SIPeS: Gli alunni con disabilità nella scuola italiana

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SIPeS: Gli alunni con disabilità nella scuola italiana

Messaggiodi edscuola » 2 aprile 2012, 18:51

SIPeS
Società Italiana di Pedagogoa Speciale

La posizione SIPeS sul rapporto dell’Associazione Treelle, Caritas italiana e Fondazione Agnelli, “Gli alunni con disabilità nella scuola italiana: Bilancio e proposte”



Premessa
A seguito della pubblicazione del rapporto sull’integrazione scolastica degli alunni con disabilità, promosso dall’Associazione Treelle, Fondazione Agnelli e Caritas italiana (di seguito indicato come Rapporto), la SIPeS assume la seguente posizione ufficiale.



1. Lo stato dell’integrazione scolastica in Italia

Il Rapporto mette in evidenza come, nella ormai pluridecennale storia dell’integrazione scolastica degli alunni con disabilità, il sistema scuola, nel suo complesso, non sia ancora riuscito a creare efficaci prassi che rispondano in modo equo e stabile ai diritti degli alunni con disabilità e delle loro famiglie. Al processo di integrazione viene riconosciuto il valore civile, i notevoli investimenti in risorse finanziarie ed umane, gli sforzi e la buona volontà di tanti insegnanti ed operatori e alcune ottime esperienze, ma, a fronte di un modello teorico avanzato, il sistema si rivela insoddisfacente nella sua applicazione a causa di:

a) carenze organizzative;
b) scarso controllo qualitativo dei processi;
c) assenza di verifica dei risultati rispetto alle finalità;
d) carenze di governance del sistema nazionale d’integrazione scolastica, che rappresenta circa il 10% dell’intero budget scolastico nazionale.

La SIPeS condivide l’esistenza delle criticità individuate dal Rapporto, pur ritenendo che le situazioni di buone prassi non costituiscano realtà sporadiche, ma siano da ritenere eccezioni possibili, anche all’interno di un’organizzazione scolastica poco efficiente come quella attuale. Al contrario, si reputa opportuno partire proprio dallo studio e dalla conoscenza di tali condizioni, per individuarne limiti e difficoltà ed apportare modifiche qualitative necessarie per una generalizzazione su scala nazionale.



2. Linee progettuali per migliorare la qualità dell’integrazione scolastica

La SIPeS si pone in linea con il Rapporto in relazione alle premesse che ne sono alla base, e ritenute fondamentali per ogni riflessione di tipo organizzativo:

- l’adesione e la coerenza ai valori che sono all’origine della via italiana all’integrazione e che hanno nella legge 517/1977 un imprescindibile punto di riferimento istituzionale (piano dei principi);
- il mantenimento dell’attuale livello di risorse dedicate, sia umane, che tecnologiche, che economiche (piano delle scelte finanziarie).

2.1. La figura dell’insegnante di sostegno

Il Rapporto considera l’ipotesi di un passaggio degli insegnanti di sostegno all’organico normale delle scuole e, contemporaneamente, la creazione di un congruo numero di insegnanti «specialisti» ad alta competenza, con un profilo professionale ad hoc, formati al massimo livello e stabili nel loro ruolo.
In concreto, gli attuali insegnanti specializzati per il sostegno dovrebbero passare gradualmente, con titolarità piena, negli organici ordinari ed essere destinati alle diverse scuole sulla base della lettura dei bisogni a cura delle scuole e della concertazione territoriale delle risorse con il Centro Risorse per l’Integrazione (CRI, si veda punto 3). Parallelamente, su base provinciale o territoriale, dovrebbe essere definito il numero necessario di «specialisti» ad alta competenza con i relativi campi di expertise, che dovrebbero dare supporto tecnico alle scuole senza avere incarichi specifici di insegnamento. In questo modo, l’attuale figura dell’insegnante di sostegno si dovrebbe sdoppiare in due dimensioni operative: la gran parte di essi diventare insegnante curricolare contitolare a tutti gli effetti, assegnato alla scuola e una ristretta parte, rigorosamente selezionata e formata, entrare in una dimensione consulenziale tecnica ad alta competenza.

A livello generale, la SIPeS ritiene che i cambiamenti auspicati non siano conseguenti ad una corretta ed attenta analisi della situazione esistente e, inoltre, non rispondano ad una logica progettuale finalizzata a far interagire l’innovazione in termini di continuità con la realtà delle professionalità formative e educative acquisite nel corso degli ultimi vent’anni.

