Chì è nato qui non va trattato da straniero

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Chì è nato qui non va trattato da straniero

Messaggiodi edscuola » 22 novembre 2009, 9:20

da LASTAMPA.it

Chì è nato qui non va trattato da straniero

Vinicio Ongini lavora presso l’Ufficio integrazione del Ministero dell’Istruzione. Ha inventato le biblioteche multiculturali e pubblicato con Claudia Nosenghi il libro «Una classe a colori» (Edito da Vallardi), un «manuale per l’accoglienza e l’integrazione degli alunni stranieri.
Senza accorgercene siamo diventati un Paese multiculturale?
«Quest’anno scolastico abbiamo 700 mila alunni di origine straniera. Provengono da 180 paesi e parlano un centinaio di lingue diverse. C’è il mondo intero seduto sui banchi di scuola. In altri paesi come Francia e Inghilterra, la situazione è identica. Ma noi ci siamo arrivati troppo in fretta rispetto agli altri».
Qual è la percentuale degli stranieri nelle scuole?
«In 15 mila scuole su 58000 la percentuale degli stranieri supera il 10%, in 500 il 50%».
E dalle percentuali nasce il disagio.
«Le classi composite creano ansie, timori, allarmi. Negli genitori italiani. Ma anche in quelli immigrati, che magari vorrebbero una scuola diversa e più severa. C’è una psicosi diffusa dell’invasione. E non ha senso che i politici parlino di “ponti” o di “tetti” astratti, per ridurre il presunto impatto negativo degli stranieri».
Ci sono differenze nella galassia «alunni stranieri».
«La differenza fondamentale, soprattutto nelle elementari, è tra i ragazzini nati in Italia, gli stranieri di seconda generazione, che sono la maggioranza, e chi è appena arrivato dai Paesi d’origine. I primi padroneggiano quasi perfettamente la nostra lingua, inserendosi senza problemi nelle scuole, conseguendo anche ottimi risultati».
È ottimista, nonostante tutto?
«A Luzzara, come a Torino, o in decine di altri paesi, la scuola a colori s’è dimostrata laboratorio di buona integrazione e nuova cittadinanza. Ma l’integrazione è una strada tutta in salita, faticosa. Non abbiamo formule magiche, ma non ci servono nemmeno astratte parole d’ordine».
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