CISAL Scuola Lombardia: Comunicato 12 novembre 2007

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CISAL Scuola Lombardia: Comunicato 12 novembre 2007

Messaggiodi edscuola » 12 novembre 2007, 19:36

Lavoro e instabilità sociale: per rasserenare

Diviene sempre più di attualità la discussione in ordine alla quale, si viene a sostenere che le attuali medie retribuzioni dei lavoratori, non permettono alle loro famiglie di arrivare a risolvere i problemi di esistenza che si presentano verso fine mese.
Questo senza considerare che vi sono anche persone le quali pervia delle loro minime entrate laddove vi sono, ad esempio pensionati e laddove certe entrate non visono proprio, non possono neanche iniziare ad esistere nei primi giorni del mese.
E per questo dare colpa all’Euro, la moneta unica europea, non ha alcuna attinenza; solo qualche stoltezza può far ritenere valide queste considerazioni, laddove invece non fatti i dovuti controlli, gli speculatori con l’introduzione della moneta unica in Italia, hanno paragonato “il costo di lire mille”, al “costo di Euro”, raddoppiando la spesa a carico dei cittadini.
Tuttavia in questo stato di riflessioni, è il concetto di precarietà dell’umana esistenza quello che sfugge alla maggior parte degli osservatori, mentre si insinuano tante inquietudini, nello svolgimento della vita quotidiana di tutti.
E’ precaria la salute della gente, laddove in ogni momento si è costretti ad affrontare spesso, in pessime condizioni economiche, la terribile presenza delle malattie.
E precario la costruzione del rapporto interpersonale, laddove l’egoismo più sfrenato, detta legge nel concepimento dell’umana esistenza (distruzioni di foreste, abusi nello sfruttamento delle risorse naturali, smaltimento irregolare dei rifiuti, ecc…) E’ precario il rapporto interculturale tra i popoli, laddove nazioni che si presumo essere fonte di vita civile, intendono porre in sottomissione quelle nazioni che secondo un principio inesistente di vita comune nell’universo, vogliono imporre le proprie visioni culturali.
Sono precari gli svolgimenti delle prestazioni dei lavoratori, laddove i posti di lavoro sono a rischio di continuità e laddove, quando questo rischio si concretizza, non vi è più possibilità per nessuna persona, a tutti i livelli, di reinserirsi nel meccanismo della produzione.
In sostanza, in ogni caso, si è ritornati in generale e nel particolare nelle realizzazione dei rapporti lavorativi, ai tempi in cui il padrone, in pubblico e privato, gestiva come proprie non solo le sue risorse materiali necessarie alla produzione, ma considerava alla stessa stregua di gestione, le risorse umane che altre persone mettevano a disposizione, della efficienza della stessa produzione, Ci si è venuti a trovare in questa sistemazione della moderna società lavorativa, ai tempi precedenti all’emanazione dell’ editto di Rotari, il re longobardo che, nell’anno 643 d.c. volle dare, nello scempio dei rapporti feudali, una sistemazione alle leggi penali e civili, un specie codice di comportamento tra i principi, i baroni e vassalli, valvassori valvassini.
Questo allora, ma giunti ora a questo punto attuale della storia dei rapporti di lavoro, nulla hanno detto ai moderni reggitori delle cose pubbliche ed economiche, le lotte sanguinose o meno tenute dal lavoratori, tra la fine del 1800 e l’inizio del 1900, prima dello scempio delle due guerre mondiali, allorché si andava a ribadire ai padroni, pubblici e privati, che la vita umana del lavoratore collaboratore, non era da considerare “un optional” al servizio del padrone stesso, in un clima di assoluta incertezza del diritto alla vita.
Alla fine del secondo scempio mondiale la Costituzione della Repubblica Italiana, con specifico senso di civiltà, ha voluto porre adeguati principi per far cessare queste incertezze nel pensiero e nel cuore dei lavoratori dipendenti, perché essi potessero condurre serenamente la propria esistenza e quella delle loro famiglie.
Nonostante ciò, tuttavia, ecco che in pieno sviluppo dell’era civile, l’incubo della precarietà nella ricerca del lavoro o quello lavorare ad intermittenza, si è venuto ad abbattere, sulla vita del lavoratore e della sue famiglie.
A discapito di ogni principio costituzionale, si è tornati al concepimento della occupazione lavorativa avventizia, non fissa, non continuativa, di grande utilità al datore di lavoro, che tante tribolazioni ed incertezze insinuò nella vita dei lavoratori a ridosso delle due guerra mondiali del secolo XX, per l’affermazione del “caporalato” che gestiva la gente del lavoro quando voleva e per il tempo che voleva.
Questo è assurdo concepimento di vita incivile e le Organizzazioni Sindacali, non possono permettere il ripristino di tali eventi, senza sconfessare le lotte sostenute per garantire serenità ai deboli ed il lavoratore dipendente, è ancora il debole, stante a quanto si verifica nella instaurazione dell’attuale rapporto lavorativo.
Ed abbiamo constatato al riguardo che stante i recenti percorsi legislativi attuatisi in materia di rapporti di lavoro, nonostante al presenza delle Organizzazioni Sindacali, inquietudini continue, sono andate ad inserirsi nell’animo dei cittadini lavoratori.
Il lavoratore e la sua famiglia, per il bene della stessa azienda e della società tutta, devono essere sereni nell’effettuare giornalmente la propria esistenza e quindi deve essere tutelato nell’attuazione di questa serenità, per la quale le Organizzazioni Sindacale devono dare tutto perché questa serenità ritorni sia sottoforma di esistenza di posti di lavoro, sia sottoforma di continuità di prestazioni senza alcuna interruzione di sorta.

Dott. Giacinto Sica
Segretario Generale CISAL Lombardia
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