Anticipazioni ministeriali sui nuovi bienni equivalenti

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Anticipazioni ministeriali sui nuovi bienni equivalenti

Messaggiodi edscuola » 28 ottobre 2007, 8:36

da ScuolaOggi

Anticipazioni ministeriali sui nuovi bienni equivalenti.
di Antonio Valentino

Riparliamo dei Bienni Equivalenti legati all’innalzamento dell’obbligo di istruzione.

A partire, questa volta, dall’”Appunto” sulle linee guida, per il corrente anno scolastico, che l'Amministrazione ha presentato alle organizzazioni professionali e sindacali alcuni giorni fa.

L’Appunto, con riferimento alle Indicazioni Nazionali sugli Assi culturali e le Competenze chiave di cittadinanza comuni ai vari bienni, individua quattro obiettivi:
• lettura ragionata e condivisa delle stesse (Documento Tecnico), secondo la griglia nazionale allegata;
• definizione dei modelli organizzativi (dipartimenti, commissioni……) più idonei;
• individuazione di referenti per dare gambe all'operazione;
• predisposizione di progetti e percorsi di collaborazione con le famiglie.

Esso prevede anche la seguente proposta organizzativa interna:

un nucleo operativo, a sostegno della collegialità, costituto
• da quattro referenti per scuola, uno per ciascun asse culturale più
• un delegato del Dirigente Scolastico e
• un docente responsabile dell’area dell’orientamento e dei servizi per lo studente. ogni scuola individua
• un referente che possa interagire sistematicamente con l’Agenzia Nazionale per lo sviluppo dell’autonomia scolastica e, anche, per raccogliere e diffondere le “buone pratiche”.

Cinque considerazioni più una preliminare

Rispetto a tali obiettivi, sono possibili considerazioni di vario tipo.

La prima considerazione è un interrogativo che esprime incredulità: il nuovo obbligo parte con un Regolamento che viene pubblicato in G.U. il giorno prima dell’inizio del nuovo anno scolastico, a partire da quale dovrebbe trovare applicazione.

E’ normale tutto questo? Ci sono buone giustificazioni e motivazioni? Forse sì, però cominciamo col dirci che tutto questo non è normale. Per stabilire un precedente.

E chiederci: Perché il Ministro, che sa di chiedere alle scuole un impegno straordinario e di richiederlo fuori tempo massimo e, a tutt'oggi, senza precise indicazioni di risorse, supporti, linee guida, non sente il bisogno di parlar chiaro alle scuole, di spiegare, di motivare i ritardi, rassicurare circa il suo personale impegno, dire i perché di una operazione che non è di solo innalzamento dell'obbligo scolastico, ma qualcosa di più (o molto di più, a giudicare dal documento sugli assi culturali e sulle competenze chiave di cittadinanza per tutti i bienni)? In un paese normale, fondato sulla civiltà dei rapporti tra governanti e governati, non sarebbero, queste, forme di rispetto dovute? O queste "disattenzioni" significano altro?

E’ vero che potreste obiettare: - Ma vedi che le scuole, quelle che ne sono informate, non muoiono certo dal desiderio di impegnarsi su questo fronte -. Verissimo. Ma non è forse questo il problema?

La seconda considerazione è comunque di apprezzamento; si pensava che sui nuovi bienni fosse calato un silenzio, diciamo così, rassicurante per tanti. E invece qualcosa si muove, come dimostra l'"Appunto" di cui ci stiamo occupando.

La terza è che qualcosa si muove nel senso giusto.

