da Repubblica
"In certe classi troppi stranieri" An chiede il numero chiuso
Saragnese: non ha senso. De Sanctis: questione concreta
SARA STRIPPOLI
Torino
No alle sezioni ghetto, dove il registro di classe è un lungo elenco di nomi stranieri. Sì ad un numero predefinito, un tetto di bimbi stranieri che non supera il 10 per cento. E ancora di più: è necessario un insegnante di sostegno ogni sue bimbi stranieri. La proposta, una mozione di accompagnamento al bilancio, è di quelle destinate ad accendere il dibattito, ma i promotori, i consiglieri di An Agostino Ghiglia e Roberto Ravello, sono determinati a portare la questione fino in Parlamento: «Presenterò una risoluzione parlamentare - annuncia Ghiglia - perché credo che la questione meriti una discussione a livello nazionale».
I due consiglieri partono dalla fotografia della situazione delle scuole materne del Comune, ma estendono la difficoltà anche alle scuole medie. «Avere classi in cui i bambini stranieri sono la maggioranza significa farli crescere diversamente e prepararli meno pregiudicando il loro proseguimento negli studi», è la motivazione che ispira la mozione. D´altro canto, incalzano i due che accusano il Comune di essere immobile «in questo modo si costringono le famiglie straniere ad allontanare i loro figli nel timore che rimangano indietro».
L´assessore comunale all´istruzione Luigi Saragnese dice di non comprendere i principi che ispirano l´iniziativa: «Non riesco a capire, perché tirano in ballo il Comune. Palazzo Civico non ha alcuna competenza sulle formazioni delle classi». Entrando nel merito, aggiunge «mi sembra che la richiesta di An non abbia senso. Non esistono ad oggi tetti fissati rispetto alla percentuale di stranieri e giudico la proposta sostanzialmente assurda. Inoltre non ci si rende conto che si tratta di un attacco alla libertà di scelta delle famiglie e all´autonomia scolastica: «Se dovessimo rispettare un tetto al mattino dovremmo organizzare navette da una parte all´altra della città per distribuire gli studenti stranieri in tutti gli istituti».
Il direttore scolastico regionale Francesco De Sanctis scuote la testa: «Questa storia degli insegnanti di sostegno mi sembra ridicola. Gli insegnanti di sostegno si assegnano ai ragazzi disabili e non certo agli stranieri. Che semmai avrebbero bisogno di più mediatori per imparare l´italiano». Detto ciò la questione è concreta, spiega il direttore «è vero che il ghetto è assolutamente da evitare ed è quello che cerchiamo di fare all´interno di un tavolo che coinvolge gli enti locali e i presidi. L´obiettivo è proprio quello di identificare soluzioni per una migliore distribuzione. La logica però è fermamente quella dell´integrazione e non certo quella dell´esclusione».
Per l´assessore regionale all´istruzione Gianna Pentenero fare riferimento ad un tetto ed ad un numero chiuso è inammissibile. E altrettanto improponibile è la richiesta di insegnanti di sostegno. Certamente, ammette «non va bene che esistano classi prevalentemente composte da bimbi stranieri. Dobbiamo lavorare perché nell´attribuzione ci sia integrazione. Dopodiché oggi lottiamo con la libera scelta di iscrizione. Non si possono obbligare gli alunni». Quello che si può fare, suggerisce Pentenero «è creare una rete fra dirigenti scolastici che stabilisca criteri che di fatto impediscano la formazione di classi troppo sbilanciate».
Enzo Pappalettera, segretario regionale della Cisl scuola, boccia senza appello la proposta: «Parole senza senso da parte di chi non ha alcuna competenza di scuola. Il fenomeno non è un flusso governabili in termini di filtri o aliquote. Parliamo di una questione complessa, di diritti internazionali alla libertà di accesso allo studio».
Altra enorme gaffe, s´infervora il sindacalista è quella di sostenere che il problema si crei nei nidi o nelle materne: «Non c´è nessuna fuga di bimbi italiani nei nidi dove la maggioranza della classe è straniera. Posso citare l´esempio della Tommaseo, dove sono presenti cento etnie diverse e le mamme italiane sono felicissime. Il problema può arrivare invece alle elementari e alle medie». L´unica ricetta possibile è quindi sostenere in modo adeguato le scuole con più alto tasso di bimbi stranieri facendo in modo che possano avere tutto quello che serve sia per affrontare i problemi oggettivi, sia per garantire la normale attività didattica: «strumenti per l´accoglienza, per i test d´ingresso per capire i bisogni degli alunni, laboratori linguistici e, se servono, mediatori culturali».