Nello specifico, si ritiene che svincolare gli insegnanti dalla funzione didattica non consenta quella formazione sul campo legata al confronto quotidiano con i bisogni speciali, la quale rappresenta un elemento irrinunciabile per la crescita professionale. In altre parole, per poter impostare piani educativi individualizzati nella prospettiva del progetto di vita occorre avere contatto con la realtà delle classi, conoscere la vita della scuola, il suo contesto e le sue dinamiche. Uno “specialista”, così come viene proposto nel Rapporto, rischierebbe di essere lontano dalla realtà e anche inefficace nel costruire con le équipe delle risposte congruenti alle situazioni singole. Inoltre si verrebbe probabilmente a determinare il problema del mancato riconoscimento, da parte dei docenti di classe, del ruolo di questi “specialisti”, esterni alle dinamiche della scuola e della classe.
È da considerare inoltre la possibilità che il compito di tutoraggio e di supervisione itinerante, che dovrebbe essere assunto dagli insegnanti “specialisti”, possa essere confuso con un ruolo “psicologico”, lontano dalle vere esigenze della scuola.

Relativamente alla proposta di graduale passaggio degli insegnanti attualmente di sostegno negli organici ordinari per essere destinati alle diverse scuole sulla base della lettura dei bisogni, si ritiene che la politica dominante dei tagli alla spesa potrebbe insinuarsi sfruttando una crepa così consistente del sistema, malgrado le buone intenzioni dei proponenti del Rapporto o le promesse iniziali.

La SIPeS ritiene che la principale modalità attraverso la quale sia possibile ovviare alle problematiche evidenziate dal Rapporto (coordinamento fra insegnanti curricolari e di sostegno e carenze di competenze professionali di entrambe le figure) risieda nella formazione. In un momento in cui, almeno per quanto concerne la scuola dell’infanzia e la scuola primaria, si sta procedendo lungo questa direzione, si ritiene non condivisibile la proposta di modificare l’organizzazione prima ancora di verificarne gli effetti relativi alla formazione iniziale degli insegnanti. Si fa notare che le linee adottate dal nuovo decreto, in merito al percorso formativo dei futuri docenti, risponde ampiamente alle sollecitazioni che la SIPeS aveva espresso con il proprio documento specifico.

Appare condivisibile l’idea che debbano essere valorizzati quegli insegnanti che nel tempo si sono costruiti una specializzazione su diversi aspetti legati alla disabilità (tipologie di minorazione, tecniche e metodologie specifiche ecc.), ma si ritiene che essi debbano rimanere ad operare nelle loro scuole, senza alcun distacco. Si potrebbe costruire una “banca dati” di tali specializzazioni e della loro allocazione a livello territoriale, al fine di poter soddisfare esigenze di vario tipo manifestate dalle scuole. La spiccata preparazione (documentata e riconosciuta debitamente) e la messa a disposizione di tempo aggiuntivo potrebbe dar luogo ad incentivi retributivi.

Si reputa utile considerare l’opportunità di nomine pluriennali sul sostegno per evitare i problemi legati alla scarsa continuità didattica e si ritiene necessario attivare specifici percorsi formativi sull’integrazione per i Dirigenti.


2.2. Abolizione degli effetti scolastici della certificazione sanitaria e nuove modalità di attivazione delle risorse umane e finanziarie

Il Rapporto propone che la lettura dei bisogni di integrazione debba essere fatta dalle scuole in concertazione con il Centro Risorse per l’Integrazione e non più dalle ASL. Il punto chiave dovrebbe essere l’abolizione degli effetti scolastici della certificazione (prevista dall’Atto di indirizzo del febbraio 1994) e la sua sostituzione con un documento iniziale individuale («profilo di funzionamento») costruito su una base bio-psico-sociale. La certificazione ASL non dovrebbe più essere la leva che genera organico aggiuntivo per le scuole. In questo modo -secondo il Rapporto- si verrebbe a determinare un significativo cambiamento di prospettiva nella lettura dei bisogni dell’alunno: da un approccio ancora prevalentemente medico, si passerebbe ad un approccio di natura pedagogica, in grado di considerare tutti i bisogni speciali.

