«Professionali, troppe incertezze»

Rassegna Stampa e News su Scuola, Università, Formazione, Reti e Nuove Tecnologie

«Professionali, troppe incertezze»

Messaggiodi edscuola » 3 dicembre 2008, 9:59

da IL GIORNALE DI VICENZA
lunedì 01 dicembre 2008, speciali pag. 53

SCUOLA. «La riforma annunciata anche per gli istituti tecnici non definisce quali saranno modelli e sbocchi formativi e lavorativi. Studenti e famiglie attendono orientamenti»

«Professionali, troppe incertezze»

A decorrere dal prossimo anno scolastico 2009-2010, partirà l’attesa riforma degli istituti tecnici e professionali. Sembra questa l’unica certezza nel mare delle incertezze. A tutt’oggi infatti molte sono le indicazioni e indiscrezioni, ma nessuna norma definisce il quadro con precisione.
Al momento si stanno spendendo molte risorse ed energie per l’orientamento dei nuovi potenziali iscritti in uscita dalla terza media sulla base di un ordinamento che sarà cancellato. Quindi tutto da rifare tra alcuni mesi in termini di comunicazione e organizzazione. È inevitabile che l’utenza sarà disorientata, e chi lavora nel settore pure. Va ricordato che nel Vicentino queste scuole hanno una tradizione ben radicata e raggiungono insieme la percentuale del 60 per cento degli studenti delle superiori, un dato maggiore della media nazionale che è comunque del 56,7 per cento.
Ma ricapitoliamo a grandi tappe la lunga e travagliata storia della riforma della scuola superiore per capire meglio cosa aspettarsi nel prossimo futuro e quali sono gli aspetti critici. Il ministro Moratti aveva istituito il cosiddetto doppio canale: i licei allo stato e l’istruzione e formazione professionale alle regioni, come prevede del resto il nuovo Titolo V della Costituzione. Gli istituti tecnici sarebbero confluiti nel liceo economico e nel liceo tecnologico, con orientamento verso l’università, mentre i professionali dovevano essere riorganizzati sulla base di accordi Stato-Regioni, con la possibilità di rilasciare titoli di vario livello valevoli sul piano nazionale.
La “licealizzazione” dell'istruzione tecnica ha incontrato però una forte opposizione da parte di Confindustria, interessata a mantenere la spendibilità del diploma nel mondo del lavoro: dalle molte analisi e studi eseguiti sull’inserimento lavorativo, risulta anzi che la domanda delle imprese è di molto superiore all’offerta e mancano proprio quelle figure professionali di cui le industrie hanno più bisogno per essere competitive. La successiva riforma Fioroni è andata incontro a queste esigenze con l’obiettivo di valorizzare il ruolo dell’istruzione tecnica e professionale e il collegamento col territorio, attraverso nuovi modelli organizzativi di filiera tecnico scientifica e di rete territoriale, con la costituzione dei poli tecnico-professionali. Si è stabilito il ritorno degli istituti tecnici e professionali nel sistema statale dell’istruzione secondaria superiore accanto ai licei, con la possibilità di conseguire un diploma a tre vocazioni: lavoro, università, istruzione tecnica superiore.
I criteri per il riordino andavano dalla drastica riduzione del numero degli attuali indirizzi, alla riduzione delle ore di lezione a 32 settimanali, ad un potenziamento delle attività di laboratorio. I regolamenti attuativi si dovevano fare entro il 31 luglio 2008, mentre la riforma definitiva del II ciclo era spostata a decorrere dall’anno scolastico 2009-10. La riforma di Fioroni corrispondeva ad un disegno complessivo, che comprendeva da un lato l’introduzione del nuovo obbligo di istruzione fino a 16 anni, rendendo necessario un primo biennio di “equivalenza formativa” fra i vari percorsi per facilitare i passaggi, dall’altro si inquadrava nella strategia dell’Unione europea per il 2010, tenendo conto sia degli obiettivi di apprendimento, quali lo sviluppo delle competenze chiave, sia del processo di integrazione dei sistemi nazionali nel quadro europeo dei titoli e delle qualifiche.
