da Il Corriere della Sera
6 settembre 2012
Andare a scuola allunga la vita (davvero)
di Cesare Peccarisi
MILANO - Da sempre si dice che studiare migliora il cervello. Una ricerca come quella pubblicata due anni fa su Neurobiology of Learning and Memory da Michael Gruss dell’Università di Magdeburgo lo aveva confermato perfino al microscopio: andare a scuola contribuisce a una miglior maturazione dei neuroni dei circuiti cerebrali prefrontali e limbici con conseguenti aumentate capacità di apprendere e ricordare da adulti. Che però studiare da giovani allunghi addirittura la vita non l’aveva ancora dimostrato nessuno.
CINQUANT’ANNI PER CAPIRE - La prova è arrivata con la pubblicazione sulla rivista PNAS dei risultati di una sperimentazione effettuata in 900 città svedesi fra il 1949 e il 1962 su un milione e 247.867 studenti nati fra il '43 e il '55. Tutto è partito da un’indagine del governo svedese che, cinquant’anni fa, in vista di una riforma della scuola dell’obbligo, ha avviato un intervento su larga scala unico nella storia delle scienze dell’epidemiologia sociale. Dopo aver rielaborato l’enorme massa di dati di quell’indagine, i ricercatori svedesi diretti da Anton Carl Jionas Lager del Centre for Health Equity Studies dell’Università di Stoccolma hanno scoperto che chi ha avuto la fortuna di partecipare a quella sperimentazione ha visto la sua esistenza allungarsi e la propria salute aumentare.
ANCHE IN ITALIA, NEL '62 - Dopo la guerra, oltre alla Svezia, anche altri Paesi hanno incrementato il loro livello d’istruzione seguendo l’esempio dei programmi di studio già in uso oltreoceano: in Inghilterra l’età minima della scuola dell’obbligo è passata da 14 a 15 anni nel '44 e poi a 16 nel 1972. È possibile che anche questo abbia contribuito alla maggior aspettativa di vita che oggi registriamo. Da noi, dopo la riforma Gentile del 1923 che in 10 anni fece calare l’analfabetismo del 6,3%, la scuola dell’obbligo a 14 anni è arrivata nel 1962 con l’istituzione della scuola media unica, ma abbiamo dovuto aspettare il '99 per l’obbligo scolastico a 15 anni. La Svezia, invece, dal 1949 al 1962 ha portato gradualmente a frequentare la scuola dell’obbligo da 8 a un periodo minimo di 9 anni.
A VOI LA SCELTA - Nell’ambito della sperimentazione nazionale su un milione e 200mila dei suoi studenti, alcuni potevano comunque scegliere se frequentare la scuola solo per 8 anni, diventando così un enorme gruppo di controllo dove i più meritevoli potevano invece continuare per 10 anni. Andando a ricercare i dati sanitari e i certificati di morte di tutti questi ex-scolari dal 1960 fino al 2007 i ricercatori hanno constatato che in quelli che avevano partecipato alla riforma dei 9 anni di scuola dell’obbligo il rischio di decessi fra quarta e settima decade di vita era ridotto di 0,96 volte, soprattutto per quanto riguarda tumori, infarti e incidenti (un evento quest’ultimo legato probabilmente a una maggior consapevolezza del rischio acquisita con lo studio), mentre prima dei 40 anni fra i due gruppi non c’erano differenze. In particolare le ex-scolare presentavano un minor rischio di infarto.
TUTTI ALLA PARI - I fattori confondenti da eliminare sono stati moltissimi, ma in virtù della distribuzione a tappeto della sperimentazione era almeno assente quello più ovvio e cioè che il maggior accesso allo studio è tipico delle classi più abbienti che possono offrire condizioni di vita migliori a tutto vantaggio della sopravvivenza. Salvo il fatto che sia parzialmente rientrato dalla finestra nei casi in cui qualche scolaro abbia scelto di proseguire oltre i 9 anni perché probabilmente aveva alle spalle una famiglia che già gli assicurava buone condizioni di vita preservandolo da fattori negativi di vita cui invece i suoi compagni restavano in ogni caso più esposti.
OGGI SAREBBE IMPOSSIBILE - «Poter replicare uno studio così ampio oggi non sarebbe più possibile - ha detto Lager - per cui dobbiamo accettare il risultato che abbiamo ricavato da questo: l’istruzione esercita un processo di causa/effetto diretto sulla salute». Alla luce dei risultati ottenuti dai ricercatori c’è poi una considerazione ancora più importante: dal punto di vista etico oggi sarebbe deontologicamente impossibile decidere chi può andare a scuola e chi no, usandolo come inconsapevole controllo in uno studio che potrebbe cambiare il corso della sua vita.