La SIPeS esprime varie perplessità in relazione a questa parte della proposta. Si ritiene, infatti, che l’abolizione per le aziende sanitarie locali dell’obbligatorietà dei compiti previsti dalla legge 104/1992 e dal conseguente Atto di indirizzo del 1994 possa rappresentare una giustificazione per sganciarsi da un ruolo che, in varie situazioni, è stato vissuto con disagio. Al contrario, le buone pratiche con le quali ci si confronta ogni giorno mettono in primo piano l’esigenza di alleanze, che, nel momento in cui si stabiliscono, sono in grado di assicurare realmente esperienze di qualità.
La proposta contenuta nel Rapporto sottolinea questo elemento, ma, come dimostra la storia trentennale dell’integrazione, quando si allenta la tensione sulle istituzioni extrascolastiche, la scuola finisce spesso per rimanere sola.
Si reputa sicuramente necessario che tutti i bisogni educativi speciali vengano considerati e sostenuti da apposite azioni didattiche, ma questa esigenza non può portare allo stravolgimento di tutta l’organizzazione dell’integrazione costruita in tanti anni.
La SIPeS ritiene inoltre che, anche per acquisire competenze al fine di portare un aiuto a tutti i bisogni speciali, si debba puntare sulla formazione come elemento centrale. Le iniziative che avviate in questo momento, legate soprattutto alle nuove normative sui DSA (Master promossi dalle Facoltà di Scienze della Formazione), prevedono una serie di percorsi formativi per tutti gli insegnanti attorno a questi temi. Questa è la strada più corretta per incrementare le competenze della funzione docente.
Oltre ciò, si ritiene che l’esigenza legittima di porre la scuola al centro nella lettura dei bisogni di integrazione dei suoi alunni possa essere ricercata in maniera più opportuna sostenendo la necessità che anche il livello della diagnosi funzionale veda in primo piano la componente dei genitori e quella degli insegnanti, insieme agli specialisti della sanità. Questa posizione parte dal riconoscimento che i passaggi previsti dalla legge 104/1992 e dal conseguente Atto di indirizzo del 1994 sono fondamentali e vanno perfezionati, ma non eliminati. L’esigenza, quindi, è quella di far funzionare meglio le reti potenziando, proprio nella logica dell’empowerment, quello che l’autonomia prevede con l’attivazione di spazi di cooperazione integrata che sappiano collegare certificazione, profilo dinamico funzionale, piano educativo individualizzato e progetto di vita.

La SIPeS ritiene che, nel conferimento delle risorse di sostegno alle scuole, sia importante tenere conto della situazione di gravità dell’allievo. Una volta compiuta l’assegnazione, le risorse dovrebbero essere utilizzate in chiave pedagogico-didattica. D’altra parte, lo stesso schema della condizione di salute secondo ICF prevede di considerare, fra l’altro, le strutture e le funzioni corporee, nonché i fattori contestuali personali.



2.3 Attivazione a livello territoriale di nuovi centri risorse per l’integrazione per il coordinamento e la valorizzazione delle risorse e per l’accompagnamento delle famiglie

Il Rapporto propone che venga istituito il Centro Risorse per l’Integrazione (CRI), nuova struttura autonoma dotata di personalità giuridica ed autonomia amministrativa, a livello provinciale o subprovinciale. Il centro dovrebbe essere coordinato da un proprio dirigente responsabile, disporre di personale tecnico ed amministrativo e assolvere alle seguenti funzioni:

a) gestire e coordinare le risorse e le competenze destinate alle scuole per realizzare i processi di integrazione e collaborare con queste ultime nella definizione dei loro progetti;
b) svolgere un servizio di orientamento a favore degli alunni con disabilità e delle rispettive famiglie, assistendole e accompagnandole nei vari momenti legati a fasi successive di vita e integrazione;
c) svolgere anche la funzione di «sportello unico» per le famiglie degli alunni con disabilità, in modo da garantire un’unica fonte coerente e continua di informazioni e aiuto nell’accompagnamento dalla nascita all’età adulta nel rapporto con la scuola e gli altri servizi e risorse del territorio.

Gli insegnanti “specialisti” dovrebbero dipendere dai CRI, all’interno dei quali dovrebbero prestare servizio quando non impegnati con funzioni di consulenza e tutoraggio nelle scuole. Si prevede inoltre che i CRI debbano attivare un sistema virtuoso di politiche premiali a favore delle scuole che sapranno progettare e realizzare pratiche di integrazione più efficaci e rispondenti ai reali bisogni educativi degli alunni con disabilità.

La SIPeS condivide l’istanza di un migliore coordinamento che riguardi:

1. i processi di valutazione del fabbisogno di risorse interistituzionali per l’integrazione delle scuole;
2. l’assegnazione delle stesse risorse;
3. la proposta di politiche premiali.

