Il professore (digitale) va al congresso

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Il professore (digitale) va al congresso

Messaggiodi edscuola » 21 ottobre 2010, 13:37

da LASTAMPA.it

Il professore (digitale) va al congresso

Come conquistare la net generation e rinnovare imprese e pubblica amministrazione: la Società Italiana di E-learning si interroga sulle nuove tecnologie. A Milano, dal 20 al 22 ottobre
CLAUDIO LEONARDI

Se la parola e-learning vi suona sconosciuta o addirittura esotica, non preoccupatevi: sulle tecniche di insegnamento basate sulle nuove tecnologie, soprattutto in Italia, sono i docenti per primi a dover andare a scuola a imparare. Lo si è capito fin dalle prime battute del settimo congresso della Società Italiana di e-learning (Sie-l), in corso dal 20 al 22 ottobre presso il Politecnico di Milano.

Il magnifico rettore (uscente) del Politecnico, Giulio Ballio, che ha aperto mercoledì i lavori, si è detto certo che “tra cinque anni la didattica non sarà quella di oggi”. Già, ma cosa sarà? Le domande superano le risposte, in un processo che nel nostro Paese, ma soprattutto all'estero, si sta sviluppando giorno per giorno: corsi online, reti sociali, accesso alle conoscenze, studio a distanza, ma, soprattutto, un nuovo compito per le scuole e per gli insegnanti.

“Gli egiziani chiamano lo studente Telib, che significa 'colui che chiede' – spiega Susanna Sancassani del politecnico milanese – ma cosa chiedono gli studenti oggi?”. In passato era chiaro: contenuti, conoscenze. Domani, ma forse già oggi, non sarà più così. “Il MIT (il Massachussets Institute of Technology, ndr) ha messo online, accessibili liberamente, 1.800 corsi universitari, la Open University fornisce in rete più di ottomila ore di lezione, incrociate e linkate con contenuti della BBC, l'Unesco ha in rete 3.400 corsi online su ogni tema, di cui cento su project management” elenca la Sancassani. Ma c'è anche la Apple, con l'iniziativa iTunes University, che dal maggio 2007 propone contenuti e conoscenze di qualità. Insomma, se si cercano informazioni con pedegree, internet ne è pieno, basta un clic. La domanda degli studenti, dunque, sembra destinata a comprendere anche, se non principalmente, metodi e servizi, e questa è la sfida dell'università del futuro.

Sulla stessa linea l'intervento di Barbara Ongaro dell'Ufficio Scolastico della Regione Lombardia: “I centri del sapere si moltiplicano e sono quasi sempre fuori dalla scuola, ma la scuola ha il compito di insegnare a sistematizzare, a vagliare, a cercare le fonti giuste e originarie della conoscenza”.

Gli obiettivi, dunque, ci sono, ma l'Italia sembra un po' indietro: “Il Global Technolgy Information Forum ci mette al settantesimo posto nell'accesso alla conoscenza reale attraverso le nuove tecnologie” avverte la Ongaro. C'è un problema culturale, certo, ma anche un problema politico: le PMI hanno tagliato sulla formazione, e in sofferenza economica sono pure le istituzioni pubbliche e le scuole. Per questo il congresso della Sie-L coinvolge quest'anno anche le aziende e la pubblica amministrazione, per discutere di esperimenti di condivisione del sapere volti a migliorare il business e di modelli di collaborazione in rete basati anche sui social network e su tutti i servizi resi disponibili da Internet.

Al congresso c'è anche un pezzo di Piemonte, nella presentazione di Maria de Los Angeles Castro del CSI, il consorzio che realizza software per la Regione. Si parla dell'ITIL (Information Technology Infrastructure Library), un modello di service management che ha contribuito a rinnovare la logica industriale del consorzio, introducendo il concetto di Comunità e di condivisione delle conoscenze.

Tra le testimonianze raccolte dal Sie-L ci sono scuole, come la secondaria Aldo Moro di Cernusco, in provincia di Milano, che hanno adottato il metodo wiki (reso celeberrimo dalla Wikipedia) come supporto dell'attività didattica, corsi universitari, come quello in management dell'Università di Pisa, che hanno inglobato un social network studentesco nell'ambiente didattico e ci sono esperienze di serious game, videogiochi che trasformano l'esperienza ludica in metodo di apprendimento. Esperimenti per tentare di intercettare quella che al congresso definiscono la net generation, una generazione di studenti che propone sfide diverse ai docenti e ha caratteristiche differenti da quelle che l'hanno preceduta. Sono migliori? Non necessariamente, ma certamente immersi in una cultura digitale che difetta agli insegnanti e sulla quale è logico chiedere la loro collaborazione. Il futuro rettore del politecnico di Milano, Giovanni Azzone, propone un nuovo identikit per il bravo studente: “In passato era un ascoltatore intelligente, per il futuro dobbiamo prepararlo a essere un cercatore di opportunità fino a diventare un coprogettista dell'ateneo”. Solo così l'università potrà diventare un luogo dove trasmettere “competenze oltre che contenuti”.

Un percorso innovativo che rischia di trovare però molti ostacoli, come testimonia la citazione scelta dalla Ongaro per aprire il suo intervento: “Non v'è opera più incerta e più difficile di quella di chi tenta di abbattere un vecchio ordinamento e introdurne uno nuovo, perché troverà oppositori tra quanti traevano vantaggio dal vecchio ordinamento e tiepidi sostenitori in quelli che trarrebbero vantaggi dal nuovo”. Firmato Machiavelli.
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