«La nostra vita da disabili invisibili»

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«La nostra vita da disabili invisibili»

Messaggiodi edscuola » 17 febbraio 2012, 18:37

da Il Corriere della Sera

«La nostra vita da disabili invisibili»
Storie, racconti e voci delle famiglie che convivono con un handicap. In Europa sono 80 milioni le persone disabili

Il logo del blog InVisibili«Circa 80 milioni di cittadini europei sono affetti da una qualche forma di disabilità. Tale cifra, tradotta in termini percentuali, è pari al 16% della popolazione europea. In altri termini, almeno un europeo su 4 ha un familiare disabile». Bastano questi numeri, dati l'altro giorno dal commissario Antonio Tajani in una audizione al gruppo Ppe dell'europarlamento, a capire come l'handicap faccia parte quotidianamente della vita di moltissimi di noi.
Lo dicono i numeri, lo dicono i messaggi di cui traboccano i blog dedicati a questi temi come quello del Corriere della Sera
(InVisibili), lo dicono le lettere che arrivano al giornale ogni volta che, forse senza la continuità invocata, ci occupiamo di alcuni dei tanti problemi della disabilità.
«Uscire» allo scoperto, raccontare la propria storia, rivelare la propria sofferenza, è essenziale per rompere con una cultura che per secoli ha «nascosto» il disabile in casa, dentro la famiglia, nel chiuso degli affetti dei genitori e dei fratelli, come fosse frutto di una colpa. Così come pensava San Gregorio Magno teorizzando che «un'anima sana non albergherà mai in una dimora malata» o il quarto Concilio Lateranense deliberando che «l'infermità del corpo a volte proviene dal peccato».
Per questo, oggi, sommersi da messaggi di consenso e di dolore dopo avere messo a fuoco l'altro giorno il tema del disinteresse dello Stato nei confronti delle famiglie, così come sottolineato dal rapporto del Censis, abbiamo deciso di pubblicare alcune di queste lettere. Lettere di italiani che non chiedono l'elemosina. Ma si raccontano, si sfogano, denunciano. Nella speranza che aiutino chi sta «lassù» (non il buon Dio, si capisce: lui lo sa già) a capire come un paese serio, anche in un momento di difficoltà come quello che stiamo vivendo, non è legittimato a dimenticarsi delle fasce più deboli della popolazione. E tanto meno scaricare il problema sulle famiglie.

Gian Antonio Stella
17 febbraio 2012
edscuola
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DAI LETTORI

Messaggiodi edscuola » 17 febbraio 2012, 18:38

DAI LETTORI
Le lettere
Ecco alcune delle lettere arrivate al Corriere della Sera,
al Blog InVisibili e al forum «Ditelo a noi» di Corriere.it

Salta la pensione di papà Chi curerà mio fratello?
Caro direttore,
mi chiamo Giovanna Donnarumma, le scrivo da Salerno nella speranza, purtroppo ormai vana, di dare voce al grido silenzioso di chi non viene mai tenuto in considerazione dalle istituzioni e per interrogare l'Italia intera su quanto la questione della disabilità, come osservato giustamente in un articolo dal titolo «I disabili (veri) dimenticati dallo Stato» di Gian Antonio Stella pubblicato lo scorso 9 febbraio sul Suo giornale, sia perennemente «accantonata» da tutti coloro che hanno responsabilità di governo.
Le famiglie che assistono un disabile al 100% non costituiscono nuclei familiari bisognosi di sostegno? A tal proposito le scrivo circa la riforma delle pensioni a causa della quale mio padre, genitore di un ragazzo disabile al 100% (il mio adorato fratello) è entrato in depressione. Mio padre, lavoratore del comparto scuola, si trova in esonero dal servizio per assistenza a mio fratello e sarebbe dovuto andare in pensione nel 2012 con 40 anni di contributi maturati al 31 agosto 2012, ora non potrà più farlo(...).
Per quanto tempo ancora dovremo essere «accantonati»? (...)
Sottolineo che i ragazzi disabili necessitano di assistenza continua, morale e materiale e che le famiglie vengono lasciate completamente sole ad affrontare la gestione delle problematiche quotidiane, spesso nella disperazione.
Il Decreto «Salva Italia», proprio nel suo titolo di presentazione agli italiani, è stato proposto come un decreto ispirato a principi di equità. Non si chiede la luna, né un privilegio, ma un po' di sana giustizia sociale.
Giovanna Donnarumma

