Di.S.A.L.: Per una scuola del "rischio educativo"

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Di.S.A.L.: Per una scuola del "rischio educativo"

Messaggiodi edscuola » 26 ottobre 2007, 20:12

Dirigenti di scuola statale e non statale a convegno: non tecnici ma leader's educativi
Per una scuola del "rischio educativo"

Molti episodi enfatizzati dai mass media quest'anno hanno confermato in modo "drammatico" la necessità di rimettere al centro del dibattito sociale e politico l'emergenza educativa da tutti riconosciuta: l'urgenza cioè di "investire" nell'educazione di un popolo e dei suoi giovani. Ma per questo occorrono ambienti positivi, dove la diversità =
non diventi sistematicamente conflitto, con l'aiuto di una direzione che sappia valorizzare, indicare e vigilare sulle condizioni di libertà e serietà delle proposte fatte ai discenti, favorendo l'apertura della scuola a tutte le esperienze educative esterne.

Buona parte delle norme, però, fino al recente contratto scuola ed ai sussulti periodici di riforma, hanno marginalizzato una simile funzione, a beneficio di poteri amministrativi e sindacali. A questo ha collaborato in un certo modo anche una specie di auto-marginalizzazione alla quale i dirigenti scolastici talvolta si sono rassegnati, =
limitandosi solo alla passiva resistenza verso l'invadenza di quei poteri forti.

Eppure autorevoli ricerche internazionali degli ultimi anni dimostrano come sia sempre più decisivo il rapporto tra direzione di scuola (leadership educativa), qualità e successo scolastico. "I fattori per la buona riuscita di una scuola ed il suo continuo miglioramento si riconducono a forti motivazioni ideali personali tra i docenti, ad un buon livello della funzione direttiva e ad un vivo rapporto con i referenti sociali esterni" (OCDE 2004). E la funzione direttiva può operare proprio sugli aspetti che caratterizzano l'ambiente scolastico, elemento decisivo del percorso formativo di uno studente. Tra l'altro: "Oggi più che mai l'educatore o il diseducatore sovrano è l'ambiente con tutte le sue forme espressive" (L. Giussani).

E' assodato poi che l'autonomia scolastica ed il decentramento territoriale possano essere gli assetti normativi all'interno dei quali meglio rischiare l'impresa educativa. Attraverso di essi la scuola si deve poter organizzare come vera e propria intrapresa, erogatrice di un bene sociale. Superato lo stereotipo ideologico con il quale l'immagine =
dell'impresa è entrata nella scuola, è interessante invece ora assumerla come opera dell'uomo per trasformare la realtà, per costruire qualcosa di bello e di buono per i giovani e le loro famiglie, per la comunità locale e per il mondo. Infatti scopo dell'impresa è è il bene comune: a maggior ragione quando quello che l'impresa offre è cultura e formazione, beni di cui la società ha drammaticamente bisogno. Alla base di una scuola come impresa è dunque necessario un aspetto ideale, per non accontentarsi dei risultati raggiunti e tendere sempre ad un oltre. C'è quindi una "antropologia" dell'impresa, che scaturisce dalla natura e dal desiderio autentico di ogni uomo.

Su questi temi vogliamo offrire nel convegno possibilità di approfondimento e confronto, soprattutto in occasione di un vasto rinnovo della dirigenza scolastica con l'ingresso nella scuola, dopo una tortuosa corsa ad ostacoli, di 3450 nuovi capi di istituto.
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