da LASTAMPA.it
"La cattedra logora, ma l'entusiasmo non è solo dei giovani"
I professori italiani nel mirino
PAOLA MASTROCOLA
Sì, è vero, noi insegnanti ultracinquantenni ci siamo logorati. Siamo congegni frusti, macchinari arrugginiti: a volte nei corridoi delle scuole si sente un sinistro clangore di ossa e lugubri lamenti misti a flebili imprecazioni al cielo. Oggi insegnare logora più che mai. E' una battaglia dura e impari, contro giovani che non vogliono imparare, famiglie che li viziano e li difendono, circolari ministeriali che ci buttano addosso improbabili e finte riforme da sperimentare, libri di testo sempre più inutilmente pesanti.
Eppure - va detto - inspiegabilmente ogni anno torniamo a settembre in classe come fosse la prima volta. Ci appigliamo all'amore per quella materia che tanti anni fa abbiamo scelto di insegnare, e a una surreale e irrazionale speranza che questa volta ce la faremo eccome a contagiare di passione i nostri allievi, contrastando il loro mondo pieno di Internet, sballo da discoteca e vestiti firmati. Strano mestiere, che ci illude ogni volta a inizio anno e ci delude a fine anno e torna ad illuderci all'inizio; una specie di favola infinita attraverso le stagioni, dall'autunno all'estate, passando per i geli dell'inverno e le prime gemme di primavera.
Apprendiamo ora, dalla ricerca Bankitalia, che è colpa di noi vecchi se la scuola non funziona. Noi così stanchi e logori siamo la causa dello sfascio. Se così è, la soluzione è facile: basterà aspettare pochissimi anni e noi ci estingueremo, lasciando il campo a giovani tanto preparati ed entusiasti. Sarebbe bellissimo, ma temo che la realtà sia tutt'altra. Ho sentito con le mie orecchie, qua e là per l'Italia, presidi di storici licei classici angosciati per l'arrivo dei nuovi giovani insegnanti per esempio di latino e greco, che pare non sappiano il latino e il greco. Già noi ne sapevamo molto meno dei nostri antichi maestri, figuriamoci i nostri allievi ora professori!
Credo che l'entusiasmo e la motivazione non abbiano età, ma debbano trovare nutrimento altrove. Ad esempio sarebbe bello che nel nostro lavoro fossero previste pause dall'insegnamento, mesi da dedicare allo studio, alla ricerca, a stage formativi, periodi destinati a seguire corsi, convegni, leggere libri, meditare, riflettere insieme. Sarebbe bello, anche, che noi vecchi alternassimo l'insegnamento a scuola alla formazione dei giovani insegnanti, affidati invece ai discutibilissimi due anni della SISS.
Io non butterei a mare i vecchi per inneggiare a un astratto e politicamente corretto «largo ai giovani». Io userei a man bassa i vecchi. Solo l'esempio di chi sa ancora qualcosa può servire a formare chi ancora non sa quasi niente. Anzi, penso che dovremmo andare a trovare i vecchissimi insegnanti oggi in pensione e chieder loro in ginocchio di tornare: loro in cattedra a fare le loro mirabili lezioni e noi tutti - agili trentenni e più o meno cigolanti cinquantenni - fermi ad ascoltarli, perché la sapienza e l'entusiasmo si imparano sul campo, a bottega, e non attraverso sterili e - quelli sì demotivanti! - corsi e corsini sui metodi d'insegnamento.
La parola dei grandi ci deve guidare e può ancora aiutarci. E i grandi per definizione, si sa, sono sempre un po' vecchiotti...
Il voto in condotta deve pesare sul rendimento scolastico e dunque sulla promozione degli studenti. E’ la proposta che il ministro dell’Istruzione Gelmini ha lanciato in un’intervista. «Con il forum degli insegnanti e degli studenti - ha detto - stiamo ragionando sull’ipotesi di legare la promozione anche alla condotta»