Insegnanti poveri? A Milano sì, ma a Noto...

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Insegnanti poveri? A Milano sì, ma a Noto...

Messaggiodi edscuola » 16 giugno 2008, 6:32

da TUTTOSCUOLA

Insegnanti poveri? A Milano sì, ma a Noto...

Chissà se gli insegnanti di Noto (Siracusa) avranno apprezzato la citazione della loro città, fatta da Francesco Giavazzi nell'editoriale del Corriere della Sera del 15 giugno.

Nel suo articolo Giavazzi si è chiesto: "Sono pagati troppo poco i nostri insegnanti? ". E si è risposto così: "A Milano forse sì, a Noto, dove la vita costa la metà, non so".

Il retropensiero dell'interrogativo di Giavazzi, inserito in una serrata argomentazione a sostegno del reclutamento dei docenti da parte delle scuole, sembra essere che anche il loro stipendio dovrebbe essere differenziato tenendo conto del costo della vita locale. Insomma, il superamento del concorso pubblico nazionale dovrebbe comportare anche il superamento del contratto nazionale, o il suo affiancamento con forme di contrattazione locale integrativa che tengano conto del diverso costo della vita: qualcosa di simile alle vecchie "gabbie salariali" ante 1969, basate su differenziali regionali nelle retribuzioni.

Non a un modello di questo genere pensava probabilmente il ministro Gelmini nell'intervento pronunciato lo scorso 10 giugno 2008 in commissione Cultura, durante il quale, dopo aver notato che "lo stipendio medio di un professore di scuola secondaria superiore, dopo 15 anni di insegnamento, è pari a 27.500 euro lordi annui, tredicesima inclusa", aggiungeva che "questa legislatura deve vedere uno sforzo unanime nel far sì che gli stipendi degli insegnanti siano adeguati alla media OCSE, superiore a 40.000 euro l'anno".

E' anche vero, però, che in molti Paesi OCSE gli stipendi sono ampiamente differenziati, fino ad arrivare a forme di contrattazione individuale. Il ministro non è ovviamente entrata in dettagli su questo punto, anche per non compromettere in partenza il rapporto con i sindacati, ma non sarebbe giusto ignorare il problema. Un'inchiesta dell'Espresso dello scorso mese di gennaio, che si fondava anche su stime dell'Università Cattolica di Milano, quantificava nel 30 per cento il gap del costo della vita tra le diverse regioni italiane.
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