Scuola, a che gioco giochiamo?

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Scuola, a che gioco giochiamo?

Messaggiodi edscuola » 11 marzo 2008, 23:23

da Aprileonline

Scuola, a che gioco giochiamo?
Anna Riccardi e Maria Chiara Grauso*

Istruzione La caduta del governo Prodi ha tuffato nuovamente l'intera istituzione scolastica nel dubbio e nel non senso, come testimoniato da Berlusconi che in campagna elettorale assicura i suoi elettori di proseguire con la Riforma Moratti in caso di vittoria. La speranza è ancora una volta quella che una nuova politica illuminata riesca ad innescare quell'inversione di tendenza che permetta alla formazione scolastica di risalire la china e ritornare ad essere la principale fabbrica culturale libera, pubblica e laica del nostro paese



Un triste inizio d'anno per la scuola italiana, il 2008 si apre all'insegna delle incertezze e di una gran confusione.
Siamo costrette ad osservare, ogni giorno che passa, che dirigenti, docenti, collaboratori e alunni si sentono sempre più soli e scoraggiati per l'andamento concreto che sta assumendo la nuova, eppure già vecchia, riforma scolastica; per quei provvedimenti che avrebbero dovuto delinearsi come i grandi cambiamenti introdotti dal Ministro Fioroni per il risollevamento della nostra scuola e che oggi non si sa bene se e come attuare.

La caduta del governo Prodi ha, infatti, tuffato nuovamente l'intera istituzione scolastica nel dubbio e nel non senso, soprattutto considerato che, non appena iniziata la campagna elettorale, il leader del PdL Berlusconi si è già preoccupato di assicurare ai suoi elettori (secondo i sondaggi più recenti la maggioranza degli italiani) che nei primi 100 giorni del nuovo governo, in materia di scuola si impegnerà a proseguire esattamente da dove circa due anni fa si era interrotto e cioè ad attuare totalmente la riforma Moratti.
Sconcertate ci domandiamo: "a che gioco si sta giocando?".

Nel corso degli ultimi anni, che hanno visto avvicendarsi diversi governi tutti tempestivamente intenti a riformare e a proporre il proprio modello ideale di scuola pubblica, tutti coloro che lavorano faticosamente in ambito scolastico hanno compiuto incredibili sforzi per sostenere delle politiche che a parole ponevano come centrali questioni come la serietà, le competenze, il merito, la competitività, etc... ma che con la concretezza delle loro azioni non hanno fatto altro che contraddire le loro linee teoriche e tradire la fiducia di tutti coloro impegnati sul campo, che hanno visto i fondi destinati dal governo alla scuola assottigliarsi sempre di più e la considerazione sociale del loro ruolo indebolirsi progressivamente senza rimedio.

Tanti problemi e responsabilità che riguardano le nuove generazioni sono addossate alla scuola e in particolare ai docenti; è una richiesta forte che arriva da più parti, per la quale, siamo convinte, esista una risposta nella maggior parte dei casi adeguata.
Osserviamo tutti i giorni come, nonostante le contraddizioni e la deriva generale da parte delle istituzioni centrali, esiste una base, un residuo di tradizione, una volontà ed una capacità collettiva, superiore a qualsiasi aspettativa, che conduce una battaglia per la quale non sono state fornite armi e attrezzature adeguate.
Si procede grazie alle singole individualità, alla cultura che esiste, al senso di responsabilità, al grado di sensibilità delle singole persone. Si procede.

Per questa ragione non sentiamo come del tutto veritiere le constatazioni della collega Boscaino: "...purtroppo nel nostro paese troppi hanno accettato quel patto scellerato - bisbigliato sottovoce - proposto dalla politica: vi paghiamo poco, lavorate poco; mentre a voce alta ci dicevano (e continuano a dirci) quanto siamo importanti, quanto alta è la nostra funzione" ma è innegabile che le responsabilità della politica nel declino dell'intero comparto scuola negli ultimi anni sono state e si confermano enormi, da tutti avvertite e riconosciute come tali, eppure, strano a dirsi, non vissute come inaccettabili.

