da Tecnica della Scuola
Scrima (Cisl) al Ministro: davanti alle parti sociali scopra le carte
di A.G.
Alla vigilia dell’incontro a viale Trastevere – su novità relative a rapporto alunni-classe, organici personale, classi di concorso, quadri orari, organizzazione didattica nella primaria, rete scolastica, blocco Siis ed obbligo istruzione – il segretario della Cisl Scuola chiede al Ministro Gelmini di rivelare il suo progetto scuola: avvertiamo l’intendimento del Governo di stravolgere il sistema pubblico d'istruzione.
Si preannuncia ricco di argomenti e scambi “vivaci” l’incontro fissato per il 5 agosto tra il Ministro del Miur Mariastella Gelmini e le parti sociali. Al centro della discussione, voluta dal titolare dell’Istruzione per presentare il piano di “razionalizzazione” del comparto contenuto nella manovra Finanziaria in via di approvazione definitiva alla Camera, c’è una lunga lista di temi: si va dal nuovo rapporto alunni-classe, da innalzare di un punto per adeguarlo ai paramenti Ocse, agli organici personale Ata (43 mila posti in meno in tre anni), fino alle rinnovate classi di concorso, che subiranno degli accorpamenti con molti docenti delle medie e superiori impiegabili così su più materie.
Il ministro si soffermerà poi sui nuovi quadri orari (soprattutto della riduzione del monte ore settimanale di lezioni, peraltro previsto già dall’ex ministro Fioroni, negli istituti tecnici e professionali), delle modifiche dell’organizzazione didattica nella scuola primaria, della rete scolastica, del blocco delle Siis e anche dell’obbligo istruzione. Ci saranno, oltre ai massimi rappresentati del Ministero, associazioni degli studenti e delle famiglie, naturalmente i sindacati, ma anche i rappresentanti degli enti locali e delle regioni interessati a diversi aspetti della manovra.
Alla vigilia del confronto tra le parti, il Segretario generale della Cisl Scuola, Francesco Scrima, ha rilasciato la seguente intervista nella quale chiede prima di tutto al Governo di uscire allo scoperto sui progetti riguardanti il comparto istruzione.
Domanda: Dottor Scrima, durante l’incontro il ministro Gelmini vi illustrerà le procedure attraverso cui il Governo intende attuare gli obiettivi di risparmio fissati nella Finanziaria: sembra che una delle misure per realizzare le economie previste (quasi 8 miliardi di euro in tre anni) sia l’estensione da 500 a 600 alunni del limite minimo per il mantenimento in vita di un istituto. Il Miur dovrebbe mantenere alcune deroghe (per le zone montane o disagiate, a patto che raggiungano almeno i 12 iscritti), ma moltissime scuole chiuderanno creando non pochi problemi ad alunni, famiglie e personale scolastico. Come si pone il sindacato di fronte a questa prospettiva?
Risposta: La domanda fondamentale che porremo domani al Ministro è: qual è il progetto di scuola che ha questo Governo? Premesso che fino ad oggi non conosciamo i contenuti del piano di attuazione dell’articolo 64 del decreto legge 112/2008, l’unica certezza che è possibile registrare è l’intendimento del Governo di stravolgere e destrutturate il sistema pubblico di istruzione, attraverso un provvedimento che considera la scuola non luogo di investimento per i ragazzi e per il Paese, ma oggetto solo di tagli di risorse umane e finanziarie.
Entrando poi nel merito della domanda osserviamo che si tratta di due operazioni diverse: la prima, sulla quale possono esistere anche ragionevoli margini di intervento, riguarda le istituzioni scolastiche nella loro dimensione di unità amministrativa (una o più sedi scolastiche affidate a un solo dirigente e ad uno stesso ufficio di segreteria), la seconda investe invece le singole scuole, intese come punti di erogazione del servizio scolastico sul territorio.
E’ quest’ultima a destare maggiori preoccupazioni, perchè può mettere in discussione l’erogazione del servizio scolastico nelle migliaia di piccoli e piccolissimi comuni presenti sul territorio italiano, minando alla base l’esercizio del diritto allo studio. Il trasporto degli alunni in altre sedi scolastiche sarebbe in moltissime realtà a dir poco problematico: soprattutto, verrebbe meno per molte comunità quel fondamentale presidio di aggregazione e di identità che la scuola ha sempre rappresentato.
