da LASTAMPA.it
LA DENUNCIA DELLA CONSULTA PER LA LAICITA' DELLE ISTITUZIONI
Oltre l'ora di religione, niente
In molte scuole non ci sono alternative all'ora di religione
Le scuole non organizzano attività alternative perché non hanno fondi, ma dal ministero risultano essere arrivati circa 38 milioni: «Come sono stati spesi?»
RAPHAËL ZANOTTI
TORINO
Fino a qualche anno fa mandare un figlio in una scuola privata cattolica era una spesa che potevano affrontare solo le famiglie benestanti. E cattoliche, naturalmente. Oggi il paradosso è che educare i propri figli al di fuori dei dettami del cattolicesimo è diventato un lusso. La libertà religiosa, o non religiosa, dei bambini costa. Troppo secondo quanto emerge da un questionario distribuito dalla Consulta per la laicità delle istituzioni. E a farne le spese sono proprio i bambini non cattolici.
Al questionario hanno risposto 170 famiglie che, all’atto di iscrizione a scuole di ogni ordine a grado, avevano chiesto di non far seguire l’ora di religione ai loro figli. Il 77% di loro aveva chiesto che il figlio seguisse delle attività alternative, ma nella metà dei casi la scuola non ha messo in piedi nulla. Perché? Sempre secondo il questionario in tre casi su quattro la scuola ha risposto di non avere fondi. Così - denuncia la Consulta - nella maggior parte dei casi i ragazzi vengono «parcheggiati» in altre classi, quando non addirittura nei corridoi, e un ragazzo su dieci è «costretto a seguire l’ora di religione come “uditore”». Infine, nel dieci per cento dei casi, i genitori hanno denunciato di aver subito pressioni da parte dei dirigenti scolastici perché iscrivessero i figli all’ora di religione.
La Consulta ha deciso di vederci chiaro, anche perché offrire un’alternativa ai bambini che non vogliono avvalersi dell’insegnamento della religione cattolica è un obbligo previsto dalla legge. Ha così ripetutamente chiesto all’Ufficio Scolastico Regionale delucidazioni sui fondi messi a disposizione per istituire attività alternative. Dall’Ufficio scolastico, però, non è giunta risposta.
«A questo punto ci siamo rivolti al Difensore Civico Regionale - fa sapere Tullio Monti, presidente della Consulta - In rappresentanza di dieci diverse associazioni abbiamo presentato un esposto». Esposto al quale il difensore civico, l’avvocato Antonio Caputo, ha risposto di recente, informando la Consulta di essersi attivata per avere informazioni dal Provveditorato e dal ministero dell’Economia e della Finanza.
Secondo quanto risulta al Difensore Civico, infatti, il ministero ha fatto arrivare in Piemonte una pioggia di denaro per finanziare l’ora di religione e le sue alternative. Tra il decreto 289 del 30 dicembre 2008 e il 172 del 19 agosto del 2009 la somma ammonterebbe a oltre 38 milioni di euro. Non si tratta proprio di poche briciole.
Ma allora perché le scuole denunciano di non avere fondi?
È quello che vuole capire la Consulta. E a questo punto anche il Difensore Civico, che nel frattempo ha ricevuto anche l’esposto di una mamma e ha dunque aperto una propria indagine. Il Difensore Civico si è rivolto all’Ufficio Scolastico Regionale e al Ministero delle Finanze chiedendo conto dei fondi disponibili e ai criteri adottati per l’attivazione dell’ora alternativa; in caso di mancata utilizzazione, il motivo di quest’ultima; se le famiglie vengono adeguatamente informate delle alternative che hanno (una parte del questionario della Consulta ha evidenziato carenze anche in questo senso); se le direzioni scolastiche del Piemonte hanno presentato progetti per l’ora alternativa; entro quali criteri si esplica l’autonomia dei vari istituti scolastici per la formazione di graduatorie dei docenti interessati a insegnare attività alternative all’ora di religione e se l’amministrazione non ritenga comunque di dare corso a un’organizzazione sistematica e coordinata, in ambito regionale, dell’insegnamento dell’ora alternativa.
Il Difensore Civico si riserva ogni ulteriore approfondimento sulla questione. Scrive ancora: «Ribadiamo che il diritto all’attivazione dell’insegnamento della cosiddetta ora alternativa si pone quale diritto assoluto che, a pena di ingiustificabili disparità di trattamento, è necessario riconoscere a pieno titolo a tutti gli interessati, secondo il costante insegnamento della giurisprudenza costituzionale e di legittimità».
Il tema è particolarmente delicato, anche perché tra le dieci associazioni che hanno presentato l’esposto non ci sono solo esponenti laici o atei, ma anche gruppi espressioni di diverse culture religiose come l’associazione «31 ottobre per la scuola laica e pluralista promossa dagli evangelici italiani) e il Gruppo studi ebraici. Altre associazioni rappresentano insegnanti, genitori e sindacati di varia estrazione.