Il nuovo cambio di governo ha comportato altre priorità ritenute più urgenti per la razionalizzazione e il contenimento della spesa pubblica, quali l’introduzione del maestro unico alla elementari. Così i regolamenti attuativi del II ciclo sono rimasti sospesi e saranno noti non prima di dicembre, quando il termine delle pre-iscrizioni è il 31 gennaio (con proroga inevitabile che non eviterà il caos).
Il piano Gelmini stabilisce comunque una forte continuità rispetto alle linee guida fissate in precedenza su tutti gli aspetti evidenziati. Una ulteriore apertura verso il modello ufficialmente proposto da Confindustria (l’"Action plan istruzione tecnica") sta nell'ipotesi di “governance” degli istituti tecnici e professionali, con la costituzione dei dipartimenti all’interno di ogni singolo istituto e del comitato tecnico scientifico di consulenza, che comprende anche esponenti delle imprese e degli enti locali. Sul punto la riforma degli ordinamenti scolastici è da leggere in relazione alla proposta di legge per la riforma degli organi di autogoverno delle istituzioni scolastiche presentata da Valentina Aprea (Pdl), che prevede il consiglio di amministrazione al posto del consiglio di istituto e la possibilità per le scuole di trasformarsi in fondazioni con partner pubblici e privati «che partecipino ai suoi organi di governo».
Ritornando alla fisionomia dei futuri istituti tecnici e professionali, si cerca di puntare su di una marcata differenziazione in termini di identità e missione per non creare disorientamento nell’utenza: i primi devono assicurare un’istruzione basata sull’approfondimento della cultura scientifica e sulla padronanza dei processi tecnologici nell'ottica dell’innovazione e sviluppo, mentre i secondi devono fornire un’istruzione finalizzata all’applicazione delle tecnologie ai processi produttivi collocati in precisi settori/filiera, con una gamma di abilità cognitive necessarie a risolvere problemi e a gestire autonomamente il lavoro. Per l’istruzione professionale si opererà inoltre nel senso di evitare duplicazioni con i tecnici e di ricondurre l’enorme pluralità di indirizzi esistenti a due ampi settori di riferimento: industria e artigianato e servizi.
Qui si riscontra però il secondo aspetto critico della riforma di non facile soluzione. Gli istituti tecnici acquistano una precisa caratterizzazione e missione, garantiscono l’acquisizione di un diploma di perito, aprono la strada verso qualsiasi tipo di studi a livello terziario, ma gli istituti professionali statali da un lato saranno “svuotati” dalle duplicazioni, dall’altro non potranno più rilasciare qualifiche professionali alla fine del terzo anno, come adesso, perché la competenza è regionale. Per lasciare aperto lo sbocco professionale, è necessario l’accordo con le singole Regioni, che da parte loro gestiscono la formazione professionale, che in futuro, con la progressiva attuazione della riforma, garantirà titoli e qualifiche valevoli su tutto il territorio nazionale e spendibili anche nell’Unione europea, dopo l’approvazione del previsto sistema di certificazione dei crediti (Ecvet), nonché la possibilità di ulteriori specializzazioni. Per chi opera in questo tipo di scuola, ed è impegnato in attività di orientamento verso gli studenti delle medie, si pone dunque questa ulteriore domanda: nella situazione delineata, che capacità potrà avere un istituto professionale statale di attrarre utenza in rapporto agli istituti tecnici o alla formazione professionale? Che cosa potrà offrire di specifico, utile, convincente? È evidente che bisogna fornire risposte chiare e soluzioni adeguate, altrimenti non ha molto senso tenere in piedi contemporaneamente le tre tipologie. Intanto però, mentre a livello politico si discute da anni, le famiglie avrebbero diritto di conoscere in tempo e con certezza il percorso scolastico sul quale investono il futuro del figlio.

Anna Bellesia
edscuola
Site Admin
 
Messaggi: 19822
Iscritto il: 3 ottobre 2007, 11:30

Torna a Educazione&Scuola© - Rassegna Stampa

Chi c’è in linea

Visitano il forum: Nessuno e 7 ospiti