ANDIS: VIII CONGRESSO NAZIONALE

Rassegna Stampa e News su Scuola e Sindacato

ANDIS: VIII CONGRESSO NAZIONALE

Messaggiodi edscuola » 20 dicembre 2009, 12:25

VIII CONGRESSO NAZIONALE
Leadership educativa – leadership manageriale del dirigente scolastico
Capacità e competenze per i cambiamenti ordinamentali e istituzionali


Premessa

Quando avviammo il percorso di questo nostro VIII Congresso Nazionale, nel pieno di una crisi profonda della scuola italiana, surriscaldato da tensioni diffuse, da incertezze sul presente e sul futuro, veniva spontaneo interrogarsi su come i dirigenti scolastici, frustrati da anni di incomprensione e di nuova solitudine, avrebbero accolto l’invito a partecipare ad un lungo processo di costruzione di un dibattito spalmato in tutti i luoghi possibili del nostro Paese.
Era possibile rubare tempo ad una professione per la quale il tempo non basta mai per dedicarne una parte ad interrogarsi tutti insieme sul nostro modo d’essere dirigenti e protagonisti in un’associazione come l’Andis che pretende energia e vigore?
Una grande sfida la nostra!
Diffusamente raccolta!
Abbiamo continuato a navigare in mare aperto senza scialuppe di salvataggio, con il vento che ha spirato incessantemente contro. Abbiamo preferito guardare la bellezza del mare, i larghi orizzonti, togliendo le bustine di plastica dall’oceano, mentre le petroliere scaricavano veleni e qualche volta si abbandonavano le petroliere stesse.
Utopia di sognatori: piantare fiori nel deserto e camomilla in mezzo al traffico cittadino, ma se la scuola rinuncia a immaginare il futuro, se smette di stampare a colori le circolari dell’anno che verrà, il presente grigio e limaccioso rischia di sommergere non solo la quotidianità triste che incombe, ma qualsiasi speranza che è testamento per l’avvenire.
Un’utopia che in tutti i luoghi è diventata riscoperta degli entusiasmi antichi, delle solide radici immerse nel terreno della scuola viva, una scuola che resiste alle provocazioni, alle cicatrici inferte con l’accetta e che ancora travolge ignoranza e pressappochismo e si libra nel futuro.
Ogni congresso locale è diventato un momento festoso, audace, animato da confronti cavallereschi, ormai scomparsi dal panorama politico e sindacale del nostro Paese.
Congressi di memoria, di ricordi positivi, di emozioni intensamente vissute insieme, di colleganza solidale mai sfociata nella fredda corporazione.
L’Andis ha saputo guardare con occhi commossi la propria storia ed ha cercato di scriverne di nuove e diverse, cambiando gli attori ed i protagonisti, ma guardando sempre nella stessa condivisa direzione.
Siamo al 21° anno di presenza organizzata della nostra Associazione, che in quest’ultimo triennio si è arricchita con l’apporto di numerosi nuovi dirigenti che hanno affiancato i colleghi collocati sì a riposo, ma sempre attenti alle sorti dell’Andis e della scuola nel nostro Paese.
Dall’ultimo nostro congresso nazionale si sono avvicendati tre governi e tre ministri dell’istruzione, che hanno segnato da un lato una discontinuità nel campo del sistema formativo rincorrendo esasperati cambiamenti, che in molti casi nessuno invocava, e dall’altro una continuità deludente nella scarsa valorizzazione del dirigente scolastico, figura cardine di qualsiasi processo innovativo e migliorativo del sistema.

I nostri due ultimi congressi, a Riccione e Roma-Gualdo Tadino, hanno delineato un’associazione concorde ed unita nelle sue scelte di fondo, aperta e libera, collaborativa e critica, che vede la scuola con gli occhi del dirigente, occhi mai appannati da pregiudizi preventivi, la scuola reale, l’esaltante, complessa macchina organizzativa e fortemente educativa, che apre i suoi battenti miracolosamente tutti i giorni
L’ANDIS ripropone anche qui il suo codice etico, con l’impegno di avviare una nuova riflessione sui suoi contenuti, coinvolgendo non soltanto i tanti nuovi e vecchi iscritti, ma tutti i dirigenti scolastici d’Italia.


La leadership del dirigente scolastico

Abbiamo voluto titolare questo nostro 8° Congresso Nazionale Leadership educativa – leadership manageriale del dirigente scolastico: Capacità e competenze per i cambiamenti ordinamentali e istituzionali.
La leadership educativa del dirigente scolastico è piena di interferenze diffuse, è una leadership ragionata e comprensibile, che fa capire il senso delle scelte, che non ha bisogno di abbandoni fideistici né di respingere le ragioni degli altri.
Ed è una leadership che si esercita nell’istituzione scolastica autonoma con le sue specificità, la sua identità che aspira a consolidare, i suoi compiti pedagogici e relazionali, il suo stile democratico e non autoritario.
La leadership del dirigente scolastico non deriva dal suo essere formalmente dirigente, dal suo potere burocratico, gerarchico, ma in primo luogo dalla riconoscibilità diffusa, pubblicamente rilevata dalla quotidiana competenza nell’esercizio della professione.
Una competenza che si lega alla stima, al credito, alla fiducia, all’autorevolezza che si riesce ad esercitare nei confronti dei docenti, degli studenti, del personale dell’istituzione, delle famiglie, della comunità, soprattutto nel momento attuale, in cui sembrano perdersi ogni giorno valori consolidati da secoli di storia e di civiltà.
Il leader educativo è in primo luogo promotore di innovazione, di trasformazioni positive che cambiano gradualmente ma incessantemente il sistema, lo modernizzano e lo migliorano, lo fanno evolvere e progredire.
La leadership del dirigente scolastico si caratterizza anche per la sua carica collaborativa e diffusiva, tesa a coinvolgere il maggior numero dei soggetti, rendendoli attivi, responsabili, originali e non meri, passivi esecutori di decisioni solitarie e astruse, con l’intento di cercare insieme la soluzione migliore per tutti, in primo luogo per la riuscita dell’azione educativa.
Il dirigente deve saper creare un clima positivo, incoraggiare col suo esempio efficaci relazioni interpersonali, valorizzare eccellenze, promuovere comportamenti e condotte professionali responsabili, far acquisire la capacità di ascoltare, dialogare, confrontarsi a tutto campo, dar conto, gestire le incomprensioni e i conflitti.
Nelle scuole il dire e il fare sono termini correlati, logici, consequenziali. Le parole senza azioni naufragano miseramente nello spazio di un mattino.
La leadership non può essere orientata soltanto al compito ed ai risultati dell’impegno, ma deve permeare i rapporti umani e valorizzare le competenze di ciascuno, sempre che il reclutamento affidi alle istituzioni scolastiche personale adatto allo scopo, cosa che ordinariamente non avviene, anche per le figure che hanno delicate responsabilità, come i direttori dei servizi generali ed amministrativi che, in base ad accordi sindacali condivisi dall’amministrazione scolastica, ogni anno, compreso quello in corso, ne abbassano i requisiti di accesso e ne eludono qualsiasi forma di accertamento preventivo.

Come bene ha detto il Presidente della Repubblica nel suo messaggio alla cerimonia d’inaugurazione di quest’anno scolastico, qualche successo effimero si può anche ottenere per caso, con compromessi o con l'inganno, ma solo il duro lavoro dà risultati duraturi, in tutti i campi. E solo quando non si lavora solo per se stessi si ottengono risultati appaganti: solo quando si lavora per la comunità, per il paese.