Le quattro linee di lavoro sembrano (quasi) tutte ben individuate e traducono efficacemente un orientamento giusto: chiamare le scuole ad appropriarsi dei contenuti innovativi riguardanti gli assi culturali e le competenze di cittadinanza; ma anche a verificare fondatezza e criticità per successive previste operazioni di aggiustamento e miglioramento. E a fare tutto questo attraverso modelli organizzativi (dipartimenti, commissioni…….) “più idonei a sostenere l’attuazione dell’obbligo di istruzione”. La proposta del nucleo operativo interno è indicazione di buon senso, anche se, penso, non dovrebbe essere tassativa rispetto all’articolazione interna (il numero di referenti e la loro “qualifica”). Così come risulta apprezzabile il piano di interventi che l’Agenzia Nazionale per lo sviluppo dell’autonomia dovrà predisporre e rendere operativo per sostenere l’impegno delle scuole. Piano che prevede:
• l’erogazione di un servizio di consulenza on line;

• l’istituzione di un’area di “dialogo con la scuola” in rapporto alle tematiche del Documento tecnico (assi culturali, competenze chiave ecc), ai modelli organizzativi adottati e ai percorsi formativi coerenti con le Indicazioni, anche al fine di raccoglierne indicazioni e proposte;

• la creazione di una biblioteca on line di materiali, esperienze, modelli italiani ed europei, nei quali comprendere anche i learning object già prodotti dall’Agenzia.

La quarta considerazione riguarda la necessità che alle scuole arrivino in tempi rapidissimi le linee guida nella versione compiuta e definitiva e, con esse, le risorse.

Quinta considerazione: lasciamo perdere la griglia di lettura allegata all’”Appunto”. Che si precisino gli obiettivi, si assicurino risorse, si indichino strumenti, materiali e canali a sostegno. E che le scuole facciano la loro parte in autonomia per lavorare agli obiettivi fissati.

Capisco la necessità di raccogliere le proposte migliorative delle scuole sulla base di uno standard credibile. Ma, a leggere nota del Ministero, l’impressione che si ha - e che va scongiurata - è comunque di una sorta di imbrigliamento procedurale che non aiuta. Ma forse mi sbaglio.

Sesta considerazione: riguarda un’”assenza”, un vuoto che andrebbe riempito. Riguarda il senso di tutta l’operazione. E cioè i “perché” finali, senza dei quali non si crea mobilitazione e motivazione tra docenti e dirigenti. Partire dai “perché” e dalle ragioni delle scelte fatte (l’equivalenza formativa, la centralità delle competenze, la laborialità diffusa, l’approccio unitario delle materie affini concorrenti allo sviluppo delle competenze culturali degli “assi” proposti….) è condizione preliminare.


Il vuoto da riempire

A quest'ultimo proposito, vorrei esprimere qualche considerazioni aggiuntiva in cinque punti.

Il primo e più importante: riguarda l’equivalenza formativa., che va ben spiegata nel suo significato e nella sua valenza. Perché sono possibili letture che, lungi dal motivare, potrebbero risultare catastrofiche.

Bisogna chiarire che non è una “furbata”, una trovata ideologica, uno specchio per le allodole, ma che è una sfida sul piano culturale e sociale che richiede consapevolezza e condivisione.

Occorre forse precisare in primo luogo che non si tratta di Biennio unitario (caratterizzato cioè da un'area, più o meno consistente, comune a tutti i bienni). Lo stesso Tiriticco utilizza questa denominazione a mio avviso impropria.

E definire che a renderla possibile, la sfida intendo, è un approccio alle discipline dei vari bienni (chiamate a dialogare tra loro) che si caratterizzi per i seguenti tre criteri:

a) che risulti non parcellizzato (nel senso che deve tendere a superare le separatezze, oggi imperanti, a partire dalle discipline di uno stesso asse culturale);

b) che sia volto a sviluppare comuni “life skills” (le competenze di cittadinanza) che devono poter permeare i vari apprendimenti; competenze che non si configurano solo come abilità trasversali ai quattro assi culturali, ma anche come traguardi formativi del Biennio (e, presumibilmente, del Triennio,. Ovvio che i livelli di padronanza dovranno essere diversi).

E che

c) i livelli delle competenze culturali, a partire da una base uguale per tutti, possono essere diversi a seconda del tipo di istituto. Nel senso che, ad esempio, le competenze matematiche potranno attestarsi ad un livello più elevato in un liceo scientifico rispetto ad un liceo classico e che le competenze tecnologiche di un istituto professionale possano collocarsi su un livello più elevato di quello richiesto per un liceo.