Esprime perplessità, tuttavia, sul fatto che tale istanza giustifichi l’impiego di energie (non solo in termini economici) richiesto dall’istituzione di Centri autonomi, con proprio personale (dirigente, insegnanti con elevata specializzazione, personale ATA) e se questi non finiscano, di fatto, per diventare un’ulteriore istanza burocratica, lontana dalla realtà sul campo.
A questo proposito, tali Centri potrebbero rischiare di essere un alter ego, a livello decentrato, dei Servizi Integrazione degli Uffici Scolastici Territoriali provinciali, con i quali è prevedibile una difficile sintonia (analogamente con l’USR). Oltre ciò, non appare semplice, infatti, definire come questa nuova struttura possa coordinarsi con un’istituzione regionale che dovrà affidare le risorse e un coordinamento interministeriale richiamato anche nella proposta.
Per altro verso, tali Centri intercetterebbero il ruolo che oggi la legislazione assegna ai Comuni: quello cioè di coordinare la consulenza-elaborazione del progetto di vita, a vantaggio dei soggetti con disabilità e delle loro famiglie (Legge n. 328/2000).

Inoltre, uno dei criteri indicati dal Rapporto per l’assegnazione delle risorse alle istituzioni scolastiche, su base progettuale, dovrebbe essere l’efficacia ed efficienza della singola scuola rispetto all’azione formativa.
La proposta è parzialmente condivisibile; tuttavia essa potrebbe presentare, come effetto collaterale, il rischio di danneggiare gli utenti interessati: gli studenti, cioè coloro che hanno più bisogno delle risorse. Dunque, si ritiene opportuno ipotizzare altre vie per sollecitare/sostenere/premiare l’efficacia dell’intervento integrativo delle scuole, che non si riverberino negativamente sugli utenti.



2.4. Istituzione di forme di valutazione della qualità dell’integrazione e di pratiche di informazione e ricerca

Il Rapporto prevede che la qualità totale dei percorsi di integrazione sia oggetto di valutazione continua tramite un patto istituzionalizzato tra CRI, singola scuola e famiglie degli alunni con disabilità. Tale collaborazione dovrebbe portare a definire e concordare gli elementi minimi vincolanti in termini strutturali e processuali del sistema (ad esempio tipo di documentazione, numero e modalità di incontri scuola-famiglia, ecc.), nonché le modalità di soddisfazione delle famiglie e di valutazione da parte dei docenti (e, se possibile, da parte degli stessi alunni con disabilità) sui risultati dei percorsi di integrazione, in termini di apprendimenti conseguiti, relazionalità e autonomia dell’alunno. Oltre ciò, il Rapporto propone di monitorare il passaggio dall’attuale sistema a quello proposto attraverso la predisposizione di un protocollo sperimentale.


La SIPeS condivide chiaramente l’esigenza di controllare la qualità dell’integrazione.
Le perplessità riguardano le modalità attuative di tale processo condotto su scala più ampia sotto la regia del CRI. Si fa notare che il controllo della qualità dell’integrazione scolastica è già previsto nell’attuale organizzazione, ed in alcuni contesti viene già sviluppato da singole scuole.
Sicuramente condivisibile risulta inoltre la prospettiva di valutare l’efficacia del nuovo sistema organizzativo attraverso una specifica ricerca. Il problema, anche in questo caso, è relativo alle modalità attraverso le quali implementare tale ricerca.
Il numero delle variabili e la loro difficile definizione, infatti, richiederebbe un periodo lungo di sperimentazione, non meno di cinque anni. Oltre alla difficoltà di selezionare campioni rappresentativi, infatti, risultano problematici da valutare, a breve termine, gli effetti del nuovo modello sugli allievi e sull’organizzazione. In più, alcune variabili di sistema potrebbero dare effetti negativi non nell’immediato, ma dopo un certo lasso di tempo (si pensi alla possibile riduzione di risorse, al probabile disimpegno progressivo delle ASL o alla difficoltà di gestire i rapporti fra insegnanti comuni e consulenti, prima colleghi e ora in scala gerarchica, almeno dal punto di vista funzionale).

La SIPeS potrebbe impegnarsi per definire un protocollo di valutazione della qualità dell’integrazione da sviluppare sul territorio nazionale. Valutazione, monitoraggio centrale, sistema per la qualità, sono principi validi ed interessanti, basta porli in atto, avere una concezione e delle procedure di riferimento.
Si ritiene che la SIPES possa rappresentare l’istituzione scientifica più adeguata per lanciare un Syllabus in materia.
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