Sul ruolo decisivo del dirigente scolastico nella caratterizzazione del particolare e proficuo clima organizzativo e relazionale nell’istituzione scolastica, tutte le ricerche nazionali ed internazionali convergono.
Tale ambiente positivo non è importante soltanto per assicurare ai docenti ed al personale amministrativo le condizioni migliori per svolgere efficacemente il ruolo al quale sono preposti, ma è altresì fattore decisivo per agevolare i processi di apprendimento da parte degli alunni.
Il management scolastico è, a nostro avviso, lo strumento di una leadership educativa diffusa tra gli operatori e capace di penetrare sul territorio.
Questo ruolo è stato finora disconosciuto dalla stessa Amministrazione Scolastica, che non ha avuto il coraggio, e nessun decisore politico glielo ha chiesto, di valorizzare il ruolo e l’azione dei dirigenti scolastici, professionisti indispensabili per verificare le condizioni di fattibilità dei provvedimenti amministrativi ed espressione autentica ed autorevole della comunità professionale impegnata a realizzare in maniera autonoma le finalità del servizio pubblico.
Se si continuerà a considerare il dirigente scolastico passivo presidio periferico, esecutore e gendarme di norme decise altrove, si condannerà a morte per asfissia la scuola pubblica.
Identificare le condizioni interne ed esterne, comparare le strategie, reperire le risorse finanziarie ed umane necessarie, valutare le prestazioni sono elementi determinanti per la professionalità e vanno costantemente aggiornati e rapportati alle decisioni politiche.
Il Decreto Legislativo del 27 ottobre 2009, n. 150 – entrato in vigore dal 15 novembre scorso – che attua la legge del 4 marzo 2009, n. 15 in materia di ottimizzazione della produttività del lavoro pubblico e di efficienza e trasparenza delle pubbliche amministrazioni ridisegna regole e procedure per la contrattazione, interviene sulla mobilità del personale, sugli organici, il reclutamento, la valutazione.
E’ intendimento dell’Associazione promuovere da subito una riflessione approfondita sulla materia e già è stato calendarizzato un incontro per il prossimo mese di gennaio.
In particolare l’ANDIS vuole approfondire gli articoli dedicati alla dirigenza pubblica (quelli che vanno dal 37 al 47), soprattutto per i riflessi sulla responsabilità dirigenziale, i nuovi poteri ed i conseguenti oneri nella gestione delle risorse umane, la valutazione del personale, le possibilità concrete di promuovere il merito attraverso le procedure di valutazione ed i compensi aggiuntivi.
Rispetto alle altre amministrazioni pubbliche, la scuola già da anni nella contrattazione d’istituto non assegna a tutti le modeste risorse disponibili, ma riconosce l’effettiva partecipazione ad attività al di fuori dell’orario di servizio obbligatorio.

La genesi dell’associazionismo dei dirigenti

Dalla legge delega del 1973, ai decreti delegati dell’anno successivo è iniziata una profonda trasformazione della scuola, che ha modificato la cultura professionale del dirigente scolastico, ridefinendone di fatto, prima ancora che di diritto, il proprio ruolo all’interno della nuova comunità educante, prefigurata anche come centro propulsore di sperimentazione e di ricerca, indispensabili per produrre cambiamenti efficaci e convincenti.
Si costruì così sul campo e nella pratica quotidiana una nuova figura dirigenziale che provocò una riflessione diffusa, coinvolgendo quasi l’intera categoria degli allora presidi e direttori didattici.
I primi tentativi di associazionismo professionale, che avevano dentro anche la rappresentanza delle scuole e le rivendicazioni sindacali (il sindacato si accorse solo in ritardo, faticosamente e contraddittoriamente di quanto stava avvenendo), sfociarono in consulte, associazioni provinciali, coordinamenti per giungere poi, in tempi anche brevi, a grandi aggregazioni professionali, che vollero prefigurare, interpretare e definire il nuovo profilo dirigenziale che doveva necessariamente superare l’ormai anacronistica figura direttiva, meramente esecutiva, con scarsi poteri autonomi, senza possibilità manageriali e relazionali.
Si posero le basi teoriche e le rivendicazioni conseguenti all’ autonomia delle scuole ed alla figura dirigenziale.
L’ANDIS ha seguito, soprattutto alla fine degli anni ’80, un percorso parallelo all’ANP, convergente in alcuni obiettivi di fondo, diverso nelle forme organizzative e di rappresentanza, avendo continuato l’ANDIS a mantenere la sua natura di associazione professionale, cercando di occupare lo spazio professionale, un luogo sicuramente difficile e talvolta non immediatamente percepibile, ma pure indispensabile per una continua evoluzione del ruolo.


Il dirigente scolastico

La dirigenza per la quale abbiamo speso le nostre energie, nella fase propedeutica ed in quella di avvio non voleva e non vuole avere i connotati di una dirigenza meramente amministrativa, senza la caratterizzazione educazionale.
Lo stato debole degli ultimi anni, più che promuovere un nuovo protagonismo funzionale ed etico del decentramento, ha moltiplicato i centri di potere spesso autoreferenziali, soprattutto nel mezzogiorno d’Italia, con scarsa qualità di programmazione e diffusa incapacità di interpretare e raccordare le politiche territoriali.
I riflessi sulla scuola e sul ruolo del dirigente scolastico sono evidenti, in primo luogo perché sembra di parlare a sordi. In molte realtà il dirigente è l’unico con competenze tecniche specifiche, gli interlocutori sono impantanati in logiche di potere e di acquisizione del consenso, che non sempre possono conciliarsi col respiro ampio delle scelte educative e la necessità di investimenti che necessitano di tempi lunghi e non hanno l’immediata percezione dell’opera finita.
Il disconoscimento di fatto del ruolo delle scuole autonome, pure costituzionalmente garantito, accomuna spesso governi centrali e locali, la stessa amministrazione scolastica nelle sue troppe articolazioni, con una sorta di autarchica autosufficienza che produce dimensionamenti sballati della rete scolastica, anche poco rispettosi delle norme stesse, incoerente assegnazione delle risorse, duplicazioni di interventi, nessun raccordo con l’azione reale delle scuole.
E che dire delle contrattazioni decentrate, non coordinate da osservatori e monitoraggi adeguati, che di fatto stravolgono intese nazionali, accumulano ritardi e disagi che provocano disagi, scoramento, sfiducia e in qualche caso la paralisi di alcune scuole più deboli.
Per affrontare questi problemi, riteniamo indispensabile far riferimento al codice etico che l’ANDIS si è dato subito dopo il congresso di Riccione del 2002 e che va socializzato con la consistente nuova leva di dirigenti che nell’ultimo triennio ha coperto le sedi vacanti. Tale codice, immutabile sicuramente nei suoi aspetti fondamentali, va comunque rivisitato ed in questo senso può esservi un esplicito impegno da parte del congresso che stiamo celebrando.
Continuiamo a pensare che il dirigente scolastico non può essere l’unico interprete della scuola autonoma, ma sicuramente senza il suo autorevole protagonismo la concertazione della programmazione territoriale dell’offerta formativa non decolla. E non decolla soprattutto laddove gli enti locali sono deboli, assenti o dediti solo a chilometriche ordinanze. Come qualcuna delle più recenti che disciplina le modalità di rendere i saluti di cordoglio, le strette di mani, lo scambio di baci e abbracci nelle cappelle cimiteriali e nelle abitazioni dei defunti, i cortei funebri, ritenendo forse giustamente che il diffondersi della pandemia influenzale A vada fermato prima del ricovero ospedaliero, dove il pericolo di morte è in agguato se i primari, gli infermieri e tutto il mastodontico apparato è stato predisposto per tutelare le clientele, più che assicurare la salute.


