Gettone di presenza a chi va a scuola

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Gettone di presenza a chi va a scuola

Messaggiodi edscuola » 5 ottobre 2009, 9:48

da Corriere della Sera

il pedagogista: «interessante ma non per l'italia»

Gettone di presenza a chi va a scuola

Proteste dei genitori per l'esperimento francese:
«È immorale»

MILANO — Un progetto «non soltanto ingenuo, ma an­che immorale». Che lascia i ge­nitori «inquieti», se non addi­rittura convinti di trovarsi di fronte a una «perversione del senso stesso della scuola». Critiche e proteste, da destra e da sinistra, sulla sperimenta­zione di «cassa comune» con­tro l’assenteismo scolastico che proprio oggi prenderà il via in tre istituti professionali di Créteil, centro di quasi 90 mi­la abitanti alle porte di Parigi. Centocinquanta ragazzi, che sottoscriveranno un patto con i loro docenti: se il numero di assenze e la condotta saranno mantenuti entro parametri ac­cettabili, la classe conquisterà un «bonus» tra i 2.000 e i 10.000 euro. Da investire in «progetti educativi collettivi», concordati preventivamente con gli insegnanti — dai corsi preparatori alla patente ai viag­gi d’istruzione. L’esperimento sarà valutato dai ricercatori del­l'Ecole d'Economie di Parigi: se i risultati fossero positivi, nel 2010/2011 potrebbe essere este­so a 70 classi, per un totale di circa 2.000 ragazzi.

Tutto a posto, dunque? Cer­to che no. Perché ha un bell’af­fannarsi, il ministro dell’Educa­zione Luc Chatel, nel dichiara­re a Le Monde che nelle supe­riori francesi «ci sono centina­ia di progetti in corso», e che insomma «bisogna smetterla di dire che si danno soldi agli studenti, perché quello che vie­ne finanziato è un progetto di classe collettivo». La sperimen­tazione, in effetti, era stata pre­sentata al pubblico il 16 luglio scorso, insieme ad altri 164 pro­getti sostenuti dall’Alto com­missariato per la gioventù di Martin Hirsch; e all’epoca, nes­suna reazione degna di nota. Ma venerdì scorso, Le Parisien ha deciso di dedicare un artico­lo all’iniziativa sponsorizzata dal provveditorato di Créteil, sotto il titolo «Soldi per gli allie­vi meritevoli » .

Apriti cielo. La Federazione dei consigli dei genitori (Fcpe), schierata a sinistra, l’ha appun­to bollata come una «perversio­ne»; un’altra associazione di fa­miglie, la Peep, di segno politi­co opposto, ha rincarato la do­se, «non vogliamo che il dena­ro sia la leva per motivare gli studenti». Inquieto per il «ri­schio di derive gravi» il presi­dente (socialista) del consiglio regionale dell’Ile-de-France, mentre grida allo scandalo il sindacato (apolitico) delle scuole superiori. E via così, in crescendo.

Il provveditore di Créteil, Jean-Michel Blanquer, è inter­venuto su Le Parisien per sotto­lineare la natura «collettiva e re­sponsabilizzante » del proget­to, prendendo le distanze da quanto avvenuto, nel 2008, nel Regno Unito: 200mila studenti, provenienti da famiglie disagia­te, hanno iniziato a ricevere da 11 a 33 euro alla settimana in cambio della frequenza in clas­se. «Ma è chiaro — interviene dall’Italia il pedagogista Bene­detto Vertecchi — che l’inten­zione, nel caso francese, è mol­to diversa. In Inghilterra si trat­tava di un’ extrema ratio appli­cata (peraltro con poco succes­so) di fronte a un fenomeno di­lagante di rifiuto della discipli­na scolastica; qui, invece, si tratta di sollecitare una presa di coscienza collettiva».

Non un’incentivazione di at­teggiamenti consumisti, dun­que, ma il contrario. Potrebbe funzionare? Forse. «Ma la scuo­la, in Francia, è cosa ben diver­sa che da noi. L’orario, ad esem­pio, è 'lungo': le lezioni sono più o meno come le nostre, ma poi c’è una quantità di attività extra, compresi i cosiddetti 'club', tese ad esercitare speci­fiche aree di abilità». Gli scac­chi, il calcolo, la lettura. Con il coinvolgimento dei docenti, ma anche di un numero eleva­to di volontari. «E allora si capi­sce lo scopo di questo 'finanzia­mento collettivo': i ragazzi san­no che potranno avere benefi­ci, nella forma di nuove attività che corrispondano ai loro inte­ressi e desideri». Un rischio c’è, e va evitato: «Che l’incentivo monetario non corrisponda a nulla di rilevante dal punto di vista culturale», tipo sperpera­re la «cassa comune» in video­games e affini. Ma a questo, si spera, penseranno i prof.


Gabriela Jacomella
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