da LASTAMPA.it
Governo pronto a tagliare all'istruzione il 20% del personale
In 4 anni via 150.000 prof e 47.000 Ata: risparmiati 8 miliardi
ROMA
Il mondo della scuola è in fibrillazione: nel periodo 2009-2013 il governo, in base a quanto indicato nella bozza del decreto-legge collegato al Dpef, intende tagliare all’istruzione quasi 8 miliardi in quattro anni. Un obiettivo da raggiungere attraverso una serie di manovre che vanno dalla riduzione di 100 mila cattedre, a quella del 17% del persone Ata (che rappresenterebbe la cancellazione di oltre 40.000 posti di lavoro come assistenti, tecnici ed ausiliari), alla revisione ed all’accorpamento delle materie d’insegnamento.
Se il piano dovesse andare in porto il sistema nazionale di istruzione, il più vasto della pubblica amministrazione, si ritroverebbe con il 20% dell’intera forza lavoro in meno. Anche perché i tagli al personale si andrebbero ad aggiungere a quelli approvati dall’ultimo governo Prodi e che già da settembre prevedono l’annullamento di 11.000 posti di lavoro (in larga parte docenti) ed altrettanti per due anni.
Il progetto di recupero della spesa scolastica complessiva - che ad oggi si traduce per oltre il 90% nello stipendiare circa un milione e centomila dipendenti - prevede anche il «dimagrimento» dei piani di studio, dei quadri orari (soprattutto alle superiori), dell’innalzamento del numero di alunni per classe, fino al possibile ritorno del maestro unico alle elementari.
Questi i risparmi di spesa previsti: complessivamente, nei quattro anni, le economie da centrare dovranno essere non inferiori a 7.832 milioni di euro: 456 nel 2009, 1.650 nel 2010, 2.538 nel 2011 e 3.188 dal 2012.
Qualora il ministro Mariastella Gelmini non riuscisse nell’impresa fissata nel Dpef 2009-2013, tutt’altro che facile da realizzare visti i precedenti, il governo ha anche pensato a come centrare in ogni caso l’obiettivo prefissato. Prima di tutto mantenendo in vigore la clausola di salvaguardia introdotta dall’ex ministro dell’Economia Tommaso Padoa Schioppa con la Finanziaria 2007: le risorse eventualmente non risparmiate verrebbero in pratica “tagliate” comunque attraverso mancati trasferimenti di risorse destinate a coprire altre spese per l’istruzione (in primis le supplenze brevi).
Il governo in carica ha inoltre già fissato le basi per la costituzione di una task force di esperti, che sarà formata da ispettori in capo si al Miur che a viale XX Settembre. Nel Dpef si parla, appunto, di un comitato tecnico-scientifico «composto da rappresentati del ministero dell’istruzione, università e ricerca e del ministero dell’economia e della finanze, con lo scopo di monitorare il processo attuativo delle disposizioni al fine di assicurare la composita realizzazione degli obiettivi finanziari previsti».
Gli esperti ministeriali sono attesi da una grande mole di lavoro: tra gli obiettivi del governo non vi è solo la riduzione delle spese, ma, sempre secondo l’articolo 70 del Dpef, anche l’incremento di un punto percentuale del rapporto alunni-docenti, già a partire dal prossimo anno, e «da realizzare - si legge nel documento - entro l’anno scolastico 2011-2012, per un accostamento di tale rapporto ai relativi standard europei».
Molta rilevanza viene data, sempre nel documento programmatico del governo, all’azione dei dirigenti, sia ministeriali che a capo di ogni istituto: in base contratto di valutazione dell’operato dei presidi, chi di loro non dovesse applicare le nuove indicazioni, facendo “saltare” il risultato prefissato, potrà vedersi decurtato lo stipendio attraverso la sospensione dell’indennità di risultato.
Ma non solo: i dirigenti che non rispetteranno le consegne rischieranno anche di essere trasferiti d’ufficio in altre sedi. E per loro non si esclude nemmeno il licenziamento. Una possibilità sinora mai messa in atto, ma che in un momento così delicato per la scuola potrebbe tradursi in un’arma davvero potente. Ovviamente in mano al governo.