da Tecnica della Scuola
L’Espero non decolla: il 70% del personale scolastico rimane fuori
di A.G.
Eppure i rendimenti risultano positivi pure nel periodo di crisi finanziaria. In media un docente versa 20 euro mensili. La convenienza sta nel fatto che la stessa quota arriva dallo Stato. Il limite: il capitale versato non è garantito. Ma considerando il sicuro abbattimento dell’assegno di pensione, forse i giovani farebbero bene a rischiare.
Il personale dalle scuola continua a non credere alla previdenza complementare: nemmeno il passaggio obbligatorio al sistema pensionistico contributivo ha convinto docenti e Ata ad aderire in massa al fondo Espero. A sei anni dal suo avvio, le ultime rilevazioni indicano iscritto solamente il 30% del personale di ruolo. E ciò malgrado il sorprendente trend positivo dei rendimenti, riscontrati anche di recente, in una situazione di profonda crisi generalizzata finanziaria e degli investimenti.
La scarsa adesione al fondo diventa ancora più evidente se si pensa che da un anno e mezzo anche il personale non di ruolo ha diritto all’iscrizione al fondo complementare.
Difficile comprendere i motivi di tanto scetticismo. Prima di tutto perché solo chi è alle soglie della pensione può sentirsi al riparo dell’abbattimento dell’importo dello stipendio che percepirà una volta lasciato il lavoro. Inoltre, se è vero che l’investimento con Espero, per statuto, non garantisce il capitale investito (come avviene ad esempio nel caso delle assicurazioni di tipo privato), vale la pena ricordare che la metà dell’importo base dei contributi viene versato dallo Stato. Un docente della scuola primaria a metà carriera, ad esempio, che decidesse di aderire andrebbe a versare tra i 20 ed i 25 euro mensili. Ma poiché la stessa quota viene versata anche dall’amministrazione, il “tesoretto” pensionistico che si viene a determinare appare sufficientemente al sicuro (anche se la certezza non c’è) da eventuali tracolli ulteriori dei mercati.
Significativo anche il dato che nel giugno del 2010 i rendimenti da inizio mandato erano del 18,48% per il comparto ‘crescita’ e del 14,14% per quello ‘garanzia’. E anche nel 2011, anno nero per gli investimenti finanziari, la performance annuale ha comunque mantenuto un importate segno positivo: la ‘crescita’ (calcolata sugli incrementi di valore quota, e quindi al netto di commissioni e imposte) si è attestata sullo 0,33%, la ‘garanzia’ sullo 0,25%.
Nemmeno i sindacati, che svolgono il ruolo di intermediari nella gestione dei fondi, sono riusciti a vincere lo scetticismo dei dipendenti. In questi giorni anche l’Anief ha lanciato la sua campagna di adesione al fondo Espero. Con un breve comunicato, il sindacato di Marcello Pacifico ha spiegato che alla luce delle “ultime riforme in tema di allungamento dell’età pensionabile e il passaggio secco al sistema contributivo, Anief ha deciso di lanciare la campagna di adesione al fondo Espero tra i suoi iscritti”. Per vincere le resistenze del personale verso la previdenza complementare istituzionale, il sindacato sta vagliando anche “l’opportunità di siglare convenzioni con istituti bancari per agevolare i propri iscritti nella costituzione di un’ulteriore pensione integrativa”. L’Anief, infine, ricorda che il problema esiste e chi non si cautela oggi potrebbe pentirsene: “attualmente, infatti, si stima che il dipendente andrà in pensione fra 20 anni con il 40% dell’ultimo stipendio”, conclude l’associazione sindacale degli educatori in formazione.