La rappresentanza delle scuole

Il ruolo del dirigente scolastico é più forte ed autorevole se l’intero sistema marcia nella direzione della promozione culturale e pone al centro dei suoi interessi la formazione e il futuro delle giovani generazioni. Per fare questo occorre evitare contrapposizioni inutili e dannose con gli organi collegiali, che vanno con urgenza raccordati alle norme sopravvenute con l’autonomia e la dirigenza scolastica e definire il rapporto con le rappresentanze delle scuole autonome.
Tale rappresentanza va riconosciuta e consolidata, trovando le forme proprie del suo ruolo, evitando confusioni e sovrapposizioni sui compiti da svolgere.
Bisogna chiudere il capitolo della rappresentanza di ripiego, il cimitero degli elefanti ove si mandano a chiudere la carriera dirigenti esausti o trombati negli organismi sindacali.
Anche su questo terreno l’ANDIS ha avviato una ricerca ed un confronto a tutto campo, con l’unico intento di contribuire a migliorare la condizione tristissima di tante scuole abbandonate al loro destino.
L’ANDIS ha dato il suo sostegno convinto al rafforzamento delle associazioni di scuole, pur considerando che in alcune realtà prevale ancora la logica dell’orticello ove sistemare chi non ha trovato posto nella direzione di qualche sindacato e si rapporta organicamente più con l’organizzazione sindacale che lo sostiene che con le scuole che dovrebbe rappresentare.
Una Federazione delle Scuole Autonome, da ripensare sulla scorta delle esperienze positive che fin qui si sono realizzate, può rafforzare l’autonomia delle scuole sul territorio, valorizzarne l’offerta formativa, difenderle contro i vecchi e nuovi centralismi.
Il sostegno alle federazioni di scuole non deve esser letto, all’interno e fuori dall’Andis, come abdicazione al ruolo storicamente definito di soggetto che cura il ruolo e l’azione del dirigente scolastico e ne esalta la professionalità continuamente minacciata.
I dirigenti dell’ANDIS vogliono agevolare il protagonismo delle scuole nella costruzione di una nuova governance territoriale, che coinvolga tutti i soggetti istituzionali e sociali, ma in primo luogo la scuola.
Non vi devono essere territori proibiti per l’Associazione, abbiamo sostenuto nel nostro documento propedeutico a questo congresso e qui con convinzione nuovamente ribadiamo, come pure riaffermiamo che l’ANDIS non vuole essere soggetto di contrattazione, né intende rappresentare le scuole.
L’ANDIS rappresenta i dirigenti scolastici, la loro forza, l’impegno, l’abnegazione, il coraggio, la libertà, l’anima.
L’ANDIS esplicitamente condanna la confusione che alcune sezioni provinciali di rappresentanza delle scuole autonome stanno ingenerando, organizzando anche corsi di preparazione a concorsi, che nulla hanno a che vedere con gli scopi delle associazioni di scuole.
E’ necessario fare chiarezza, perché dove c'é chiarezza e rispetto, tutte le organizzazioni collaborano e concorrono allo sviluppo del sistema.
Se invece restiamo nell’indeterminatezza e nella confusione, piombiamo tutti nel caos e ripercorriamo vecchie strade in cui ognuno è uno, nessuno e centomila (per citare Pirandello).
E per rimanere nel campo letterario, ricordiamo che Leonardo Sciascia scrisse un romanzo giallo "A ciascuno il suo"... che in questo caso è sicuramente appropriato.


L’emergenza formativa

La drammaticità della crisi di questi ultimi anni, la mancanza di prospettive per le giovani generazioni, la crisi del sistema produttivo e la perdita di posti di lavoro, le stesse tensioni che hanno riguardato il personale della scuola, con una drastica riduzione delle risorse umane, la percezione che i cambiamenti fossero dettati molto da motivi economici e poco da intenti riformatori, hanno messo in secondo piano l’emergenza formativa che pure è emergenza nazionale.
I nostri appelli che con periodica puntualità abbiamo lanciato dai convegni, dalle riunioni degli organi statutari, dalle nostre scuole per maggiori investimenti per la formazione o meglio dire, con i tempi che corrono, per usare più il bisturi che l’accetta nei tagli, sono rimasti purtroppo inascoltati.
Così come si sono dispersi nell’oceano i nostri messaggi affidati a bottiglie che nessuno ha raccolto per il miglioramento dell’etica pubblica, sicuramente peggiorata negli ultimi anni, arricchendosi di gossip e di colorazioni equivoche che hanno fatto emergere i vizietti privati sulle prime pagine dei giornali, disorientando anche gli ultimi sopravvissuti che credevano alle pubbliche virtù.
La scuola italiana del nuovo secolo avrebbe dovuto slanciarsi verso mete ambiziose, anche grazie al sistema dell’autonomia che aveva generato nuovi entusiasmi e maggiore fiducia nelle capacità della scuola stessa di migliorare gli esiti di apprendimento dei giovani.
E invece continua a peggiorare il rapporto tra l’essere stati bravi, ottimi studenti e il riconoscimento dignitoso nella retribuzione e nella società.
La percezione diffusa, che diventa ogni giorno di più realtà consolidata, dà nettamente prevalente l’appartenenza sulla bravura e la competenza.
Come argutamente scriveva qualche settimana fa un giornalista, l’ossessione di avere “uno nostro” nei posti chiave della pubblica amministrazione, applica la perversa, convinta commistione tra legittimità dell’azione politica con l’obbligo di legalità di quella amministrativa.
Un tempo ormai lontano non lavorava chi non ne aveva voglia o aveva una bassa qualificazione, oggi i disoccupati sono soprattutto intellettuali e sempre più giovani dotati di preparazione e di voglia di fare.
L’incapacità di prevedere un futuro dignitoso, soprattutto nel Mezzogiorno d’Italia, sta svuotando come negli anni ’50 interi paesi, in primo luogo di collina e di montagna, lasciando vegetare soltanto i pensionati.
Anassagora diceva di essere al mondo per ammirare il sole, ma sicuramente ai tempi d’oggi non può essere l’unica occupazione nella vita.
In una situazione come questa, il ponte sullo stretto può solo agevolare la fuga verso l’estero, accorciando i tempi dell’addio.
Sicuramente la corsa più veloce riduce i momenti di commozione e della lacrima furtiva, come si diceva una volta.
La sottovalutazione del problema, la caduta dell’idea di una scuola fonte di produttività sociale, di ascensore che va verso l’alto e non precipita, coinvolge sicuramente più responsabilità, ma il dato che ci preoccupa di più è la caduta verticale della motivazione allo studio e la fiducia delle famiglie verso le istituzioni.
Ai giovani rischia di non dire più nulla l’esempio di Alfieri, che volle perseverare con tenacia nello studio, abbandonando la vita oziosa e spensierata.
Anni di impegno serio, di sacrifici e di rigore rischiano di essere banalizzati da una società che consente scorciatoie, successo, potere e ricchezza a chi si dedica ad altre occupazioni, più semplici ed efficaci, con nuove definizioni più accattivanti e che hanno perduto il ripudio morale dei contemporanei.
Sui finanziamenti alla ricerca c’è troppa differenza tra parole e fatti, lo ha ripetuto qualche giorno fa il Presidente della Repubblica, "spesso per passare dalle enunciazioni ai fatti ci sono differenze notevoli", aggiungendo che “Per uscire dalla crisi in condizioni migliori è fondamentale investire in innovazione e ricerca" perché su questo terreno "si giocherà il nostro futuro".
E profonda impressione ha destato in noi tutti, ma ancora di più negli studenti che stancamente continuano ad occupare scuole ed in quelli che hanno concluso gli studi, la lettera di Pier Luigi Celli, direttore generale della Libera Università internazionale degli studi sociali Luiss Guido Carli e già direttore generale della Rai.
L’autorevole rappresentante di questa prestigiosa università, che pure ha il numero programmato, la prova di ammissione all’ingresso, la frequenza obbligatoria a tempo pieno ha scritto al proprio figlio così:
Figlio mio,
stai per finire la tua Università; sei stato bravo. Non ho rimproveri da farti. Finisci in tempo e bene: molto più di quello che tua madre e io ci aspettassimo. È per questo che ti parlo con amarezza, pensando a quello che ora ti aspetta. Questo Paese, il tuo Paese, non è più un posto in cui sia possibile stare con orgoglio.

Puoi solo immaginare la sofferenza con cui ti dico queste cose e la preoccupazione per un futuro che finirà con lo spezzare le dolci consuetudini del nostro vivere uniti, come è avvenuto per tutti questi lunghi anni. Ma non posso, onestamente, nascondere quello che ho lungamente meditato. Ti conosco abbastanza per sapere quanto sia forte il tuo senso di giustizia, la voglia di arrivare ai risultati, il sentimento degli amici da tenere insieme, buoni e meno buoni che siano. E, ancora, l'idea che lo studio duro sia la sola strada per renderti credibile e affidabile nel lavoro che incontrerai.
Ecco, guardati attorno. Quello che puoi vedere è che tutto questo ha sempre meno valore in una Società divisa, rissosa, fortemente individualista, pronta a svendere i minimi valori di solidarietà e di onestà, in cambio di un riconoscimento degli interessi personali, di prebende discutibili; di carriere feroci fatte su meriti inesistenti. A meno che non sia un merito l'affiliazione, politica, di clan, familistica: poco fa la differenza.

