Scuola, finalmente assunta... a 61 anni

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Scuola, finalmente assunta... a 61 anni

Messaggiodi edscuola » 5 agosto 2008, 9:11

da Unità

Scuola, finalmente assunta... a 61 anni
Luigi Putzolu

Cara Unità,
chi ti scrive è un neo-pensionato, ex bancario, che nei giorni scorsi ha ricevuto una gran bella notizia. O meglio l’ha ricevuta la propria consorte, da parte del Provveditorato agli Studi. Di che si tratta? Della comunicazione, a mezzo telegramma (vista l’urgenza!) di avvenuta assunzione, a tempo indeterminato, per l’insegnamento nelle Scuole Primarie. E qui chiunque, in questi periodi di magra infinita, esulterebbe di gioia e gaudio. Peccato che la mia signora, precaria da 26 anni, abbia raggiunto questo agognato traguardo alla giovane età di 61 anni.
No, cara Unità, non è un errore di battuta: mia moglie ha davvero ricevuto la lieta novella all’età, esatta, di anni 60 e mesi 8.
Ma la torta, come si sa, non è tale senza la ciliegina, anzi più di una: la scelta (obbligatoria) della sede d’insegnamento (fino allo scorso anno, da precaria, insegnava a soli tre chilometri da casa) è stata possibile soltanto per Villasimius (o più lontano ancora), ridente località turistica ad “appena” 70 chilometri dalla propria casa. L’altra ciliegia? Eccola: la legge prevede che, l’assunzione a tempo indeterminato, per il primo anno, sia considerata in prova..(?!). E non solo: l’assunto dovrà seguire, puntualmente, oltre all’insegnamento, corsi di aggiornamento continuo, sotto “tutor”, pena il rischio di mancata conferma per l’anno successivo.
Ora io mi domando: ma come può uno Stato degno di tale nome, che si vanta di sedere al cosiddetto tavolo dei Grandi del Mondo, trattare in questo modo i propri cittadini? Come si può prendere una persona, che ora dovrebbe, finalmente, potersi godere una meritata pensione, e spedirla come fosse un pacco postale, con l’aggravio di oneri non più sostenibili, sia sotto il profilo fisico che economico? Ma i signori burocrati, comodamente seduti nelle stanze dei bottoni, avranno mai pensato di tenere conto, nelle loro decisioni, dei dati anagrafici dei destinatari? Penseranno mai, come nel caso di mia moglie, che i primi alunni ai quali le ha insegnato le basi del conoscere, oggi possono tranquillamente essere già laureati e magari dei padri di famiglia? E infine, alla luce di quanto siamo costretti a subire, nella totale impotenza, che segnale di speranza ed ottimismo si può dare alle centinaia di miglia di giovani precari, che dopo anni di sacrifici, si approcciano fiduciosi al mondo del lavoro? Ti prego, cara Unità, puoi dire - non tanto a me, ma soprattutto a loro, ai giovani e tra essi ai miei quattro figli - in che mondo viviamo?
Perchè a me sembra di vivere in una Italia ormai totalmente intorpidita dai “media” di regime, inebetita da un continuo, incessante, bombardamento del nulla; una società drammaticamente incurante di ciò che le accade intorno e di quanto potrebbe tragicamente vedere se dovesse risvegliarsi da tanto torpore. Per ciò che mi riguarda, è da molto tempo ormai che mi pare di vivere in un Paese abitato da marziani; Paese che, comunque, continuo ad amare, ma dal quale talvolta, credimi, vorrei tanto scendere.
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