da LASTAMPA.it
Francesco Profumo Un campus da Torino a Shanghai
"Ricerca, aziende e tanti studenti stranieri. Ecco il modello vincente del Politecnico"
GABRIELE BECCARIA
Ha una squadra camerunense di «curley», un impiegato cinese allo sportello bancario, 90 accordi internazionali per la laurea con il doppio titolo, un terzo dei corsi in inglese, i laboratori di ricerca di General Motors e Microsoft e poi dà il benvenuto a chi festeggia le ricorrenze di un centinaio di nazioni diverse, possiede oltre 2 mila posti letto per accogliere studenti e professori dal mondo e crea tre aziende ogni paio di mesi. E’ il Politecnico di Torino, che come un’astronave futuribile viaggia nell’iperspazio della realtà globale e fa collezione di record.
Professor Francesco Profumo, lei è il rettore del Politecnico: in Italia l’immagine delle università è spesso appannata e le loro opportunità ancora più scarse, mentre in molte aree del mondo avviene il processo opposto. Qual è la filosofia per uscire da questa pericolosa crisi?
«Quella di "mescolare il sangue", creando un campus globale».
Che in pratica come si realizza?
«Elaborando una strategia di ampio respiro. E’ così che il progetto di "Cittadella Politecnica" si esplicita attraverso cinque elementi: formazione, ricerca, trasferimento tecnologico, servizi e finanza». A proposito di ricerca, state attirando i grandi marchi: condividono i vostri laboratori e creano sapere, prodotti e lavoro. Come ci riuscite? «Proponendo l’ambiente giusto. Sono già arrivati, Microsoft Italia, Jac, Avio, Indesit, Metecno, Vishay e Pirelli, per fare alcuni nomi. General Motors sarà attiva da inizio 2009 su una superficie di 20 mila metri quadrati, con 600 dipendenti. E le richieste sono in aumento: c’è anche la cinese Huawei».
Ricerca fatta dai big, ma voi puntate anche a creare nuove aziende, le «start-up»: come si fa?
«Siamo stati la prima università in Italia a creare l’Incubatore di nuove imprese (I3P) e dal 2000 sono 96 quelle che hanno visto la luce. Nel 2004, a Oxford, una giuria internazionale ha eletto l’I3P come "Best Science Based Incubator"».
Nascono, ma quante sopravvivono?
«Valutiamo 150 idee ogni anno e ne selezioniamo 50. Agli autori è offerta una fase di formazione di sei mesi e tra 15 e 20 progetti diventano realtà. Creiamo tre nuove imprese ogni due mesi e in questi anni ne sono morte solo sei!».
Quali sono le maggiori difficoltà che si devono affrontare?
«Si tratta di aziende "technology based" e sperimentano due tipi di difficoltà: il marketing strategico e l’ingresso sul mercato».
E le risorse: non sono un ostacolo anche quello?
«E’ sempre stato un limite evidente. Ora, però, abbiamo un "hub" di "venture capitalists", sette nazionali e sette internazionali».
Che muovono quale giro d’affari?
«Un miliardo di euro, naturalmente non tutto per noi (almeno per ora)! E si aggiunge la finanza di credito classica, delle banche. Sono fondi essenziali per permettere il salto di qualità alle aziende nel mercato».
A proposito di internazionalizzazione, come riuscite ad attrarre studenti stranieri?
«Pensando di essere in concorrenza con il mondo e, quindi, puntando alla qualità e ai servizi».
Anche tra università la concorrenza è feroce: il Politecnico in che posizioni si colloca?
«Nella prestigiosa classifica dell’Università Jiao Tong di Shanghai siamo saliti al settimo posto in Europa in Ingegneria, dietro istituzioni-simbolo come Oxford e Cambridge. In Italia, intanto, siamo primi tra i politecnici, anche nella lista del Censis».
Quanti sono gli studenti stranieri?