Questo è un Paese in cui, se ti va bene, comincerai guadagnando un decimo di un portaborse qualunque; un centesimo di una velina o di un tronista; forse poco più di un millesimo di un grande manager che ha all'attivo disavventure e fallimenti che non pagherà mai. E' anche un Paese in cui, per viaggiare, devi augurarti che l'Alitalia non si metta in testa di fare l'azienda seria chiedendo ai suoi dipendenti il rispetto dell'orario, perché allora ti potrebbe capitare di vederti annullare ogni volo per giorni interi, passando il tuo tempo in attesa di una informazione (o di una scusa) che non arriverà. E d'altra parte, come potrebbe essere diversamente, se questo è l'unico Paese in cui una compagnia aerea di Stato, tecnicamente fallita per non aver saputo stare sul mercato, è stata privatizzata regalandole il Monopolio, e così costringendo i suoi vertici alla paralisi di fronte a dipendenti che non crederanno mai più di essere a rischio.

Credimi, se ti guardi intorno e se giri un po', non troverai molte ragioni per rincuorarti. Incapperai nei destini gloriosi di chi, avendo fatto magari il taxista, si vede premiato - per ragioni intuibili - con un Consiglio di Amministrazione, o non sapendo nulla di elettricità, gas ed energie varie, accede imperterrito al vertice di una Multiutility. Non varrà nulla avere la fedina immacolata, se ci sono ragioni sufficienti che lavorano su altri terreni, in grado di spingerti a incarichi delicati, magari critici per i destini industriali del Paese. Questo è un Paese in cui nessuno sembra destinato a pagare per gli errori fatti; figurarsi se si vorrà tirare indietro pensando che non gli tocchi un posto superiore, una volta officiato, per raccomandazione, a qualsiasi incarico. Potrei continuare all'infinito, annoiandoti e deprimendomi.

Per questo, col cuore che soffre più che mai, il mio consiglio è che tu, finiti i tuoi studi, prenda la strada dell'estero. Scegli di andare dove ha ancora un valore la lealtà, il rispetto, il riconoscimento del merito e dei risultati. Probabilmente non sarà tutto oro, questo no. Capiterà anche che, spesso, ti prenderà la nostalgia del tuo Paese e, mi auguro, anche dei tuoi vecchi. E tu cercherai di venirci a patti, per fare quello per cui ti sei preparato per anni.

Dammi retta, questo è un Paese che non ti merita. Avremmo voluto che fosse diverso e abbiamo fallito. Anche noi. Tu hai diritto di vivere diversamente, senza chiederti, ad esempio, se quello che dici o scrivi può disturbare qualcuno di questi mediocri che contano, col rischio di essere messo nel mirino, magari subdolamente, e trovarti emarginato senza capire perché.

Adesso che ti ho detto quanto avrei voluto evitare con tutte le mie forze, io lo so, lo prevedo, quello che vorresti rispondermi. Ti conosco e ti voglio bene anche per questo. Mi dirai che è tutto vero, che le cose stanno proprio così, che anche a te fanno schifo, ma che tu, proprio per questo, non gliela darai vinta. Tutto qui. E non so, credimi, se preoccuparmi di più per questa tua ostinazione, o rallegrarmi per aver trovato il modo di non deludermi, assecondando le mie amarezze.

Preparati comunque a soffrire.

Con affetto,

tuo padre

L’impressione fortissima è stata provocata in quanto l’autore non è il napoletano esasperato che periodicamente invita il figlio a scappare perché tra spazzatura, disordine e camorra trova poche ragioni di vita, né il bracciante calabrese stanco di trovare occupazione soltanto col rogo delle montagne e senza prospettive per il futuro.
Qui siamo a una presa di coscienza che travalica le vicende personali di ognuno e mette a fuoco la tristezza profonda del tempo presente e l’incapacità diffusa di trovare soluzione e di dare risposte.
Un mondo reale che viene trasfigurato ogni giorno da telegiornali cretini e da dibattiti su argomenti che nulla hanno a che vedere con l’esasperazione globale che cresce sotto le ceneri e che s’avverte non solo perché si spende poco, ma perché sta crollando fragorosamente la speranza nel futuro.
Certo, il padre può consolarsi, perché riprendendo una bellissima e troppo poco studiata poesia di Camillo Sbarbaro, il figlio risponderebbe:
Padre, se anche tu non fossi il mio padre, per te stesso, egualmente t'amerei.
Ma la prosa quotidiana è, come abbiamo visto, molto diversa ed incombe sulla scuola, sul suo essere luogo di istruzione, di formazione, di cultura e di vita.

Il dirigente e l’Europa
L’annuale relazione della Commissione Europea sui progressi realizzati in vista degli obiettivi di Lisbona nel campo dell'istruzione e della formazione, prendendo in esame i progressi compiuti dagli Stati membri evidenzia un miglioramento generalizzato dei risultati, però i progressi sono eccessivamente lenti, quindi ci si sta rassegnando al mancato raggiungimento di buona parte degli obiettivi di Lisbona previsti per il 2010.
Se si eccettua l'aumento del numero di laureati in materie scientifiche, segnano il passo l'educazione permanente (il 30% dei cittadini europei ha ancora, comunque, una bassa scolarizzazione), il contenimento della dispersione scolastica e il conseguimento del diploma di scuola superiore da parte degli studenti iscritti.
Gli Stati membri dell'UE dovrebbero investire in media più di 10.000 euro supplementari per studente all'anno nell'ambito dell'istruzione superiore per raggiungere i livelli degli USA
E dall’anno 2000 è addirittura in discesa la capacità di lettura dei quindicenni.
Nuove speranze ci dà l’elezione di Van Rompuy alla carica di presidente del Consiglio europeo. E’ una straordinaria novità, perché non è un politico di professione, né un miliardario che invade il campo, ma un poeta prestato alla politica.
Un segnale importante che rivoluziona l’attuale tendenza che immagina solo i detentori del potere economico o di quello mediatico a reggere le sorti delle nazioni.
L’Europa ha un presidente con un passato da mediatore riflessivo, più che da politico consumato e populista.
Ama ripetere che "la politica non è tutto nella vita", probabilmente pensando a cose ugualmente nobili e alte.
A lui l’ANDIS rivolge un saluto benaugurante e confida in un impegno senza limiti per realizzare compiutamente il sogno europeo.
La Corte europea dei diritti dell'uomo di Strasburgo, accogliendo il ricorso presentato da una cittadina italiana di origine finlandese, ha stabilito che «La presenza dei crocefissi nelle aule scolastiche costituisce «una violazione del diritto dei genitori a educare i figli secondo le loro convinzioni» e una violazione alla «libertà di religione degli alunni».
Il ministro dell'Istruzione ha annunciato che il governo ha presentato ricorso contro la sentenza, il Vaticano ha espresso «stupore e rammarico», la CEI ha protestato.
Fin qui tutto normale, ognuno ha svolto il suo ruolo: il cittadino ricorre, la corte emette sentenze, il governo fa ricorso, la chiesa difende le sue prerogative.
Al di là della vicenda, che qui non approfondiamo, rispettosi da un lato delle sentenze, dall’altro della riconferma della laicità dello stato e dall’altro ancora dei sentimenti religiosi che tanti ritengono offesi ed in attesa degli esiti del ricorso e di tutte le altre complesse procedure, vogliamo solo sottolineare come anche questo episodio ha fatto emergere la rozzezza di alcuni comportamenti verso i dirigenti scolastici.
Il caso è sorto proprio perché un dirigente scolastico si rifiutò di togliere dall’aula un crocifisso su richiesta del genitore.
Eppure, a sentenza emanata, sindaci d’assalto di minuscoli borghi, incapaci di risolvere elementari bisogni dei cittadini e che magari hanno omesso anche di fornire carta igienica di loro competenza, o banchi senza buchi per gli alunni e sedie senza chiodi per gli insegnanti, si sono preoccupati di emanare ordinanze con la minaccia di salatissime multe a carico dei trasgressori, i dirigenti scolastici, ovviamente.
E in qualche caso hanno già mandato i vigili a verificare ed a minacciare ammende iperboliche.
Le segnalazioni dei dirigenti scolastici, quelle che lamentano l’assenza dei vigili agli ingressi, la mancata sostituzione di tapparelle, di vetri rotti, di fili elettrici scoperti, restano però senza risposta.
Non m’intendo molto di cose dell’aldilà, ma presumo che piantare megacrocifissi nel proprio giardino, imporlo anche nei negozi e nei supermercati come pure qualcuno ha proposto, non faccia diventare automaticamente buoni cristiani, né fa chiudere un occhio a San Pietro per l’accesso in Paradiso.

