Bimbi e mamme in protesta: 'Già le mani da Tempo lineare'

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Bimbi e mamme in protesta: 'Già le mani da Tempo lineare'

Messaggiodi edscuola » 16 maggio 2010, 8:12

da l'Unità

Bimbi e mamme in protesta: "Già le mani da Tempo lineare"
di Mariagrazia Gerina

Violetta, due anni, fa cucù da un ombrellino lilla su cui è disegnata una farfalla. I più grandi, over tre anni, sfidano l'acquazzone primaverile avvolti in impermeabilini variopinti. E stretti a un bruco di peluche formano una piccola catena umana. Scende la pioggia, ma che fa: è la loro prima manifestazione e se la godono. C'è chi si ripara da mamma e papà, chi se ne sta impettito sotto l'acqua tamburellante. Matteo fa un mezzo salto-giravolta per mostrare la sua t-shirt/tazebao: c'è una casetta rossa, la loro scuola, i fiorellini, le rondini, una scritta spennellata: “Salviamo Tempo lineare”, dice. Ecco è per quello che decine di “pulcini” bagnati come lui sono lì, con una teoria di mamme e papà attorno. Per salvare quella casetta rossa, che si trova nel cortile di un palazzo popolare di Testaccio, cuore di Roma, e che era diventata un deposito di scartoffie. Fino a quando, dieci anni fa, in piena era centro-sinistra, la loro maestra, Patrizia Pasquini, laureata a Londra in “Studi Osservativi” e specializzata in psicoterapia, l'ha trasformata in quella scuola molto “speciale”, che adesso si trova a combattere per sopravvivere alla burocrazia e alla diffidenza del nuovo governo cittadino.

“Io in questa scuola ci sono approdata con la mia bambina in un momento molto drammatico”, racconta Antonietta: “Giulia aveva subito alcuni traumi alla nascita ed era stata messa in incubatrice senza che io potessi seguirla, io ero affetta da una grave psicosi, una cosa molto brutta, non riconosci più nessuno, non hai la nozione di spazio/tempo, non controlli le funzioni fisiologiche. La dottoressa Pasquini ci ha aiutato a ricucire la nostra relazione, insegnandomi a osservare la bimba e a capire i suoi bisogni e vedendo i suoi progressi, ho iniziato anche io un percorso terapeutico che mi ha permesso di uscire dal buio totale: è abbastanza per far capire quanto vale una scuola del genere?”.

“Dicono che vogliono verificare cosa si fa qui dentro, e questo non ci fa paura, il problema è che cosa intendano fare poi di una cosa che funziona, noi siamo qui a testimoniarlo”, rivendica Michela, 39 anni, libera professionista, mamma di Violetta, e di Angelica, 4 anni, e di Giovanni, il bebé che tiene in braccio. Anche lui, da pochi giorni, alunno di Tempo lineare. “Per me che sono arrivata a Roma, senza genitori, senza nessuno su cui fare affidamento, Tempo lineare è stato fondamentale”. Un posto dove “imparare a conoscere meglio il proprio bambino” e dove “sperimentare la solidarietà tra mamme”. La cosa – spiega – funziona così: le mamme e/o i papà vanno a scuola, due mattine a settimana, finché i loro figli non raggiungono i tre anni, l'età della separazione, passaggio a cui, a Tempo lineare, si arriva per gradi. “C'è tutto un gioco di stanze, una scatola in cui vengono messi dei materiali simbolici con cui i bambini lavorano e elaborano il distacco dalla madre”. Una cosa molto bella: “E non è vero che sia da privilegiati, nella nostra scuola c'è di tutto, mamme professioniste, che si prendono del tempo per seguire i loro figli, mamme che stanno a casa, mamme che chiedono permessi dal lavoro: seguire così i propri figli è una scelta”. Non necessariamente dettata da problemi. “Qualsiasi mamma che si ritrova sola con questi esserini ha bisogno di sostegno”.

“La solitudine delle donne è il punto”, spiega Patrizia Pasquini: “Alle donne si dice: fai un figlio e poi lascialo lì e questo crea una fragilità nell'identità del genitore che noi invece proviamo a rafforzare, nelle mamme e anche nei papà”.

“Ma noi vogliamo valorizzare la vostra esperienza, solo che chi ci dice cosa si fa veramente là dentro? Per questo dobbiamo valutare, conoscere, verificare”, prova a rassicurare il presidente della commissione Scuola del Comune di Roma, Gazzellone (Pdl), che, precipitatosi in piazza Santa Maria Liberatrice – teatro della piccola manifestazione – si barcamena tra frasi che fanno trasparire la diffidenza che ha animato fin qui i rapporti con la amministrazione Alemanno e il tentativo – almeno suo, perché l'assessore alla Scuola, Laura Marsilio i genitori di Tempo lineare non li ha mai incontrati - di fare un passo avanti. Alla fine, promette che la sperimentazione non verrà cancellata ma “valutata” e “istituzionalizzata”. “È già qualcosa, all’inizio dicevano che ci volevano normalizzare”, dicono mamme e papà che però non sanno se fidarsi: “Ci hanno già tolto la terza insegnante quest'anno e non ce l'hanno ridata”. “E' così in tutte le scuole di Roma”, replica il rappresentante comunale in un battibecco che allarga la prospettiva sul dissesto generale. Ecco appunto, guardandosi attorno, la paura di non avere più Tempo lineare è ancora più forte.

“Nonostante dieci anni di monitoraggio e sperimentazione, gli ultimi due anni li abbiamo vissuti con molta ansia”, racconta Laura Loi, mamma di Matteo, che dall'asilo “normale” è scappata: “Sono le classi di trenta bambini con una sola insegnante che dovrebbero fare paura, quelle in cui i bambini difficili vengono lasciati indietro perché non c'è la possibilità di seguirli, non la nostra scuola, dove si lavora, con tutta calma, sulla relazione tra mamma e figlio”. Per ora Laura, che di mestiere fa il clown dottore (“ma quando si diventa genitori puoi avere mille conoscenze, c'è sempre una parte di te che non conosci e ti fa paura”), incassa le promesse del presidente della Commissione Scuola. Ma non si accontenta. Anzi, coltiva un sogno: “Che tutte le scuole diventino come la nostra”.
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