Io, studente emigrante che ho conosciuto Obama

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Io, studente emigrante che ho conosciuto Obama

Messaggiodi edscuola » 21 gennaio 2009, 13:18

da LASTAMPA.it

FREQUENTARE IL LICEO ALL'ESTERO

"Io, studente emigrante che ho conosciuto Obama"

Un liceale torinese racconta il suo anno in una scuola americana
FEDERICO ARDUINO

TORINO
Abbandonare le proprie abitudini, partire per un anno, e ritornare cambiati. L’esperienza di passare un anno all’estero, studente in una «High School» americana, è fantastica, sia per le opportunità che ti può dare, maanche per la crescita che essa rappresenta. Non avrei mai immaginato prima di partire di poter cambiare la mia vita così tanto, o di poter incontrare a 17 anni il futuro presidente degli Stati Uniti Barack Obama, al tempo ancora candidato alle primarie democratiche, e di poterci parlare in prima persona. Già solo poterlo incontrare mi ha fatto capire quanto possa essere unica tale esperienza.

Difficilmente si è consci dell’esperienza che si sta per intraprendere al momento della scelta. Spinto dalla curiosità, e dal fatto che diversi amici volevano fare lo stesso tipo di esperienza, mi informai presso un’agenzia di Torino che organizza soggiorni scolastici all’estero, e presi così in considerazione l’idea di trascorrere il quarto anno di liceo negli Stati Uniti. La procedura da seguire non è semplice. Bisogna fissare un colloquio con l'organizzazione, compilare molti moduli e scrivere una lettera di presentazione che sarà letta dalla futura famiglia che deciderà di ospitarti. Dalla «host family», dipenderà lo Stato in cui andrai a vivere. La tensione in questo periodo è costante, l’attesa lunga, e pensare di dover lasciare tutto alle spalle non è facile. Fortunatamente ho sempre avuto una famiglia che mi ha spinto verso nuove esperienze ed ha facilmente accettato la mia lontananza per un anno. Finalmente arriva il momento della partenza. Dopo tre giorni a New York, a settembre mi trovai catapultato in una nuova realtà, in una classica famiglia americana composta da due genitori, entrambi avvocati, e due figlie di 13 e 19 anni, in mezzo alle foreste del New England, poco lontano da Boston. Lo shock indubbiamente c’è stato, sia linguistico che emotivo, ma tale cambiamento, che in un primo periodo ti porta a mettere in discussione il mondo e la società che ti circonda, poi ti costringe a rivedere le tue convinzioni.

Ci si deve cambiare, adattare alle nuove situazioni, e capirle. Bisogna crearsi dei nuovi rapporti, e cercare di dimenticare tutto quello che faceva parte della quotidianità fino a pochi giorni prima. La lingua all’inizio rappresenta sicuramente la barriera più forte da superare, ma già dopo il primo mese la situazione è diversa. Tutte le paure che si avevano prima di partire spariscono, la scuola comincia, si stringono le prime amicizie, le abitudini cambiano e dopo questo primo periodo si inizia davvero a comprendere cosa significa vivere in un luogo così lontano.

Col passare dei mesi, la mia esperienza è diventata sempre più interessante. La famiglia ospitante mi ha subito introdotto nella comunità locale e mi ha dato la possibilità di incontrare moltissime personalità di spicco come Obama o il governatore dello stato in cui mi trovavo, il New Hampshire, che conoscevano personalmente, e anche un Nobel per la fisica al notoMIT di Boston.

Solo al ritorno in Italia, però, ci si rende davvero conto di ciò che si è vissuto. Oltre a trovarsi padroni di una nuova lingua, si acquista una nuova visione di ciò che ti circonda, i confini del mondo non saranno mai più quelli di prima.

ex studente liceo Galileo Ferraris
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