fortissima da parte di una pubblicità specificatamente rivolta a lui e ad una serie continua di operazioni di marketing condizionano pesantemente i suoi gusti e le sue scelte) ha enormemente aumentato la possibilità di chiedere e di avere del bambino. Pesantemente caricandolo però, al tempo stesso, di vincoli nuovi legati alle aspettative crescenti di chi di lui si occupa con tanta fatica. Rendendolo arbitro spesso, con i suoi successi e con i suoi insuccessi, della felicità o della infelicità di un intero gruppo di adulti. Con sbocchi naturali che sono, per i più dotati e per i più protetti, le manifestazioni diverse e più o meno «normali» di un perfezionismo sempre più competitivo ma, per i meno dotati e per i meno protetti, le manifestazioni diverse, e spesso francamente patologiche, di una rabbia auto ed etero distruttiva. Quello che diventa sempre più difficile, in queste condizioni, è il ruolo dei genitori: dipendenti, ogni giorno di più, dallo stato d’animo attuale prima che dai bisogni reali dei figli e disorientati, ogni giorno di più, dalle difficoltà di trovare, nel mondo che li circonda, indicazioni chiare e condivise sulla correttezza o sulla pericolosità di un certo comportamento educativo. Indicazioni che non possono più essere tratte dalla tradizione o dalle abitudini della famiglia allargata.
Lavoro da tanti anni ormai con le famiglie in difficoltà. Traggo da questo lavoro, con grande regolarità, l’idea per cui quello di cui c’è soprattutto bisogno, in queste situazioni, è la capacità di ritrovare una fermezza delle posizioni educative che troppi adulti oggi sembrano aver perso. Una fermezza che può e deve essere affettuosa e dialettica, evidentemente, non distaccata ed oppressiva. Una fermezza di cui il bambino prima e il ragazzo poi hanno bisogno, tuttavia, per crescere: così come per crescere ha bisogno di un sostegno rigido, a volte, la pianta di cui si vuole che cresca bene.
Ridare rilievo agli esami di maturità, tornare all’idea della bocciatura parziale con rinvio a settembre dell’allievo che non ha studiato abbastanza e che deve recuperare i suoi crediti prima di tornare a scuola e a quella, da tempo abbandonata, della possibilità di far perdere un anno a chi ripetutamente si comporta in modo inaccettabile significa, a mio avviso, andare proprio in questa direzione. Facendo appello al senso di responsabilità dei ragazzi di cui si vuole che crescano. Avendo bene in mente, tuttavia, che queste regole hanno senso e producono effetti positivi solo se chi chiama al loro rispetto si comporta in modo coerente con le posizioni autorevoli che assume. Se quello che accade invece, come mi segnala un altro lettore, Andrea Ghirardi, è che vi siano classi prive di insegnanti «ancora a metà del primo trimestre» con i bambini che «vengono sparpagliati nelle altre classi» in attesa che arrivino i supplenti che arriveranno quando saranno predisposte le «nuove graduatorie, la cui redazione resta ancora un mistero», quella che verrà meno, purtroppo, sarà la credibilità dell’istituzione scolastica considerata nel suo complesso. Facendo apparire sciocche, fatue e sostanzialmente inutili norme che potrebbero avere un loro valore solo se verranno sostenute da una istituzione che questa autorevolezza riuscirà a mantenere.
I ragazzi (figli o allievi che siano) si educano con l’esempio prima che con le parole e con i provvedimenti disciplinari. Ricordarlo è importante anche per un Ministro che sta dimostrando il coraggio della impopolarità. Chiedendo a lui e ai docenti la coerenza e la linearità che vengono da loro richieste ai ragazzi e alle loro famiglie.