Le risorse

L’ANDIS in più occasioni è intervenuta sull’uso razionale delle risorse pubbliche per la scuola, ribadendo che lo sviluppo del sistema di istruzione impone il confronto con il bilancio dello stato, eliminando anche quelle poche forme di parassitismo, di negligenza, di inefficienza, di difesa corporativa ad oltranza.
Uno studio realizzato per Bankitalia da alcuni economisti, fra cui il presidente dell’Invalsi Piero Cipollone conferma che i titoli migliori su cui investire per ottenere rendimenti elevati sono i titoli di studio, quindi la spesa pubblica in prospettiva è più produttiva se investita nell’istruzione e nella formazione dei cittadini che in opere faraoniche che spesso danneggiano l’ambiente e peggiorano anche la qualità della vita di chi è costretto a vivere in posti sempre più inquinati e degradati.
Eppure da circa un decennio l’incidenza della spesa per l’istruzione si riduce ogni anno che passa rispetto alla spesa pubblica totale ed è fra le più basse tra i paesi maggiormente sviluppati.
Il sistema scolastico italiano non si trasforma più per l’avanzare di scelte pedagogicamente forti e di prospettiva, non si progetta in termini sistemici e strategici, ma secondo le esigenze dei conti pubblici, notoriamente eternamente disastrati.

L’ANDIS ritiene che sia necessario e urgente operare concretamente per ricostruire un patto di rinnovata fiducia tra le famiglie, gli studenti, il sistema delle imprese, gli operatori scolastici, i media e il mondo della politica.
Il dirigente scolastico non vuole sfuggire al suo ruolo di protagonista significativo in una rete di relazioni fiduciarie per realizzare un patto pedagogico di autentica corresponsabilità.
Il dirigente scolastico, grazie alla sua riconosciuta leadership educativa, può sviluppare la competenza negoziale per far superare resistenze, sconfiggere pregiudizi e costruire sul territorio una stretta e funzionale rete tra la scuola autonoma in sintonia con gli studenti, le famiglie, le istituzioni locali, le associazioni, il volontariato, la realtà produttiva, perché insieme si contribuisca al successo dell’azione educativa.

L’autonomia scolastica

L’autonomia scolastica ha già compiuto il suo primo decennio.
Abbiamo sempre inteso la scuola dell’autonomia come la scuola della comunità, peccato che gli altri interlocutori siano in ritardo su questa concezione o ancora non l’abbiano assimilata.
Per alcuni l’autonomia non è un valore culturale, un’articolazione funzionale dello stato moderno, uno strumento per capire meglio il contesto territoriale ed interpretarne efficacemente le ansie di crescita e di sviluppo.
Di fronte all’avanzare della decentralizzazione occorre trovare forza propositiva ed adeguati strumenti legislativi per consentire alle scuole sinergia con le altre istituzioni ed un ruolo politico paritario, altrimenti il sistema scolastico locale rischia la paralisi ed il possibile declino.
Le proposte di legge sugli organi collegiali in discussione al Parlamento devono ridisegnare chiaramente nell’unità scolastica le distinte funzioni di indirizzo, di gestione e di partecipazione.
Il rapporto della scuola autonoma con l’extrascuola dovrà anche essere caratterizzato dalla rendicontazione sociale, non solo per informare, ma anche per consentire a tutti gli interessati di verificare le scelte effettuate.
La scuola autonoma, con la sua specifica funzione di istruzione, ricerca educativa, formazione é la proiezione istituzionale della comunità complessa di docenti, studenti e genitori, va quindi ordinata secondo un modello orizzontale perché possa efficacemente conseguire gli obiettivi prefissati.
Il rapporto annuale del CENSIS pubblicato lo scorso 4 dicembre evidenzia le difficoltà del sistema:
• Quasi la metà dei genitori non ha mai incontrato gli insegnanti dei propri figli;
• Più della metà dei nuovi docenti non nutre fiducia nella validità della propria azione;
• 8 studenti su 10 si chiedono che senso ha frequentare la scuola.

Un quadro pessimistico che deve produrre una sensata riflessione. Da parte nostra l’impegno in tal senso non mancherà.

L’attuazione del Titolo V della Costituzione dovrà garantire il necessario equilibrio fra centralismo e decentralizzazione.
L’ANDIS auspica che prima dell’adozione dei provvedimenti definitivi vengano ascoltati la scuola reale e l’Associazionismo professionale.

L’attività delle scuole comincia ordinariamente il 1° settembre di ogni anno.
Quasi tutti i dirigenti, passato il Ferragosto e con le ferie ancora da completare, si rimettono al lavoro per garantire il regolare avvio dell’anno scolastico.
Non occorrono circolari, sermoni, minacce. Chi dirige una scuola sa che se non organizza efficacemente le attività, rischia di ritrovarsi in un inestricabile groviglio di problemi.
L’assegnazione del personale continua però a ritardare ogni anno, cambia ad anno scolastico iniziato per errori nelle graduatorie o interventi della Magistratura. La competenza ai dirigenti non viene realmente attribuita in molte realtà, per cui si complicano le operazioni con estenuanti sedute anche notturne degne di miglior causa.

Autonomia e risorse

Ancora più grave è il problema delle risorse.
Quelle ordinarie sono incerte o addirittura cancellate, come è avvenuto quest’anno per le spese di funzionamento.
La legge 440, che doveva dare ossigeno alle scuole autonome, riduce ogni anno in maniera rilevante le risorse, che quasi sempre vengono comunicate ad anno scolastico concluso.
La determinazione del fondo d’istituto, delle funzioni strumentali, degli incarichi specifici giunge ad anno scolastico abbondantemente iniziato e se non vi fosse la dirigenza creativa, che in Italia abbiamo dovuto inventarci, nessun Piano dell’Offerta Formativa sarebbe redatto nei termini prescritti e nessun incarico potrebbe esser dato perché serva effettivamente a qualcosa.
L’assegnazione certa delle risorse umane e di quelle finanziarie deve essere tempestiva, altrimenti si vanifica qualsiasi sforzo serio di progettazione.
E soprattutto, riprendiamo con forza il discorso dell’organico funzionale, è quello che dà il senso dell’autonomia e fa crescere le scuole. Non a caso la scuola primaria in questi anni, pur con i consistenti tagli ricevuti, ha saputo far fronte ai bisogni e a non spezzare il filo dell’innovazione, proprio grazie all’organico funzionale, che consente una flessibilità ed un protagonismo dell’istituzione scolastica autonoma.

Il reclutamento

Sul reclutamento dei dirigenti scolastici, dopo il problematico svolgimento dell’ultimo concorso a livello regionale, tra l’altro non ancora concluso nei suoi controversi epiloghi, l’ANDIS ritiene urgente ripensare a nuove procedure di reclutamento, pur rendendosi conto che il discorso deve essere di prospettiva, in quanto non si intende bloccare il percorso già faticosamente e lentamente avviatosi del nuovo concorso in base al regolamento del 2008.
Sul dirigente futuro ribadiamo alcuni punti forti, che non crediamo possano essere messi in discussione: la provenienza dall’insegnamento, un percorso di alta formazione, una procedura nazionale di selezione.

La formazione

L’ANDIS si è interrogata spesso in questi anni sulla formazione del personale scolastico ed in primo luogo dei dirigenti scolastici.
Un importante seminario estivo nazionale, svoltosi sull’altopiano del Laceno nel 2006 stese le linee portanti dell’attività di formazione organizzata direttamente dall’Associazione, come servizio per i dirigenti scolastici, per rilevarne periodicamente i bisogni, gli interessi e le attese, per contribuire allo sviluppo del ruolo e della funzione dirigenziali ed alla conseguente evoluzione.
E al tempo stesso si rimarcò l’impegno perché la formazione professionale degli operatori dell’educazione venisse realizzata nella prospettiva di una vision che tenga conto sia del sapere pedagogico più avanzato che della efficacia che il servizio scolastico deve rendere.
Non si comprende l’atteggiamento dell’Amministrazione in questi ultimi anni, restia al confronto su una tematica che è prima professionale e poi sindacale.
Se il livello di tanti corsi è stato di scadente qualità ed alcune iniziative anche on line hanno profondamente deluso i destinatari, occorre porsi delle domande ed aprire finalmente un confronto aperto e lungimirante, che superi le logiche anguste e meramente contrattualistiche.