«Nel 2003-2004 erano il 2%, mentre oggi siamo saliti al 10%, e nelle preiscrizioni del prossimo anno accademico ci hanno contattato 6700 giovani da 130 Paesi, un record».
Non vi sentite isolati da una realtà accademica che in Italia tende a chiudersi in se stessa?
«Il punto è elaborare una politica di formazione e ricerca che sia sempre più allineata agli standard europei. Il Censis ha premiato il Piemonte come area vincente, in cui Politecnico e Università sono ai vertici nazionali. E’ il risultato di una politica che unisce il lavoro di enti locali e di tante realtà socioeconomiche».
Lei cita qualità e nuovi servizi: che cosa significa per studenti e professori?
«La qualità è legata anche a una politica di reclutamento a largo raggio. Abbiamo realizzato 80 concorsi da ricercatore e ne abbiamo altri 60 in programma: e, quando parliamo di visiting scholars e di professors, il 60% arriva dall’estero».
E i servizi?
«Sono sempre più estesi: beneficiamo dell’eredità post-olimpica e abbiamo oltre 2 mila posti letto, mentre puntiamo al miglioramento delle strutture edilizie, del verde e della qualità della vita, oltre che dello studio. Un’ispezione della Commissione Europea ha valutato il livello dei servizi per gli studenti stranieri e l’accoglienza come eccellenti, senza riscontro in nessun’altra Università europea. Non è raro che ci sentiamo dire: "Qui c’è un campus che ricorda quelli americani!". Un terzo delle lezioni si tiene in inglese e moltiplichiamo le iniziative culturali: non vogliamo solo buoni studenti, ma buoni cittadini».
Gli italiani, però, sono noti per essere scarsi nelle lingue, inglese compreso.
«Infatti abbiamo aperto un centro linguistico di supporto e non solo per l’inglese, ma per tutte le lingue europee. E ora aggiungiamo il cinese: dal 2008-2009 un gruppo di nostri studenti trascorrerà il secondo anno di corso a Shanghai, alla Tongji University. Poi, il terzo, un gruppo di cinesi si trasferirà a Torino. Avranno una laurea con doppio titolo, italiano e cinese: abbiamo stipulato 90 accordi di questo tipo e presto si uniranno Berkeley e MIT».
Prossimo obiettivo?
«E’ la sfida del "mobile campus": stanno per arrivare gli studenti nativi Internet, nati nella virtualità. E’ pensando a loro che organizzeremo un Politecnico sempre più "connected", con i corsi che si terranno non solo in aula, ma in giardino e a casa propria, con tecnologie ICT e di Web 2.0 e 3.0. L’Università si trasformerà in un social networking del sapere».
LO SAPEVI CHE?
Una cittadella di sapere e business
Il Business Research Center
Il Politecnico di Torino ha sviluppato la Cittadella Politecnica: estesa su 170 mila metri quadrati, ospita il Business Research Center, in cui un gruppo di multinazionali ha portato i propri laboratori, creando così, oltre a un flusso di competenze e conoscenze, anche un importante mercato del lavoro.
I magnifici sette
Sono già sette le aziende selezionate e insediate su 89 «manifestazioni di interesse» giunte in pochi mesi: Asja Ambiente (gruppo internazionale che produce energia elettrica da fonti rinnovabili), Indesit Company (leader negli elettrodomestici), Intelligence Focus (azienda di security informatica), Jac - Italy Design Center (azienda cinese dell’«automotive»), Metecno Industrie (leader nei pannelli strutturali per l’edilizia), Microsoft Italia (colosso dell’informatica), Vishay Semiconductor Italiana (uno dei maggiori produttori di semiconduttori discreti e componenti elettronici).
L’Incubatore
A questi marchi si aggiunge il centro di General Motors, che partirà da gennaio 2009, oltre ad Avio SpA e Pirelli. Nel campus è presente anche l’Incubatore «I3p» che in otto anni ha già lanciato 96 aziende e il Polo del Venture Capital con 14 fondi.