Contro la deriva xenofoba corsi di arabo e capoeira

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Contro la deriva xenofoba corsi di arabo e capoeira

Messaggiodi edscuola » 16 gennaio 2009, 17:53

da LASTAMPA.it

LE CLASSI MULTIETNICHE. ROMA

Contro la deriva xenofoba corsi di arabo e capoeira

FRANCESCA SCHIANCHI

ROMA
Marco Valerio, 10 anni e zainetto in spalla, esce di corsa da scuola, corre incontro a mamma Renata, continua a scherzare con i compagni. «Ho un miliardo di amici: vengono dall’Ucraina, dal Bangladesh, dallo Sri Lanka, dalla Cina...», racconta spavaldo. Accanto a lui, gruppetti di mamme e qualche sparuto papà aspettano i figli all’uscita delle lezioni, nel cortile della scuola elementare Di Donato, multietnico quartiere Esquilino di Roma. «Lo mando qui perché abitiamo vicini. Io sono contraria alle private, e penso che la multiculturalità gli faccia bene», spiega Renata Guagni. «Pensi che, quando la Lega ha parlato di classi-ponte, lui s’è preoccupato: “Mamma, ma ora vanno via gli amichetti”?».

Non è così soddisfatta Katia, mamma di un bambino di quarta elementare: «Gli immigrati? Nella sua classe sono pochi: per fortuna, perché se no loro non parlano bene l’italiano e imparano male anche i nostri», giudica. «Viene qui perché abitiamo nel quartiere, ma alle medie se ci saranno molti stranieri non verrà più». La scuola Di Donato fa infatti parte dell’istituto comprensivo Manin: secondo dati pubblicati dal ministero, nel 2006 l’elementare raccoglieva oltre 270 bambini, di cui più di 100 stranieri di 16 etnie diverse; alla media Manin, su 129 alunni solo 28 erano italiani.

Giulia Rossi accoglie le sue due bimbe, 8 e 10 anni, una massa di ricci e pelle scura: «Mio marito è senegalese», dice, e, ogni tanto, le capita di vivere qualche problema: «Come una volta che ero in giro con mio marito e ci hanno urlato "Forza Juve!". Stamattina un bimbo filippino ha chiamato mia figlia “sporca negra”», aggiunge con un sorriso amaro. «Mia figlia qui sta bene, gli amichetti li conosce dalla materna», ricorda Elvira Cacciotti, ex allieva e oggi mamma di una bimba di 7 anni. «Più difficile è creare un rapporto tra genitori: spesso perché gli stranieri lavorano tanto, non hanno tempo. E poi è difficile il rapporto casa-casa: se non possono contraccambiare spesso non accettano gli inviti. L’associazione dei genitori gestisce i sotterranei: c’è un’aula per i compleanni, e quando li festeggiamo qui c’è più affluenza di bambini immigrati». Organizzano anche corsi pomeridiani: dalla capoeria alla break dance all’arabo, che l’anno scorso teneva la madre di un allievo. Il cortile, a poco a poco, si svuota; una mamma e un bimbo di colore escono parlando italiano: maldestro quello di lei, romaneggiante quello di lui. Mentre aspetta la figlia di 7 anni e mezzo, Carmela Buccomino mostra le foto scattate in Senegal: sono appena tornate, insieme, dal gemellaggio con una scuola africana. Gli immigrati in classe? «E’ bellissimo, i nostri figli hanno il mondo in una stanza».
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