L’ANDIS ha dato il suo contributo quest’anno al dibattito sul documento della Commissione Israel, insistendo perché la formazione iniziale dei docenti avvenga contemperando la necessità di una solida conoscenza delle discipline da insegnare con altrettante solide competenze di mediazione didattica e relazionale e con un tirocinio adeguato, complementare al percorso di studi.


Le riforme

La nostra Associazione non si è mai schierata a difesa della scuola che c’è, convinti come siamo, da sempre, che occorrono innovazioni profonde e coraggiose.

L’Andis ha partecipato a varie audizioni alla Camera dei Deputati ed al Senato della Repubblica.
Gli inviti sono stati sempre onorati e tutte le volte è stato messo in rilievo il particolare apprezzamento, perché abbiamo interpretato gli inviti come segnali di attenzione e di riconoscimento verso una realtà associativa impegnata molto più di altre organizzazioni alla valorizzazione e al miglioramento continuo e concreto della scuola italiana.
Anche in queste occasioni l’Andis ha voluto rappresentarsi come organizzazione plurale, ha avvicendato numerose presenze, valorizzando l’impegno di quanti avevano offerto un contributo di studio e di esperienza ed avevano saputo condividerlo con i gruppi di lavoro e gli organismi statutari dell’Associazione ai vari livelli.
Negli interventi abbiamo esplicitato le valutazioni positive e quelle critiche dell’Associazione, viste con gli occhi e l’esperienza del dirigente scolastico, senza preventive ostilità o assensi compiacenti.

La Scuola Superiore

L’audizione più recente ha riguardato gli schemi di regolamento sulla Riforma dei licei e degli istituti tecnici e professionali.
Sulla riforma dei Licei abbiamo denunciato la forte componente teorica, la percezione di separatezza rispetto agli altri settori, la contraddittorietà rispetto agli obiettivi di Lisbona, il modesto monte-ore settimanale.
La “diversità” dei Licei non aiuta ad assolvere degnamente l’obbligo d’istruzione, che riteniamo debba tendere a valorizzare le competenze equivalenti nei diversi settori formativi.
La strutturazione del Liceo Scientifico prefigura la prevalenza della connotazione umanistico-letteraria a scapito di quella tecnico-scientifica.
Il quadro orario del Liceo delle Scienze Umane assomiglia ancora troppo al vecchio Istituto Magistrale, una sorta di Liceo Classico semplificato.
L’Andis ha apprezzato i Regolamenti degli Istituti Tecnici e Professionali nelle parti che prevedono l’opportuna riduzione degli indirizzi, che col passare degli anni erano proliferati senza limiti.
Non riteniamo però di condividere l’eliminazione di alcuni indirizzi (Progetti Erica e Mercurio), che garantivano la preparazione linguistico-aziendale e informatica oggi fortemente richiesta dal mondo del lavoro.
L’Andis ha espresso adesione convinta circa la definizione di “risultati di apprendimento”, in linea con le indicazioni europee. Tale espressione dà concretezza effettiva ai due settori, ma anche qui la concezione disciplinare lascia poco spazio a una più precisa definizione delle competenze in uscita.
Per gli Istituti Professionali che sembrano avviarsi verso la pari dignità con gli altri settori dell’istruzione occorre definire con chiarezza i rapporti con la Formazione Professionale Regionale.
Anche per la riforma delle superiori l’Andis esprime la ferma convinzione che occorre un serio e disteso piano di formazione per i docenti, che il riordino sia graduale e accompagnato da un monitoraggio in itinere capace di cogliere le criticità e di porvi rimedio, perché le riforme sbagliate sono molto più pericolose di quelle che non si fanno.




La scuola media

La scuola secondaria di I grado rappresenta l’”anello debole” del sistema formativo nazionale, stretta com’è tra la scuola primaria che riesce comunque ad adeguarsi e rinnovarsi rispetto ai continui mutamenti che troppo spesso e troppo immotivatamente le vengono proposti e la scuola secondaria superiore, che, in lunga attesa del nuovo assetto, ha di fatto conservato l’identità di scuola “selettiva”.
La Scuola Media è alla continua ricerca di una sua difficile identità, oscillando tra il primo e il secondo ciclo.
Negli anni scorsi venne favanzata la proposta del ciclo unico elementari-medie. Un’idea troppo presto abbandonata, non tanto per gli aspetti pedagogico-didattici, ma per la paura di perdere organico. Gli organici si sono persi comunque, senza risolvere la crisi della scuola media.
Se si ostacolano le riforme di alto profilo, che coniugano le ragioni della scuola con quelle del bilancio dello stato, si finisce col riformare solo la spesa, come sta purtroppo avvenendo nei tempi che viviamo.
L’ANDIS deve rilanciare la sua sfida anche su questo terreno, avviando ricerche e seminari che, a partire dagli istituti comprensivi, dai loro processi di continuità e discontinuità, stimolino una riflessione ampia sulla riforma pedagogica della scuola media, tutta da avviare con saggia sperimentazione e ricerca.


La scuola primaria


L’intervento sulla scuola primaria è stato caratterizzato da un mix di ideologia e di contrazione della spesa.
Eppure non se lo meritava, perché era un segmento che ci faceva fare bella figura!
L’idea del maestro unico è apparsa subito nella sua evidenza anacronistica e improvvisata e di fatto irrealizzabile. La stato non può essere così inutilmente coercitivo ed appropriarsi indebitamente di pedagogia e scelte educative, che competono alle scuole autonome nella loro complessa articolazione.
La classe, vista dall’esterno è un insieme di dati burocratici, numerici ed astratti, nella realtà è un difficile gruppo di coetanei da gestire con competenza, con accortezza, con scelte ponderate.
La pluralità delle docenze non ci sembra un modello da eliminare, perché la complessità dei nuovi saperi, l’interdisciplinarità didattica laboratoriale, la corresponsabilità nella costruzione e svolgimento del progetto educativo, segnano la qualità del rapporto formativo.
Altra questione non da poco è quella del tempo pieno. Per come è stato presentato in questi ultimi anni è apparso più come servizio sociale (esigenze delle famiglie al lavoro) che come avanzato modello formativo.
Ciò anche perché le percentuali di tempo pieno sono altissime nelle grandi città del Nord e minime al Sud e nelle isole, dove la richiesta è più motivata dalla preoccupazione di perdere posti di insegnanti che di rimettere in discussione la qualità della scuola e dei servizi
In tante realtà del Mezzogiorno sono state smantellate nel corso degli anni positive esperienze di innovazione legate al tempo pieno, per una sorta di strano, perverso connubio tra docenti che volevano evitare il lavoro pomeridiano ed amministrazioni comunali che non vedevano l’ora di liberarsi dal fastidio di organizzare la mensa.

La scuola dell’infanzia

Per completare il rapido quadro dello stato della scuola, dobbiamo rilevare come sia calata un’ombra pesante negli ultimi dieci anni sulla scuola dell’infanzia.
I processi di sperimentazione si sono arrestati e possiamo dire che le poche iniziative specifiche sono state messe in piedi soltanto dal Coordinamento Nazionale per le Politiche dell’Infanzia e della sua Scuola, nel quale l’ANDIS è presente fin dalla sua costituzione,
Il Coordinamento Nazionale per le Politiche dell’Infanzia e della sua Scuola costituisce dal 1995 un’esperienza unica nel panorama dell’associazionismo scolastico.
L’organismo interassociativo e plurale riunisce cinque storiche Associazioni Professionali della scuola (ANDIS, AIMC, CIDI, FNISM, MCE) e le quattro maggiori Organizzazioni Sindacali (FLC CGIL, CISL SCUOLA, Uil SCUOLA e SNALS-CONFSAL) e sostiene le politiche di qualificazione dell’infanzia e della sua scuola attraverso il confronto con quanti condividono questo obiettivo; interviene con pronunciamenti, atti ed iniziative a supporto dello sviluppo della scuola dell’infanzia ed ispira la propria attività a garanzia del diritto di ogni bambino ad avere la “sua scuola”; offre supporto professionale, occasioni di dibattito, spunti e spazi di riflessione a scuole docenti ed operatori impegnati nel compito di istruire, formare ed educare bambini dai tre ai sei anni nella scuola dell’infanzia.