***

Part-time per mio figlio e dicono che lavoro poco
Grazie a tutti voi che continuate a parlare di disabilità, quella «vera»! Grazie perché ci fate sentire meno invisibili.
Ho tre bambini di 10 e 8 anni, il piccolo con disabilità. Ho rinunciato ad un impiego full-time per poterlo seguire meglio, con le 7 terapie, gli incontri a scuola, i seminari e i gruppi, che frequento per attrezzarmi e sapere. Lavorando part-time spesso vengo messa in difficoltà perché poco presente, per le malattie dei figli e ogni volta che mi assento anche con l'aspettativa... mi fanno sentire meno produttiva. Ma ho talmente desiderato tutti i miei figli che tappo le orecchie e vado avanti, cerco di parlare sempre e comunque delle nostre corse, delle difficoltà, delle terapie spesso pagate perché le «liste d'attesa non si sbloccano», dei tagli a scuola sia sui sostegni che sull'educativo, della presenza doverosa nella vita dei nostri figli, anche speciali. Perché questa è l'unica speranza che abbiamo di creare intorno a loro un futuro possibile (anche senza di noi). Io lo ripeto sempre, riusciranno a zittirmi solo nella tomba, mi piacerebbe che molti di più si facessero sentire... non più invisibili, ma attivi e pensanti in una società che deve dare parola e pensiero a tutti.
Madre di un bambino disabile

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Gli altri si lamentavano, allontanato dai corsi
Sono la madre di un ragazzo autistico di trent'anni. Mio figlio è «verbale» e molto socievole. Purtroppo anche noi abbiamo dovuto lottare molto contro i pregiudizi di ogni tipo.
Mio figlio è stato allontanato da molti luoghi, una volta, quando aveva otto anni, venne allontanato da un corso di pattinaggio tenuto in un circolo Arci, ci dissero che i genitori degli altri ragazzini «normali» si erano lamentati. È stato allontanato da un corso di teatro, sempre con la stessa «scusa».
Insomma, mentre da una parte molti si riempiono la bocca di parole come integrazione, solidarietà, inclusione ecc... spesso rivolte strumentalmente all'accoglienza di persone provenienti da altri paesi, i nostri figli, invece, vengono sistematicamente ignorati se non palesemente emarginati. Non sono mai stata zitta davanti a queste ingiustizie, spesso commesse anche da parte di istituzioni... ho denunciato scrivendo lettere a giornali ecc... Perfino le altre due mie figlie sono state in un certo modo discriminate perché sorelle di un «handicappato». Eppure abitiamo in una cittadina alle porte di Firenze, una città, una regione come la Toscana, dove è solitamente molto spiccato, forse solo a parole, il senso di solidarietà.
Mamma di un giovane autistico

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Tutte le volte 9 ore di auto per curare il mio ragazzo
Le persone con gravi disabilità e le loro famiglie spesso devono sopportare costi umani e finanziari di cui non si tiene conto. Mio figlio è un ragazzo di 21 anni, rimasto paralizzato all'età di due anni. Dal 1992 per garantirgli cure ed ausili adeguati è stato necessario spostarsi più volte da Cosenza dove abitiamo. Alcune volte è stato inoltre indispensabile andare anche all'estero.
Da Cosenza dove abito sono necessarie 6 ore in auto per raggiungere l'Unità Spinale di Roma e 9 ore per arrivare a quella di Firenze. Chi non ha una casa o altro da vendersi per sostenere queste continue spese ha una speranza di vita estremamente bassa, visto anche che i rimborsi delle Asl sono parziali e vengono erogati spesso dopo oltre un anno. Mi chiedo cosa sarà di mio figlio quando non avrà più due genitori disponibili ad assisterlo gratuitamente 24 ore su 24 e quanto dovrà guadagnare, se dovesse riuscire a lavorare, come spero, per poter condurre una vita autonoma ed indipendente. L'alternativa e quella di essere ricoverato in qualche centro residenziale per lungo-degenti, tra l'altro non specializzato, dove finiscono anche persone giovani e dove l'assistenza allo Stato costa molto di più.
Vincenzo Gallo

