da Repubblica.it
Sono le cifre su cui si basano i progetti della giornata dei migranti
La Chiesa cattolica: "Cifre che costringono a muoverci: sono una risorsa"
Scuola, la carica degli alunni stranieri
"Entro metà secolo più degli italiani"
di TULLIA FABIANI
Potrebbe bastare una decina di anni. O forse di più. Ma lo scenario di cambiamento già si profila nettamente: a scuola gli alunni stranieri saranno più numerosi di quelli italiani. Un sorpasso che statistici e demografi prevedono nel 2050; che altri anticipano, e che interroga in ogni caso sui mutamenti e sugli effetti possibili. Rischi e opportunità. Modelli didattici e orizzonti culturali: un sistema complesso di fattori in fermento, destinato a un lungo e delicato rodaggio.
A tale situazione guarda in particolare la Giornata mondiale delle Migrazioni, che la Chiesa cattolica celebra quest'anno il 13 gennaio. "Giovani migranti: risorsa e provocazione" è il tema scelto dalla commissione episcopale per le Migrazioni della Cei. Perché "oggi l'universo dei giovani migranti è molto ampio - sostiene monsignor Piergiorgio Saviola, direttore generale della fondazione Migrantes (http://www. migrantes. it), e si estende al mondo sempre più vasto degli immigrati in Italia, come pure a quelle forme di mobilità umana che sono minoritarie per numero, ma non per i problemi che suscitano e per l'attenzione che meritano".
I dati. In Italia, secondo l'ultimo Dossier statistico Immigrazione di Caritas-Migrantes di Roma, sono 665mila i minori stranieri residenti all'inizio del 2007, mentre circa 560 mila sono gli italiani minorenni emigrati all'estero. "Per quel che riguarda Sinti e Rom - aggiunge monsignor Saviola - ci troviamo di fronte a una realtà molto giovane: una popolazione di circa 120 mila unità, di cui oltre il 40 per cento sotto i 18 anni". Inoltre sono da considerare "le realtà circensi, 6 mila persone e circa 1.500 famiglie, che comprendono approssimativamente 900 giovani, quella lunaparkista: 6mila licenze registrate, 15 mila famiglie, circa 9600 giovani. Infine i marittimi, circa il 50 per cento dei 2 milioni in transito nei centri Stella Maris sono giovani".
Ma a registrare con maggiore evidenza la densità della popolazione giovanile straniera nel nostro Paese è soprattutto la scuola: "Secondo gli ultimi dati del ministero dell'Istruzione - nota Migrantes - gli alunni stranieri nell'anno in corso sono più di 500 mila, circa il 6 per cento della popolazione scolastica". E seppure è difficile fare previsioni precise per il futuro, "pensiamo che il numero sia destinato ad aumentare già fra una decina d'anni - osserva padre Gianromano Gnesotto, direttore nazionale per gli immigrati e i profughi - gli esperti in demografia a statistica prevedono il 2050 come l'anno del 'sorpasso' degli alunni stranieri su quelli italiani, ma potrebbe avvenire anche prima".
Gli scenari possibili. Con quali effetti e quali rischi? "Effetti positivi", valuta padre Gnesotto, "perché la scuola italiana si è posta da tempo obiettivi interculturali, dove le differenze sono non ostacolo ma ricchezza, e cerca di realizzarli". Ormai difficilmente le classi sono monoetniche, e ciò spinge verso un'evoluzione del modello educativo, "perciò la prospettiva può essere solo quella della mediazione tra le diverse culture di cui sono portatori gli alunni". Una sfida obbligata, per la quale secondo Migrantes servono programmi di informazione e aggiornamento per i docenti, e un forte impegno concreto. Del resto, se c'è plauso per le scelte di indirizzo ministeriale, avviate da tempo e confermate ad esempio dal recente documento "La via italiana alla scuola interculturale", dove si assume la diversità "come paradigma dell'identità stessa della scuola, occasione di apertura a tutte le differenze" si chiede però che l'idea non resti solo sulla carta.
"Nelle scuole italiane sono presenti 192 nazioni su 194 (mancano solo Lesotho e Vanuatu) - evidenzia Gnesotto - con una molteplicità di lingue, culture e abitudini. È dunque un contesto molto ricco e variegato, e la scuola ha il compito di superare il monoculturalismo, ed essere un luogo in cui si rende equilibrato il rapporto con la diversità". In genere, il primo approccio dei ragazzi e delle famiglie italiane è infatti quello che si ha quando si è abituati a una monocultura: sospetto, paura, diffidenza, a volte disprezzo. "Poi però grazie all'incontro reale tra le persone, l'atteggiamento cambia profondamente e si riconosce la ricchezza del confronto e del dialogo". Ecco la direzione auspicabile. Un indirizzo che non elude anche scelte politiche e civili precise: "Il discorso della cittadinanza è fondamentale - precisa padre Gnesotto - molti giovani vivono questa limitazione con estremo disagio. Chi nasce in Italia da genitori stranieri deve essere riconosciuto come italiano. La cittadinanza deve discendere dallo "ius soli" e non più "ius sanguinis", e noi crediamo sia giunto il momento per questo passaggio".