Valutazione e carriera

Da tempo l’ANDIS ritiene che un’autonomia forte esige che finalmente lo Stato definisca le competenze-chiave per tutti i livelli di scolarità, quali esiti formativi indispensabili per garantire i pieni diritti di cittadinanza e i requisiti per l’avvio al mondo del lavoro e che un organismo terzo definisca parametri di valutazione per migliorare l’autovalutazione delle scuole, che in questi anni hanno dimostrato di volersi impegnare seriamente su questo terreno.
E l’ANDIS ritiene che l’INVALSI possa ulteriormente approfondire ed ampliare la propria azione di sostegno e assistenza tecnica alle istituzioni scolastiche per consentire di realizzare autonome iniziative di monitoraggio e di valutazione, supportate da solide basi teoriche, anziché da facili e fuorvianti spot pubblicitari.

Sulla valutazione del dirigente scolastico la nostra associazione mantiene da anni un’attenzione diffusa, alimentata spesso da un confronto vivace.
Abbiamo accettato la partecipazione a tutte le iniziative alle quali siamo stati chiamati e sicuramente è stato il tema di maggiore interlocuzione sia con l’amministrazione scolastica che con le organizzazioni sindacali.
Siamo convinti che il dirigente scolastico deve essere seriamente valutato da un organismo terzo e che alla sua valutazione positiva debba corrispondere un adeguato riconoscimento economico.
I vari ministri che si sono succeduti hanno però blandito la valutazione come una clava, si sono espressi spesso a sproposito, confondendola con le sanzioni.
Sicuramente non hanno reso un buon servizio al sistema, che già sconta croniche difficoltà per la carenza di personale qualificato per svolgere il ruolo di valutatore, la mancanza di trasparenza delle procedure e l’oggettività dei criteri, l’omogeneità dell’applicazione in campo nazionale e regionale, la scarsa rilevanza delle variabili e le diverse condizioni operative in cui i Dirigenti esercitano il loro ruolo, cioè il contesto e i vincoli per la sua azione, l’assenza di un quadro comune di dati di riferimento.
L’Andis propone la formalizzazione di un Osservatorio Nazionale che coinvolga l’associazione, al fine di seguire il procedere delle simulazioni messe in campo dall’INVALSI per riportare i suggerimenti e le riflessioni dei dirigenti scolastici.

Per quanto riguarda la valutazione degli insegnanti, da dieci anni a questa parte si fa solo vuota accademia. Il blocco del cosiddetto concorsone, per adesioni di massa alla sequenza di sciocchezze che andavano dal timore di dividere i docenti all’assunto che il docente era comunque bravo ed era offensivo metterne in dubbio la preparazione, non ha prodotto interventi di alcun tipo sulla progressione di carriera e sulla rendicontazione della propria professionalità, anche se tutti, a parole, sono d’accordo.
La carriera del docente basata unicamente sull’anzianità di servizio, non dà riconoscimenti a chi riesce a produrre risultati migliori, come evidenzia il recente Rapporto sulla scuola in Italia curato dalla Fondazione Agnelli. Eppure la carriera serve al successo della scuola, non è una classifica sportiva su chi arriva prima e chi dev’essere retrocesso, è uno stimolo per migliorare se stessi e l’intero sistema.
Per questo, rispetto alle questioni di stato giuridico dei docenti, l’ANDIS ha più volte esplicitato la necessità di una specifica legge, nel corretto rispetto, comunque, della libertà di insegnamento ed ha apprezzato la formulazione del testo del disegno di legge Aprea quando si esprime sui risultati educativi costituenti l’oggetto della specifica responsabilità professionale del docente e che comunque assicura ai docenti la libertà di insegnamento e l’autonomia professionale, quali strumenti per l’attuazione del pluralismo e per perseguire la qualità e l’efficacia della prestazione professionale del servizio di istruzione e formazione.
Ciò non ci fa essere indulgenti su altri punti del disegno di legge, ad esempio sulla Vicedirigenza, sulla quale confermiamo la nostra contrarietà, almeno nell’attuale momento storico, in quanto va definita, riconosciuta pienamente, valorizzata e degnamente retribuita la dirigenza.
Sulla valutazione del personale ata, sulle progressioni di carriera e sulle modalità di reclutamento il giudizio dell’ANDIS è fortemente critico, perché si gioca da parecchi anni al ribasso, creando serie difficoltà ai dirigenti scolastici in molte scuole nel garantire un efficace servizio amministrativo e di pulizia-vigilanza sugli alunni.
A peggiorare le cose si è aggiunta la recente falcidia di posti, che in molti casi ha privato le scuole degli elementi migliori, perchè le graduatorie dei perdenti posto non entrano nel merito della professionalità.
Un timido tentativo di miglioramento del sistema è avvenuto qualche giorno fa con le prove relative alla seconda posizione economica degli assistenti amministrativi, dove pare il numero di chi ha ottenuto un risultato positivo sia inferiore al numero dei posti.
Occorrerebbe un’analisi più profonda anziché l’immediata italica lamentazione sulla difficoltà delle prove.
A prove finte meglio preferire sorteggi e giochi dei pacchi.
Almeno sappiamo a che gioco giochiamo!


La dirigenza tecnica

Più che gli esami, in Italia sono i concorsi che non finiscono mai.
Quello per dirigente tecnico, dopo continui rinvii, è nella fase di preselezione.
Come abbiamo più volte argomentato, prima ancora di bandire il concorso, andava in qualche modo chiarito per che cosa si concorreva, ossia quale è la funzione del dirigente tecnico nella scuola dell’autonomia e della dirigenza scolastica.
In questi anni si è persa una buona occasione per sperimentare attraverso incarichi specifici ai dirigenti scolastici una nuova funzione tecnico-ispettiva.
Si è preferito ricorrere a nomine politiche, utili solo ad assicurare una buona pensione ai beneficiari.

Il dimensionamento e le regioni

Sul dimensionamento delle istituzioni scolastiche, l’ANDIS ha sempre chiesto in tutte le realtà il rispetto dei parametri minimi e massimi previsti dalla legge, con le necessarie deroghe per le aree effettivamente montane.
Molte regioni hanno trascurato quasi del tutto il problema, evitando di seguire l’andamento demografico e raccogliere le proposte che i dirigenti scolastici in tutte le sedi opportune hanno avanzato.
Piani provinciali si sono congelati in omaggio al periodo invernale, delibere si sono susseguite una dopo l’altra e contraddicendo quanto deliberato prima, sforando ogni possibile termine, cambiando e ricambiando codici di scuole, in modo da aggiungere sempre nuove incertezze e frustrazioni per il personale della scuola.

Discorso a parte va fatto per i punti di erogazione del servizio, in modo da evitare la soppressione delle scuole ove sono presidi di cultura e di civiltà.
Quando lo Stato abdica ai suoi compiti fondamentali e nell’istruzione, quando si pensa a più comode e facili scorciatoie, lo sbocco è l’abbassamento del livello di decenza e il proliferare di diplomifici e scuole on line, che sfornano tanti asini, i cui ragli rischiano di arrivare fino al Parlamento Europeo, che non è propriamente vicino, soprattutto al Mezzogiorno d’Italia.
Esperienze positive tuttavia non mancano laddove le regioni hanno cercato il confronto e l’ascolto, pur nel rispetto dei rispettivi ruoli.
Ai sensi della legge regionale 28/08 l'ANDIS Piemonte, ad esempio, fa parte della Conferenza Regionale sul Diritto allo Studio, un organismo presieduto dall'Assessore regionale all'Istruzione e dove sono presenti la Direzione Scolastica Regionale, le organizzazioni sindacali, l’ASAPI e gli assessori all’istruzione delle province. Tale conferenza si occupa praticamente di tutto: dalla programmazione della rete scolastica, al piano triennale sul diritto allo studio, al calendario scolastico, ai problemi della riforma.
L’Andis è presente anche nel comitato ristretto che prepara i lavori.
E’ imminente la discussione di un nuovo disegno di legge quadro della regione Piemonte su sistema di istruzione e formazione di grande rilievo che ridisegna l'intero sistema scolastico regionale.
Su questa proposta, che dovrebbe essere approvata entro il termine della legislatura, sono stati richiesti all’Andis pareri e osservazioni.
La Giunta Regionale della Puglia, con deliberazione n. 1828 del 06.10.2009 ha previsto che "I Comuni, sentite le Organizzazioni sindacali del comparto Scuola e le Associazioni dei Dirigenti Scolastici, nonché gli altri soggetti a vario titolo coinvolti nella programmazione della rete scolastica, formulano proposte in ordine alle istituzioni scolastiche di grado inferiore di scuola site sul proprio territorio o comunque che interessano la propria popolazione”.
La regione Lombardia ha sempre consultato negli ultimi anni la nostra associazione su disegni di legge regionale che riguardavano la scuola , la regione Liguria ha organizzato lo scorso anno una articolata Conferenza Regionale sul Sistema educativo di Istruzione e Formazione, alla quale ha invitato l’ANDIS. Buona anche la collaborazione con la regione Campania, almeno fino a qualche anno fa, quando l’ANDIS sviluppò un progetto sperimentale di informazione e consulenza per i genitori sulla partecipazione agli organi collegiali della scuola. Una bella iniziativa che non ha avuto seguito, impedendo di fatto un’estensione della sperimentazione ad una fascia più larga di utenza, superando il coinvolgimento delle prime 30 scuole nelle 5 province.