Questo stato di cose in Italia non fa notizia, o meglio, la scuola periodicamente fa scandalo, poi sempre seguito dal silenzio.
Lo scarso rendimento dei nostri alunni, soprattutto nelle materie scientifiche, constatato recentemente dal rapporto Ocse 2006 di Pisa, ci restituisce una lucida fotografia della situazione che automaticamente ha innescato una serie di interrogativi e di osservazioni tra cui probabilmente la non sempre adeguata preparazione dei docenti.
Sulla sensatezza e adeguatezza di queste riflessioni si potrebbe discutere per un tempo infinito senza giungere ad alcuna soluzione e probabilmente spostando il fulcro del problema verso aree e ruoli ingiustamente colpevolizzati, come se non bastasse...
Non si vuole, però, in alcun modo ricordare ed ammettere che il metodo di reclutamento del corpo docente nel nostro paese è stato gestito, per motivazioni completamente estranee all'obiettivo del buon funzionamento della scuola, con le più disparate procedure e che anno dopo anno, contraddizione dopo contraddizione, accorgimento dopo accorgimento queste hanno dato vita a quell' intricato groviglio di canali di inserimento, tutti ugualmente legittimi, che oggi costituiscono il problema irrisolto del precariato scolastico.
Ed il precariato non è una condizione che penalizza unicamente il lavoratore per le ragioni che è facile immaginare, in questo caso sono soprattutto gli studenti a subirne le conseguenze in termini di continuità didattica, possibilità di programmazione del lavoro, di serietà e autorità del ruolo docente con cui sono destinati a confrontarsi quotidianamente ed altro ancora.

Sull'importanza ed il peso dato alla formazione e all'aggiornamento dei docenti in ingresso durante l'ultimo decennio, ovvero dall'istituzione delle Siss gestite fruttuosamente da tanti atenei d'Italia, sarebbe meglio non soffermarsi troppo; saremmo costretti ad ammettere un imperdonabile paradosso e cioè che proprio il periodo in cui si sono impartiti senza sosta tutti quegli insegnamenti che si considerano indispensabili per lo svolgimento del mestiere di docente ha prodotto i peggiori risultati mai ottenuti in termini di qualità.
Di cosa si sta parlando? Qual è l'anello debole che non si riesce ad individuare e correggere?
Giuseppe Ferrari, direttore editoriale Zanichelli, invitato ad esprimere una sua opinione sui risultati di questo sondaggio che ci posiziona come fanalino di coda d'Europa (36esimi su 40) in quanto a conoscenze e capacità in ambito scientifico dei nostri alunni, osserva: "In Finlandia, al primo posto nel 2003 e ancora prima quest'anno, l'insegnante è una figura di prestigio e fare il professore è considerato un bel mestiere. Qui non è così: l'unico meccanismo di carriera è l'anzianità".

Come giovani insegnanti ci sentiamo in dovere di ringraziare per una visione così semplice, concreta e sincera; la scuola non ha bisogno di nuovi rovesci e nuovi imbrogli, né di soluzioni finte e terrificanti come quella di un folle inseguimento della formula aziendalista di tanto in tanto invocata come ancora ultimamente sulle pagine del Corriere da F. Giovazzi.
Dispiace, infatti, dover sottolineare ancora una volta che la scuola, e chi conosce questo mondo lo percepisce benissimo, non può in alcun modo essere gestita come un' azienda, perché dell'azienda non ha la composizione, le dinamiche e soprattutto le finalità; perché i dirigenti non sono datori di lavoro e fanno fatica anche a lavorare in qualità di manager, perché i bilanci scolastici sono incerti e spesso variabili, perché i docenti si muovono con difficoltà incalzati da più parti e rivendicano giustamente tante cose, prima fra tutte la libertà didattica e l'autonomia di pensiero quasi ultimo baluardo da difendere per un mestiere a cui progressivamente si è tentato di togliere tutto, inoltre perché i ragazzi non sono prodotti ed è per questo che è così difficile creare una ricetta e correggere i difetti questa volta "di produzione".

Siamo convinte, infine, che la competitività generata dalla possibile privatizzazione delle scuole pubbliche, che in altri settori ha sì generato meccanismi virtuosi di crescita, in questo ambito porterebbe unicamente ad ulteriori irrimediabili disastri: ad esempio la creazione di una profonda disparità tra scuole di serie A e di serie B, nel momento in cui la diversità di possibilità economiche di un istituto rispetto ad un altro andrebbe a tradursi in una disparità di possibilità offerte da uno stato, che vogliamo ancora conservare laico e pluralista, per i suoi cittadini.

Soluzioni semplici o rapide evidentemente non esistono, anche perché il mondo della scuola ha necessità di metabolizzare i cambiamenti, sposarne i principi e tradurli in fatti, in comportamenti, cosa che evidentemente non gli sarà permessa a giudicare dalla velocità con cui ogni provvedimento è lanciato sul campo e poi non adeguatamente supportato, se non contraddetto o addirittura revocato.
La speranza è ancora una volta quella che una nuova politica illuminata, finalmente fattiva e non soltanto"chiacchierona", riesca ad innescare quell'inversione di tendenza che permetta alla scuola italiana di risalire la china e ritornare ad essere la principale fabbrica culturale libera, pubblica e laica del nostro paese.

* Insegnanti precarie Napoli
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