Perché la sinistra non dice che è ora di tornare in classe?

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Perché la sinistra non dice che è ora di tornare in classe?

Messaggiodi edscuola » 8 novembre 2008, 10:41

da Il Giornale

Perché la sinistra non dice che è ora di tornare in classe?
di Peppino Caldarola

se la sinistra tace l'Onda può trasformarsi in tempesta

L’Onda studentesca può diventare una tempesta distruttiva. Un primo segnale si è avuto ieri quando un corteo di un migliaio di studenti ha dapprima bloccato ponte Garibaldi, sul Lungotevere di Roma, poi si è diretto verso la stazione Ostiense, vicino alla Piramide, per occuparla. Un paio di centinaio di giovani hanno fatto irruzione sui binari, ma sono stati bloccati dalla polizia. L’iconografia della protesta ha mostrato anche l’esibizione di cartelli in cui il Papa veniva raffigurato con i baffetti di Hitler e si sono ascoltati cori dei bei tempi andati. Anche a Pisa, in mattinata, per un’ora e mezza gruppi di studenti hanno occupato la stazione, mentre a Firenze alcuni giovani si sono incatenati al Battistero.

È una protesta cresciuta di tono nelle ultime ore, con episodi che fanno temere una prossima degenerazione del movimento. Gli antenati dei ragazzi di oggi, i Flintstones del movimento studentesco, ci misero mesi a dar vita a prove tecniche di violenza in una situazione del tutto diversa, di fronte a governi sordi e a una polizia che non si faceva volare una mosca davanti al naso. L’Onda di oggi ha preso la strada dello scontro frontale quasi immediatamente e, in verità, senza alcuna ragione. Appena poche ore prima dell’assalto alla stazione Ostiense di Roma e alla stazione di Pisa il governo aveva dato una significativa prova di apertura trasformando in disegni di legge gran parte dei provvedimenti contenuti nella «Gelmini», lasciando nel decreto l’avvio dei concorsi universitari e 500 milioni di euro destinati agli enti virtuosi. Antonio Bassolino, governatore della Campania, parlando in un convegno, ha ammesso che si era di fronte a una svolta. Lo stesso Antonio Di Pietro ha parlato di una novità pur dichiarando, in vero stile british, che «il provvedimento è un autentico cesso».

C’erano, e ci sono, tutte le condizioni per dire agli studenti: siete stati ascoltati, tornate nelle vostre scuole e università. Chi avrebbe dovuto dirlo? L’opposizione, è ovvio. In questi giorni ci stiamo ubriacando di cultura politica americana e stiamo ammirando un Paese che si divide nel voto e poi, subito dopo, si unisce nell’applauso al vincitore; un Paese in cui è alto il senso della comune appartenenza, in cui i due candidati che si combattevano per le presidenziali si sono recati dal presidente in carica per condividere le sue decisioni sull’economia. Una grande nazione. Vista da qui, l’America appare su un altro pianeta.

L’opposizione dovrebbe dire cose chiare agli studenti. Come si è visto non è in discussione il loro diritto di protestare. Sono in discussione altri diritti e un dovere. Il diritto di chi non può vedersi sottrarre libertà dagli studenti in lotta (altri studenti, gli automobilisti di Ponte Garibaldi, i viaggiatori di Roma e Pisa) e il dovere di riprendere l’anno scolastico e universitario affidando alle delegazioni e alla trattativa il compito di migliorare o contrastare le proposte di riforma.

Se l’opposizione non coglie il dovere di essere pedagogica nei confronti di giovani che riprendono il tragico cammino della violenza di piazza viene meno al suo compito storico. Si sta con il movimento, rispettandone l’autonomia, quando la protesta è giusta. Ci si dissocia quando la protesta è infondata e quando le forme di lotta sono sbagliate. Soprattutto in questo ultimo caso. Ci sono state intere generazioni che hanno rovinato la propria gioventù perché la politica non è riuscita a metterli in guardia. Ieri su Facebook c’era la foto della scuola in Kenya che Veltroni ha fatto costruire. Molto bene. Un impegno assai più difficile deve essere speso dal capo del Pd alla costruzione di una coscienza democratica e non violenta dei ragazzi dei movimenti studenteschi.

Infine, vorrei ricordare che un atteggiamento tartufesco di fronte ai primi gravi cenni di violenza giovanile non giova elettoralmente. Non stiamo vivendo il pre-68, l’opinione pubblica è preoccupata e spaventata, se ha l’impressione che stanno tornando gli anni ’70, con il loro carico di violenza, punirà chi tace perché teme che acconsenta.
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