Il secondo punto: andrebbe altresì sottolineato che i diversi bienni non perderanno le loro connotazioni (liceali, artistiche, tecniche e professionali) e conserveranno pertanto gli specifici profili in uscita, attraverso le discipline previste dai differenti piani studio e un approccio agli stessi coerente coi profili di indirizzo. Questo, che i fautori del Biennio unico (ce ne sono ancora) e anche quelli del Biennio unitario considerano un dato negativo, costituisce invece la sua forza. In quanto la diversificazione di percorsi equivalenti rende possibili, dopo la terza media, scelte diverse più in linea con interessi e attitudini di ciascuno. Ovviamente a condizione che funzioni l'orientamento nelle scuole medie e che l'iscrizione a un indirizzo di Istruzione professionale non rappresenti, come è ancora adesso, lo sbocco "naturale" degli insufficienti e di quelli "che è meglio perderli", a prescindere dalle specificità attitudinali e dal tipo di intelligenza.

Il terzo: le competenze culturali. Rispetto alle quali vanno evidenziate le loro caratteristiche, per evitare appiattimenti e dare prime non definitive risposte ad attitudini, vocazioni e interessi. E per favorire competenze

- coerenti col profilo in uscita dei vari tipi di scuola

- espresse in livelli (di base, arricchita / integrata) in ragione del monte ore delle materie dell'asse considerato nei diversi bienni

- espressioni (risultato) del concorso di tutte le discipline comprese in un asse (o in più assi culturali)

- sviluppate prioritariamente in coerenza con l'obiettivo della promozione delle competenze chiave.

Il quarto, e forse il più importante, è la necessaria/strutturale natura orientativa e propedeutica del Biennio, scarsamente considerata dentro i testi normativi.

La propedeuticità va affermata, soprattutto negli indirizzi tecnici e professionali, non solo per il suo carattere orientativo, ma anche perché connota il Biennio come segmento che certamente si iscrive nel percorso decennale dell'obbligo di iscrizione, ma che non va considerato alla stregua di una quarta e quinta media. Va richiamata e sostenuta la sua collocazione nella Secondaria di secondo grado, anche a significare una discontinuità che deve tendere a rafforzare l'identità dello studente in uscita dalle Medie e a responsabilizzarlo rispetto ai percorsi successivi di studio e di vita.

La carenza di una efficace cultura orientativa efficace è ben evidente nel decreto sul recupero dei debiti e sul rinvio del giudizio di promozione nel caso di insufficienze. Le scelte ministeriali, se possono essere in qualche misura giustificate per il Triennio, appaiono improprie e molto discutibili per il Biennio. Dove il problema della difficoltà di apprendimento e delle insufficienze andrebbe preliminarmente affrontato non solo o non tanto in termini di debiti e del loro recupero, quanto piuttosto in termini di riorientamento, con elementi di propedeuticità a possibili percorsi successivi, e quindi di “passerelle”, cioè di passaggi da un ordine di scuola ad un altro, in base ad una più chiara conoscenza di sé, dei propri interessi, vocazioni, attitudini.

Qualcuno obietterà: ma le passerelle non sono mai decollate! Va ricordato in proposito che la cultura orientativa della nostra scuola è stata sempre piuttosto modesta, e che si è fatto poco, soprattutto durante il ministero della Moratti, per incrementarla. Come poco si è fatto per formare professionalità esperte che la favorissero con competenza e credibilità.

Una ultima annotazione fondamentale (almeno per chi scrive): guardo con una qualche preoccupazione ad una lettura per quanto critica del Documento Tecnico che si protragga per l’intero anno scolastico, senza alcuna ricaduta specifica sul piano didattico.

Vedrei meglio un intreccio di segmenti progettuali e sperimentazione, come risultato di una lettura critica, approfondita e impegnativa in termini di ricerca.
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