L’ANDIS: lo sviluppo, il contratto

La nostra associazione in questi ultimi anni ha visto l’adesione di quasi 1000 nuovi soci che spontaneamente hanno voluto vivere la professione anche attraverso il confronto con gli altri, attratti certamente dalla validità delle proposte culturali, dalla ricerca di un’identità condivisa, dall’autonomia autentica e non formale dell’ANDIS, ma anche dal clima particolare ed unico che fin dalle origini l’associazione ha saputo trasmettere e consolidare, quale elemento fondamentale e distintivo.
Il numero dei dirigenti scolastici che in questi anni si è iscritto all’ANDIS è ormai prossimo ai 6.000 e 1.000 aspiranti dirigenti hanno richiesto l’ANDIS CARD, che abbiamo voluto dedicare alla città di Jesolo, sempre sensibile alle iniziative che l’ANDIS svolge.
L’adesione fiduciosa all’ANDIS, in un tempo in cui è forte la crisi della partecipazione e della militanza, non solo nelle associazioni, ma nelle organizzazioni sindacali, nei partiti politici tradizionalmente intesi, ci pone nella consapevolezza di riuscire a dare risposte esaustive a chi offre fiducia e ne reclama giustamente la restituzione, anche con qualche legittimo interesse.
Alle ultime elezioni per il rinnovo del Consiglio di Amministrazione dell’ENAM, l’ANDIS presentò, come da tradizione, una sua autonoma lista che fu seconda per numero di voti ottenuti, con punte percentuali anche altissime: a Treviso oltre l’82%, a Lodi il 70%, a Venezia ed Avellino il 63%, a Macerata il 50%, a Torino il 43%, confermata una radicata identità che sta estendendosi negli ultimi anni.
La vicenda del contratto dei dirigenti scolastici, che si trascina miseramente da tempo e senza prospettive, un contratto non rinnovato da quattro anni, senza che nessuno seriamente se ne curi, rende dignitosamente delusa un’intera categoria di cittadini.
Gli unanimi ordini del giorno del Parlamento sulla vicenda assomigliano più a meri atti formali, necrologi sulla professione del dirigente scolastico.
E’ anche mancata una risposta decisa, unitaria, autorevole delle rappresentanze sindacali, che solo da qualche settimana riescono a scrivere qualche lettera unitaria.
Si è da poco chiuso il contratto dei dirigenti degli enti locali, numericamente vicini ai dirigenti della scuola, ma economicamente lontani.
Ritenere la dirigenza scolastica una dirigenza di serie B, che va equiparata alle altre in tempi storicamente indefiniti, è un altro colpo all’autorevolezza della scuola italiana, che continua a funzionare, tutto sommato molto meglio di altri pubblici servizi, nel Nord e nel Sud del Paese.
E abbiamo la consapevolezza e l’orgoglio di affermare: grazie soprattutto ai dirigenti scolastici, che si spendono paradossalmente senza risparmio.

L’attività associativa

L’ANDIS ha cercato di sostenere questo sforzo individuale e collettivo, costruendo in itinere un’ identità associativa, che trova sicuramente nei congressi i suoi momenti più alti, ma che si alimenta e si irrobustisce attraverso i percorsi culturali dei numerosi convegni e seminari locali, nazionali ed internazionali.
Il confronto interattivo e coinvolgente dovrà sempre più caratterizzare i nostri incontri, che qui vogliamo ricordare come momenti significativi dell’attività svolta in questo mandato dal Direttivo Nazionale:
- a Bruxelles presso la sede della Commissione Europea con il seminario “Dirigenza scolastica e politiche formative nell’Europa Unita”
- a Barcellona in collaborazione con l'Ufficio di Presidenza del settore formazione e cooperazione scientifica internazionale del Dipartimento della Catalogna e dal Collegio dei professori in Filosofia, Letteratura e Scienze della Catalogna;
- a Genova negli ultimi due anni all’ABCD, il Salone italiano dell'educazione;
- a Verona, sempre nell’ultimo biennio, a Job&Orienta;
- a Giovinazzo (Bari) con il 46° Convegno Nazionale su "Cittadinanza e Costituzione attiva ";
- nell’isola di Sant’Antioco in Sardegna con la riflessione dedicata al Sistema di Istruzione nelle autonomie;
- al Teatro Italia di Roma lo scorso anno per celebrare i primi 20 anni dell’ANDIS con il convegno a più voci su “DIRIGENZA SCOLASTICA ED ASSOCIAZIONISMO PROFESSIONALE;
- ad Ischia con il seminario sulla CONTRATTAZIONE INTEGRATIVA D’ISTITUTO
- a Torino con il tema “I dirigenti scolastici e la scuola italiana da una legislatura all’altra”
- a Vicchio, nel Mugello, nella scuola di Barbiana e col convegno: A 40 anni da “lettera a una professoressa…” - tra riforme e futuro della scuola;
- a Vico Equense, sulla costiera sorrentina, nel 2007 per discutere su “10 anni di autonomia un futuro pieno di memoria;
- l’anno prima ad Ischia, un confronto europeo con Ricominciare dall’autonomia.
“PROFILO E RESPONSABILITA’ DEL DIRIGENTE SCOLASTICO NELLA PROSPETTIVA EUROPEA “
Da tre anni stiamo svolgendo in estate un seminario estivo sull’altopiano del Laceno, in Irpinia, ove in precedenza avevamo tenuto una scuola estiva di formazione con l’Università degli Studi di Salerno.
E più volte siamo tornati a Jesolo:
- nel 2007 con due iniziative a gennaio e maggio: RUOLO E FUNZIONE DOCENTE NELLA SOCIETA’ DELLA CONOSCENZA: LA FORZA DI UNA PROFESSIONE e poi DIRITTI UMANI E PARI OPPORTUNITA’ - UNA SFIDA RESPONSABILE ed i seminari sul PROFILO DEL DOCENTE e L’ARTICOLAZIONE INTERNA DELLE DIVERSE PROFESSIONALITA’NELLA SCUOLA DELL’AUTONOMIA
- nel 2008 con le INDICAZIONI NAZIONALI E IL BIENNIO OBBLIGATORIO - Traguardi e obiettivi a confronto con le questioni del biennio obbligatorio e dei debiti formativi e con seminari su Monitoraggio Indicazioni Nazionali, La rappresentanza delle istituzioni scolastiche autonome, La vigilanza degli alunni in uscita e responsabilità
- nel gennaio di quest’anno con il 44° Convegno Nazionale: Valutare a scuola nella società della conoscenza e con i seminari La valutazione dirigenti scolastici, La valutazione degli studenti, le Proposte formative Innovadidattica, Dopo Barcellona e verso Sant’Antioco: riflessioni sulla via all’autonomia scolastica della Catalogna e confronto con le soluzioni italiane: problemi aperti e approfondimenti.
Abbiamo sempre trovato la disponibilità dell’Amministr
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