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Ogni due anni una visita per dimostrare la malattia
Era il 1957 quando a 4 anni ho contratto la poliomielite. Da allora porto gravi conseguente ad entrambi gli arti inferiori, ciondolanti e inermi, senza muscoli, senza forza, non posso camminare. Riconosciuta invalida civile al 100%, sono stata negli anni richiamata a visite di controllo, sempre per la stessa ragione, visite per «falsi invalidi». L'ultima nel gennaio 2012: ho dovuto dimostrare con documentazione alla mano, se sono vere le mie gambe polio. Rimango sconcertata e nauseata ancora nel 2012, non si possa avere un certificato di patologie neuromuscolari, degenerative, progressive e si metta fine a chiamate inutili, con relative spese da parte dell'Inps per il pagamento dei medici.
anna.53@tiscali.it

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Assegno da pochi euro E c’è chi vuole tagliarlo
(...)Sono temi che investono la quotidianità e il futuro di milioni di famiglie e cittadini italiani, certo meno chiassose di molte lobby viste in azione in queste settimane, ma il cui vissuto e le cui prospettive non sono certo meno inquietanti(...) La disabilità e la non autosufficienza sono fattori di impoverimento dei singoli e delle famiglie: maggiori spese, minore capacità di produzione del reddito, minore accesso alle opportunità di impiego, rinuncia al lavoro e alla carriera da parte dei familiari che si dedicano all'assistenza. Riguarda le famiglie povere, i ceti medi, i più abbienti: impoverisce tutti (...)
Se a guidare questa revisione saranno ancora le vetuste logore logiche, sapientemente propalate dal precedente ministro dell'Economia, milioni di famiglie non avranno nulla di buono da attendersi. I nuovi criteri saranno mirati solo a far spendere meno allo Stato scaricando ulteriori costi sui nuclei, sui singoli, su chi cerca autonomia e dignità personale. Se le «autorevoli» tecniche di analisi saranno quelle di chi effettua i calcoli ad uso e consumo degli obiettivi di cassa, ancora una volta saranno considerati solo i costi dello Stato e non quelli delle famiglie.
Troppo diffusamente in questi giorni si ipotizza di considerare le pensioni agli invalidi e gli assegni sociali come se fossero un reddito, al pari delle rendite finanziarie: tassare l'assistenza. Troppo spesso, più soffusamente, si diffonde il convincimento, anche da parte di insospettabili, che bisogna stringere sull'indennità si accompagnamento (490 euro al mese): oltre a non essere in grado di svolgere gli atti quotidiani della vita, bisognerà dimostrare pure di essere indigenti e che la propria famiglia sia alla miseria. Scenari tutt'altro che rassicuranti per quella che è un'emergenza nazionale a cui il movimento delle persone con disabilità tenterà in tutti i modi di opporsi, ben sapendo che è in gioco il futuro, l'inclusione o la reclusione, la miseria o la dignitosa sopravvivenza. La «disabilità» non è una lobby: è una condizione che attraversa in orizzontale, in verticale, e pure in diagonale, la nostra collettività. Che non ha bisogno di carità, pietà, elemosina e forse nemmanco di solidarietà, ma di diritti certi e opportunità al pari degli altri.
Pietro Barbieri
Presidente FISH, Federazione Italiana per il Superamento dell'Handicap

17 febbraio 2012
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