D. Per riuscire a tagliare i 130 mila posti tra docenti e personale Ata si ricorrerà in particolare all’elevazione del numero minimo di alunni necessario per formare una classe: il Ministro ha promesso che non toccherà il tempo pieno e l’assetto della docenza nella primaria. La “mannaia” si abbatterà soprattutto sulle superiori: come farà un docente a condurre con efficacia il suo piano didattico con classi composte da 30 e oltre studenti? Ritenete possibile che questo tipo di operazione (come quella dell’accorpamento delle classi di concorso con i docenti assegnati con più facilità sui posti vacanti oppure la riduzione dell’orario settimanale nei tecnici e nei professionali) agevolino l’obiettivo di riportare su livelli migliori le competenze dei nostri allievi?
R. Le “rassicurazioni” date dal Ministro appaiono poco credibili: le dimensioni dell’intervento prefigurato nella manovra economica sono tali da richiedere quasi obbligatoriamente un intervento esteso e pesante, in modo generalizzato, sul tempo scuola e sull’organizzazione del lavoro. Ammesso che fosse accettabile “scaricare” il peso dei tagli solo sulle superiori, questa sarebbe infatti un’operazione ingestibile, se non in tempi lunghi, che la manovra non consente.
Ecco perchè restiamo fortemente preoccupati, ad esempio, per possibili interventi sul modello di insegnamento in vigore nella primaria, cui si deve in gran parte il prestigio che le è riconosciuto anche in ambito internazionale.
Sulla secondaria: se l’obiettivo è il miglioramento dei livelli di competenza acquisiti dagli allievi il tempo scuola va deciso in relazione ai contenuti disciplinari e la definizione delle classi di concorso deve traguardare la qualità dell’insegnamento impartito, altrimenti si va nella direzione opposta, quella di un risparmio ottenuto a scapito dell’efficacia.
D. La stretta non risparmierà il personale Ata (43.000 posti in 3 anni), su cui negli ultimi anni (con l’avvio a regime della scuola dell’autonomia) sono piovute molte più incombenze: basti pensare alle segreterie scolastiche che dal prossimo anno scolastico dovranno gestire anche le supplenze annuali oltre che quelle temporanee. Non le sembra un controsenso?
R. Senza dubbio lo è. Immaginare una scuola che non possa contare su un efficace supporto amministrativo, tecnico e di personale ausiliario significa vivere fuori della realtà, o adottare un modello di basso profilo. Voglio ricordare che le mansioni dei collaboratori, che sono la parte più numerosa del settore a.t.a., da tempo si vanno indirizzando prevalentemente sul versante dei servizi alla persona, acquisendo perciò una rilevanza e una peculiarità tali da rendere assai problematica la possibilità di un affidamento all’esterno
D. Come intendete contrastare (come Cisl e come Confederali) quello che il Governo definisce semplicemente un piano di “razionalizzazione” inevitabile alla luce di conti pubblici sempre più in rosso? E’ il caso di dire che per la scuola, ma forse più probabilmente per tutto il pubblico impiego, su cui è incentrata gran parte della Finanziaria, si prospetta una mobilitazione generale subito dopo l’estate?
R. Noi non siamo in presenza di un piano di razionalizzazione: se così fosse, non mancherebbe oggi, come mai è mancata in passato, la nostra disponibilità a discutere e a trovare le soluzioni possibili. Quello che si annuncia è piuttosto uno stravolgimento del nostro sistema scolastico, toccato pesantemente sotto ogni aspetto (amministrativo, ordinamentale, didattico), con modalità che finiscono spesso per invadere in sede legislativa gli spazi della contrattazione.
Non è nostro costume decidere a priori le iniziative di mobilitazione: quelle che saranno ritenute necessarie le attiveremo una volta conosciuti e valutati i contenuti del piano e dei regolamenti di attuazione. Noi sfideremo il Governo sulle condizioni di fattibilità di questa manovra anche per l’intreccio delle competenze istituzionali e costituzionali in materia di programmazione dell’offerta formativa che coinvolgono oltre al Miur, le Autonomie Locali e le Regioni. Le premesse per un autunno movimentato ci sono proprio tutte.