Il Nord paga i tagli della Gelmini

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Il Nord paga i tagli della Gelmini

Messaggiodi edscuola » 12 agosto 2008, 9:05

da ItaliaOggi

Il Nord paga i tagli della Gelmini
Alessandra Ricciardi

Per risparmiare, dal 2009 a rischio 1600 scuole tra quelle sottodimensionate e dei mini paesi

Nel mirino ci sono comuni più piccoli tanto cari al Senatur

Un nuovo fronte di tensione si apre per la Gelmini. Oltre a quello con il collega dell'Economia, Giulio Tremonti, che le ha imposto tagli draconiani, oltre a quello con i sindacati, che sono pronti alla mobilitazione, ora ci si mette pure il Senatur a rendere ardua la missione del ministro dell'istruzione, Maria Stella Gelmini. Già, perché per realizzare i risparmi di spesa imposti dalla manovra estiva, il ministro dovrà chiudere molte scuole anche del Nord. Ecco i fatti. Nel giro di un mese, la Gelmini dovrà presentare al governo un piano di «razionalizzazione della rete scolastica». Ovvero di riduzione del numero delle sedi, tali da centrare in misura consistente i tagli imposti da Tremonti: 3,2 miliardi entro il 2011, a cui si aggiungono i residui 1,4 miliardi previsti dalla Finanziaria 2007 di Tommaso Padoa-Schioppa. Secondo quanto risulta a ItaliaOggi, i tecnici della Gelmini hanno messo a punto (si vedano le anticipazioni di giovedì scorso) un piano di tagli abbastanza variegato e che offre al ministro alcune variabili da giocarsi al tavolo delle trattative con i sindacati. Al primo punto, la riduzione degli istituti sottodimensionati: circa 1600 su 10.600 dovrebbero sparire. L'operazione passa attraverso la fusione delle scuole costituite in questi anni in deroga ai limiti minimi. Limiti che, tra l'altro, dovrebbero essere innalzati da 500 a 600 alunni. Con l'accorpamento si risparmierebbe sulle spese per dirigenti e direttori amministratrivi: in media, 250 mila euro l'anno per ogni scuola accorpata, è stato stimato. Le mini scuole sono molto presenti nei piccoli comuni, realtà molto diffusa in Italia: è sotto 5 mila abitanti il 71% dei comuni, e il 20% è tra i mille e i duemila abitanti. E le regioni con il maggior numero di piccoli comuni sono la Lombardia, il Piemonte e il Veneto: le terre tanto care al leader della Lega, Umberto Bossi, insomma, sulla carta hanno maggiori chance di essere colpite dal tagliascuole. E il Senatur non è tipo da accettare un'operazione del genere senza battere ciglio. Nella sola regione lombarda, per esempio, il 75% dei comuni ha meno di 5 mila abitanti. Ma nel dossier delle disfunzioni della rete scolastica, ci sono anche casi inesplicabili in regioni del Sud, come quello di Cosenza. Nel solo centro della città calabrese si possono contare sei scuole medie che hanno tra i 155 e i 472 alunni iscritti. Tutte sotto limite, tutte a rischio di essere accorpate. Se ne potrebbero tranquillamente chiudere tre, per un risparmio di 500 mila euro annui, pur continuando a garantire il servizio agli studenti e a far lavorare gli insegnanti. Sulla riduzione del numero di sedi, finora la Gelmini non ha ancora offerto ai sindacati una proposta formale. Nell'incontro che si è tenuto la scorsa settimana con i leader della scuola di Cgil, Cisl, Uil, Snals e Gilda ha però messo ben in chiaro che con un ministro dell'economia così forte come Tremonti, che gode dell'appoggio incondizionato del premier, Silvio Berlusconi, la partita dei risparmi di spesa si mette male per tutti. Non solo l'Istruzione, del resto, ma anche l'Interno la Difesa e la Sanità sono chiamati a dare un contributo imprescindibile al risanamento dei conti pubblici. L'unica strada da perseguire per tentare di addolcire i tagli con la manovra di settembre, ha fatto capire la Gelmini, è quella di eliminare intanto i rami secchi. Anche perché gli spazi di manovra non sono molto ampi.

L'Istruzione ha un bilancio di 44,5 miliardi di euro, di cui il 97%, pari a 42 miliardi, bloccati per gli stipendi del personale. La restante parte se ne va per l'autonomia scolastica, che è già stata costantemente tagliuzzata negli ultimi anni. Per centrare gli obiettivi di riduzione di spesa, quelli di Tps e Tremonti, a parte i grossi interventi sul numero dei docenti in servizio, non ci si può più permettere di fare eccezione per le eccezioni.
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